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Il federalismo asimmetrico e le competenze non sui diritti

È stato uno dei temi più abusati in Campania durante la campagna elettorale

Il federalismo asimmetrico e le competenze non sui diritti

Roberto Calderoli

Molti argomenti, durante la campagna elettorale, vengono stropicciati a uso e consumo dell’esigenza da prospettare. Uno dei temi più abusati in Campania è stato quello del Regionalismo differenziato o più propriamente del federalismo asimmetrico.

Nel clima già teso ha fatto ingresso anche l’allarme lanciato dalla Svimez, nel corso dell’audizione sul Documento Programmatico di Finanza Pubblica (DDL di bilancio 2026) in Commissione Bilancio. Secondo il direttore Bianchi il fatto che il disegno di legge preveda una copertura solo per due Lep, l’assistenza e l’istruzione universitaria, “con un chiaro richiamo ai beneficiari” apre al rischio, di “cristallizzare la spesa storica e i divari di cittadinanza”.

Tale pericolo, a mio avviso, viene allontanato, invece proprio dalla legge Calderoli, usata maldestramente dagli esponenti del cosiddetto campo largo per spaventare gli elettori. Al suo interno la definizione del concetto di Lep è chiara e, al tempo stesso, rassicurante.

Semplicemente afferma che “i Lep sono quei livelli che indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi i diritti su tutto il territorio nazionale e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziati fra lo Stato e e le autonomie territoriali e per favorire un’equa ed efficiente allocazione delle risorse e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali”.

In realtà nella manovra, in attesa dell’attuazione di quanto prescritto dalla legge 86/2024, si mantengono i Lep già definiti dalla legislazione vigente a risorse invariate, modesto risultato della ultraventennale incompiuta della riforma del titolo V della Costituzione del 2001.

Il lavoro da fare è ancora tanto: occorre completare l’individuazione dei Lep nell’istruzione e nel trasporto pubblico locale, quantificare il fabbisogno, istituire il fondo perequativo regionale e procedere alla “fiscalizzazione dei trasferimenti statali”. La legge 86/2024 ha consentito finalmente di riavviare un processo di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni che la Corte Costituzionale, chiamata a valutare la legittimità della norma, ha dichiarato precondizione essenziale per trasferire ulteriori materie alle regioni.

In altre parole, grazie ai riflettori riaccesi dal ministro Calderoli con la sua legge, il tema della garanzia statale del rispetto dei diritti civili e sociali di cittadinanza e della determinazione dei livelli di spesa necessari ad erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale è sul tavolo.

La questione dei costi standard e della spesa storica mai risolta, oggi trova una sua indicazione di percorso che sarà tanto più stringente quanto più forte sarà la volontà di attuare il regionalismo differenziato a norma di Costituzione. Questo significa che a processo in corso le risorse dei Lep già riconosciuti conservano quel principio ingiusto introdotto in tanti anni di irresolutezza, non per scelta del Governo, ma perché fino ad ora nessun governo lo ha fatto e le Regioni hanno agito in maniera diversificata.

Ma più andrà avanti il compimento della legge di attuazione dell’art. 116 più ci avvicineremo al ripristino del principio di uguaglianza tra cittadini. Quello su cui tenere alta l’attenzione è il lavoro in corso. La competenza appartiene allo Stato e ogni fuga in avanti sarà un inutile spreco di energie. Nessun pericolo, quindi, di cristallizzare i costi storici.

Piuttosto il rischio ancora alto è che non tutte le Regioni siano state in grado di sfruttare adeguatamente l’occasione offerta dal Pnrr di creare le infrastrutture indispensabili al corretto funzionamento delle prestazioni sociali. La Campania di sicuro non è ancora in zona sicurezza.  

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