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La riflessione

Il salto verso l’ignoto: la tragedia di Conrad Shumann

Lo scatto che lo ritrae è uno dei più potenti e strazianti simboli della guerra fredda

Il salto verso l’ignoto: la tragedia di Conrad Shumann

Novembre. Il mese che porta con sé il peso della storia, il ricordo di quella notte del 1989,quando il Muro di Berlino crollò, segnando la fine di un'epoca di sofferenza e divisione. Ma prima di quella liberazione collettiva, prima che le ruspe radessero al suolo quel simbolo di atroce tirannia, c'era stata la scelta di un ragazzo di vent'anni in divisa grigio-verde, immortalato da una foto in un istante eternamente sospeso nel tempo: Conrad Shumann.

Lo scatto che lo ritrae è rimasto impresso negli archivi della memoria storica come uno dei più potenti e strazianti simboli della guerra fredda. Un giovane sottufficiale della polizia della Germania comunista che compie un gesto supremo di coraggio: salta oltre i reticolatidel muro in costruzione, verso l'ignoto, verso l'Occidente. Un balzo, quasi un volo che sembra senza tempo, un corpo umano che si affranca dalle catene, una silhouette che diviene simbolodell’anelito di libertà.

Ma l'iconografia non salva le anime. La foto immortala un istante, non una redenzione. Era il 1961. Conrad Shumann celebrato dalle agenzie occidentali, intervistato, osannato come simbolo vivente. Eppure, dentro quel giovane corpo con elmetto, divisa e kalashnikov e dietro il balzo catturato da quella fotografia storica, iniziava a covare una tragedia molto più profonda. La sua famiglia era rimasta lì, oltre il reticolato che aveva valicato. Per chi lo aveva conosciuto prima, per i suoi commilitoni, non era un eroe: era un disertore, un traditore che aveva abbandonato i suoi e offeso la patria “socialista”.

Gli anni passarono con straziante lentezza. Conrad portava dentro di sé una ferita che non cicatrizzava, un conflitto interiore che neanche il trascorrere del tempo riusciva a lenire. La libertà conquistata con quel salto mitologico si rivelò una libertà avvelenata, accompagnata dalla colpa, dalla solitudine di fondo, dall'essere diventato involontariamente un simbolo quando era rimasto sempre e solo un ragazzo e poi un uomo fragile.

Quando il Muro crollò nel 1989, tutti pensavano che sarebbe stato il momento della riconciliazione, del ritorno, della riunificazione festosa. EConrad ritornò effettivamente a Est, ma il tempo non avevaancora guarito nulla. I parenti si rifiutarono di riabbracciarlo. I vecchi camerati continuarono a vederlo come un disertore. La storia che si era conclusa in tripudio festoso per milioni di persone, per lui rimase tragicamente sospesa, un enigma irrisolto fatto di risentimento e dolore.

Nel 1998, l’uomo che aveva saltato il Muro cercò una strada diversa verso l'oblio. Si impiccò a un albero del suo giardino, nella terra in cui era tornato ma che non l'aveva mai accettatofino in fondo. Forse ogni gesto di libertà ha un prezzo che non possiamo calcolare in anticipo. Forse il coraggio di scegliere uncammino straordinario non ci protegge dalle sofferenze ordinarie, dai rifiuti quotidiani, dalla pesante solitudine che cresce nelle notti interminabili.Conrad Shumann rimane immortalato in quella foto come il giovane soldato che saltò verso la libertà, ma la storia intera e indecifrabile è quella di un uomo che non riuscì mai a trovare pace, né da una parte, né dall'altra del Muro. E tuttavia, lo ricordiamo così: con la sua divisa, i suoi vent’anni, il suo balzo infinito nel buio della ricerca. Figura che ha attraversato il tempo e la memoria collettiva come un'eco di umanità che continua agridare verso il cielo, nel novembre che non devedimenticare i muri e coloro che cercarono e ancora cercano di oltrepassarli.

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