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Lettere dal palazzo

Un imperativo categorico: una classe politica migliore

La gran parte degli opinionisti ha così tratto la convinzione che nella politica italiana nulla sia mutato

Un imperativo categorico: una classe politica migliore

La premier Giorgia Meloni

I risultati delle recenti elezioni regionali hanno sostanzialmente confermato le precedenti votazioni compreso l’ulteriore diminuzione del numero degli elettori. La gran parte degli opinionisti ha così tratto la convinzione che nella politica italiana nulla sia mutato. Non è vero perché, le scarica su altri.

Stavolta la questione condono, strumentalizzata per fini elettorali dai grillini, prima di ogni altro discorso impone loro, Conte in testa, di fare chiarezza su una intemerata di qualche anno fa sull’ambientalismo da facciata. Non è una esternazione estemporanea e generica, è qualcosa di molto grave e meditato sulle posicon l’avvento della Seconda Repubblica, le elezioni ci avevano abituato ad una serie di ribaltoni per cui dalle urne scaturivano sempre risultati diversi se non addirittura opposti rispetto a quelli precedenti.

Per Giorgia Meloni si tratta di un dato positivo? C’è chi lo sostiene e parla perciò di una stabilizzazione del consenso. In realtà Giorgia Meloni, grazie alla sua brillantezza, è riuscita a catalizzare sul suo partito il favore popolare, ma la situazione è molto diversa da quella che vide al potere per circa sessant’anni la Democrazia Cristiana. Diceva il vecchio Nenni che la politica cammina sulle gambe degli uomini.

Così era per la Dc; chi non amava Moro poteva rivolgersi a Fanfani, chi non si riconosceva in Rumor poteva riconoscersi in Donat Cattin, chi avversava De Mita in Forlani. C’erano Andreotti, Colombo, Scotti e così via. Per la Meloni e per Fratelli d’Italia le cose sono radicalmente diverse.

La Meloni vive in una situazione di profonda solitudine. Si tratta di una condizione comune a quasi tutti i partiti perché con la fine della Prima Repubblica la classe politica si è decisamente impoverita. Consapevole di correre dei rischi, la Meloni pensa ora a una riforma della legge elettorale, che dovrebbe garantire stabilità, vale a dire consentire alla coalizione di centrodestra di restare al potere bloccando ipotesi di successo del cosiddetto campo largo.

Tuttavia, quel che serve non è tanto una serie di piccole riforme che possono risolvere solo temporaneamente i problemi, ma la ricostruzione della classe politica in una classe politica degna di questo nome.

Continuiamo perciò a chiederci per quale ragione non si pensi a ricostruire quelle scuole di partito che (pensiamo alle Frattocchie per il Pci e al Centro Sturzo per la Dc) dalle quali negli anni scorsi sono usciti dirigenti in grado di guidare i partiti evitando, per esempio, a Giorgia Meloni una condizione di solitudine.

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