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LETTERA AI LETTORI
26 Novembre 2025 - 08:06
Nathan Trevallion e Catherine Birmingham
Cari amici lettori, non c’è dubbio che l’argomento più interessante della settimana sia il provvedimento con il quale il Tribunale per i minorenni de L’Aquila, presieduto da Cecilia Angrisano, ha tolto tre bambini ai genitori, Nathan Trevallion, inglese, e Catherine Birmingham, australiana, entrambi abilitati all’insegnamento.
Essi abitavano con i tre figli di sei e otto anni in una casa in un bosco nei pressi di Palmoli, in provincia di Chieti. La decisione è stata motivata con il mancato rispetto dell’obbligo scolastico, la mancata integrazione sociale dei minori e l’inidoneità dell’abitazione.
Il provvedimento, oltre che le persone interessate, ha sconvolto il social, ove decine di migliaia di persone hanno criticato il provvedimento. Molte persone hanno insultato e minacciato il presidente Angrisano, tanto che l’Anm è intervenuta in sua difesa.
Il padre, che si era dichiarato “distrutto”, dopo una riunione con le altre famiglie, parecchie, che vivono abitando lietamente i boschi della zona, ha deciso di tacere e ha licenziato cronisti e fotografi. La madre, che è stata messa nella stessa casa famiglia e vede i figli all’ora dei pasti, piange. I bambini chiedono quando potranno tornare a casa. Una famiglia, in cui regnava l’armonia, è stata distrutta. E perché?
Il principale motivo, quello della mancata educazione scolastica, è del tutto inesistente: il ministero della pubblica istruzione ha, infatti, comunicato che le pratiche per ricorrere all’educazione parentale, prevista dalla legge, erano perfettamente in ordine. In proposito, non dimentichiamo che entrambi i genitori sono abilitati all’insegnamento.
Ma, aggiunge il Tribunale, a parte l’istruzione, c’è violazione del diritto dei minori alla vita di relazione. A parte il fatto che i bambini sono tre in una famiglia compatta e legata da forti affetti, i bambini potevano frequentare quelli delle altre famiglia che, proprio in quella zona, hanno scelto la vita nei boschi.
Tutti sanno, d’altra parte, come sia pericolosa la vita di città e quanto la scuola sia attualmente diseducativa, con particolare riguardo all’educazione sessuale. Nei grandi e piccoli centri si formano baby gang, che rubano, picchiano e uccidono. Società urbana e scuola non sono più quelle dei miei anni verdi, sicché se non tutti fuggono è per ragioni di lavoro e per la resa al consumismo.
In città i bimbi sono tutti schiavi dei telefonini, dei videogiochi che insegnano a uccidere e delle altre diavolerie moderne, al punto che qualche mese fa un bambino si suicidò perché gli avevano tolto il telefonino. Non è meglio avere liberi contatti con animali domestici e selvatici che con altri bambini perennemente immersi nei videogiochi?
E si dimentica, come rilevato da molti, che al tempo del Covid i bambini furono per legge isolati in casa e, perciò, molti sono rimasti psichicamente danneggiati. Ma che dire, poi, di quei bimbi che vivono in quartieri dominati dalla criminalità organizzata, come quelli del Rione di Caivano ora bonificato?
Veniamo ora all’altro problema segnalato, quello della casa abitata. Leggo di mancanza d’infissi, ma vedo fotografie con una normale finestra a vetri. I servizi non sono nell’abitazione: ma quante migliaia di famiglie vivono in case con servizi igienici dislocati al di fuori, magari luridi e comuni ad altre famiglie?
Io ricordo che, quando ero bambino e sfollato per la guerra, ho vissuto quasi un mese fra le viti sul Vesuvio, in un casolare di una sola stanza ove eravamo diciotto persone e con un cesso sistemato in una capanna costruita all’uopo a una cinquantina di metri di distanza.
Io e gli altri bambini non ne abbiamo sofferto, anzi ricordo quelle giornate come particolarmente felici. Infine, le mura presentavano lesioni. In moltissime case ci sono, tanto che parecchi edifici pubblici sono crollati. Quelle, poi, non erano mura nuove, ma fatte di pietra e, certo, non stavano per cadere.
In realtà, il provvedimento applica, in modo esageratamente rigido, una normativa dettata dai padroni del mondo che vogliono abolire l'homo sapiens, sostituendolo con l‘homo consumator. Questi, come purtroppo ben sappiamo, è costretto a una dura lotta per evitare la soffocante pubblicità e a non cucinarsi più i cibi ma a comprarli già fatti in supermercato.
L’acqua si compra già imbottigliata perché si dubita di quella corrente: che male c’è se la famiglia nel bosco la prendeva nel pozzo, come tutti facevano prima della costruzione degli acquedotti moderni, tanto più che, nella località boscosa, il pozzo non è soggetto a inquinamento.
La luce? Abbiamo vissuto per secoli senza elettricità: mio nonno usava ancora i lumi a olio e le candele e noi, al tempo di guerra, ci illuminavamo di sera con le lampade ad acetilene. Senza contare, poi, che chi vive nel bosco si alza prima la mattina e si corica presto la sera.
Se non fosse per Eva e Caino, noi vivremmo ancora nei boschi e nei giardini dell’Eden. Non dovremmo sopportare quella che, nonostante tutto, continuiamo a chiamare civiltà. In attesa che l'intelligenza artificiale ci soppianti.
A me, in conclusione, la condizione di quei ragazzi mi sembra ideale. Tanto è vero che domandano ansiosi all’avvocato: “Quando ci farai tornare a casa?".
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