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Andiamo a votare e buona fortuna Campania

La sinistra invece di confrontarsi sui problemi dei territori, guarda già all’esito nazionale del 2027

Andiamo a votare e buona fortuna Campania

Oggi e domani si vota in tre regioni – Veneto, Puglia e Campania – per eleggere i nuovi presidenti e i consigli regionali. Un appuntamento atteso, quasi un sollievo, dopo oltre un anno di polemiche roventi esplose nella sinistra campana, soprattutto nella sua componente principale, il Pd. Il partito si è, infatti, distinto per una lunga e aspra guerra politica, in certi momenti dai toni persino personali, nei confronti del presidente De Luca, nel tentativo – vanificata la possibilità del terzo mandato – di “pensionarlo”, ridimensionarlo politicamente e renderlo ininfluente. È stato questo il tema dominante: un disegno poi non realizzato e concluso in extremis con un armistizio elettorale. Ma resta, nella sostanza, un’operazione ingiusta e scorretta nei confronti di una figura istituzionale di prestigio: criticabile quanto si vuole, ma forte di bilanci amministrativi positivi. Del suo impegno continuo, riconosciuto persino dagli avversari, il Pd ha beneficiato a lungo e se ne gioverà anche in questa consultazione, così come Fico.
Nell’ultima parata della campagna del “campo largo”, prima ancora del voto, il Paese ha potuto vedere in tv la rivincita di De Luca. Colui che alcune componenti oltranziste del Pd avrebbero voluto trasformare in un “umarell” – uno di quei pensionati che osservano i cantieri con le mani dietro la schiena – è stato invece il più corteggiato. In particolare da Roberto Fico, che pure per anni lo aveva avuto “sul gozzo”, non la barca ormeggiata a Procida, ma – come si dice a Napoli – “’nganna”. Da qui il beneaugurante “buona fortuna, guagliò!” del Governatore, ben diverso dal precedente e sarcastico: “Tu sì guaglione, che t’ha mise ‘ncpa va’ ghiucà ‘o pallone”.
In questo scenario, fatto di minuetti e inchini, sul fronte opposto spiccano l’impegno e lo stile del candidato del centrodestra, Edmondo Cirielli: sempre misurato nei toni, sereno e acuto nelle analisi, capace di avanzare proposte concrete e progetti realizzabili su tutte le criticità vecchie e nuove, raccogliendo ovunque consensi e stima.
Ora si spera che quanto di buono ascoltato in questa campagna trovi sbocchi reali in grandi progettualità competitive: nel riordino della sanità, nel sostegno alle imprese, nella formazione decisiva per lavoro e competitività, nel rilancio dell’agricoltura che da millenni alimenta l’umanità. È un auspicio necessario, soprattutto in un Paese privo di materie prime e gravato da emergenze internazionali sempre più pressanti.
La sinistra, invece di interrogarsi sulla figuraccia consumata con De Luca e di confrontarsi seriamente sui problemi dei territori, guarda già all’esito nazionale del 2027. Se questo servirà almeno a frenare la demagogia populista, che contagia da tempo anche il Pd, e a spingere le forze di centro e riformiste a una resa dei conti, lo diranno i fatti. I sondaggi dell’ultimo mese hanno già chiarito molto: convinzioni e gufate di una parte dell’opposizione crollano come un castello di carte. Il partito della premier Giorgia Meloni continua a conquistare una quota rilevante dell’elettorato. La media delle ultime rilevazioni conferma la crescita di Fratelli d’Italia, ora al 30,4%, con un margine quasi incolmabile sul Pd, fermo sotto il 22%. Il M5S scende poco sopra il 12%, Forza Italia rimane attorno al 9%, davanti alla Lega di circa un punto; seguono Avs sopra il 6%, Azione oltre il 3% e Italia Viva al 2,6%.
Guardando alle coalizioni, la situazione per le opposizioni appare ancora più critica. La distanza dalle forze di maggioranza è ampia e penalizzante. Un “campo largo” unito solo nelle foto, ma del tutto disunito – nei programmi e nella prospettiva – quando si tratta di governare.

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