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Trump punta su Witkoff per recuperare la Russia

Una settimana decisiva - si spera perché l’ennesima - per porre fine al confitto in Ucraina

Trump punta su Witkoff per recuperare la Russia

Steve Witkoff

Una settimana decisiva - si spera perché l’ennesima - per porre fine al confitto in Ucraina. E’ segnata dalla missione a Mosca di Steve Witkoff, inviato speciale ‘personale’ di Donald Trump, accompagnato forse dal genero del presidente Jared Kushner, con un progetto di compromesso sviluppato dallo schema concordato con Vladimir Putin in Alaska.

Compromesso su territori, confini, libertà religiose e civili, interessi trilaterali (di Federazione russa, Stati Uniti e Ucraina, teoricamente non in ordine decrescente). Considerati gli attori,protagonisti e comparse, nonché la girandola di arrivi e partenze tra Usa e Russia di capitani d’industria pubblica e privata e dell’Olimpo della finanza, è in piena funzione la strategia dei “grandi affari”.

La sola, secondo l’attuale inquilino della Casa Bianca, che spiani la strada alle intese. Vedremo. Ma che cosa contenga la bozza è solo presumibile. Escluso che si tratti del piano russo-americano ma puntualmente ‘rielaborato’ dagli alleati europei a consulto continuo, diretto e da remoto, con il regime di Kiev: in alcune sue parti capovolto ma conservandone il titolo originale di ‘piano di pace made in Trump’ nelcomune sforzo adulatorio verso il presidente statunitense.

Lo schema d’accordo russo-americano ha, infatti, subìto reali e potenziali modifiche emerse negli incontri del gruppo dei Volenterosi, dei meeting a Bruxelles, nelle discussioni ai margini del G20 in Sud Africa e del settimo vertice Ue-Ua (Unione africana) in Angola, infine nell’incontro allargato di Ginevra: leader europei, regime di Kiev e Marco Rubio, il segretario di Stato che nel governo Usa passava per il più disponibile verso le ragioni di Kiev.

Modifiche che hanno trasformato buona parte del progetto originario e ridotto a 19 i 28 punti originari. Bocciato in partenza dalla Federazione russa.

Putin l’ha confermato l’altro giorno da Bishkek (l’ex Frunze capitale della Kirghizia) sottolineando che il recupero, peraltro parziale, del territorio russofono da parte di Mosca è fuori discussione; che debbano essere restituitele centinaia di miliardi di euro depositati dai russi in Europa, segnatamente a Bruxelles gestiti da Euroclear, e praticamente sequestrati; che l’Ucraina debba rispettare l’impegno alla neutralità e a non aderire alla Nato; che ai russofoni venga restituita l’autonomia regionale, il diritto alla lingua (peraltro la più diffusa nel Paese) e alla libertà di obbedienza al Patriarcato di Mosca.

In compenso: la rinuncia della Federazione russa a riprendersi Odessa e l’intera costa sul Mar Nero e quindi se non al collegamento, all’avvicinamento alle amiche Transnistria e Gaugazia. Più verosimile che il piano di Witkoff possa essere quello esaminato a Ginevra ma a sua volta ‘ristrutturato’a Washington e destinato a spalancare le porte al summit fra Trump e Putin.

Budapest la sede: una promessa che il premier ungherese Viktor Orbàn ha ottenuto nella visita alla Casa Bianca e confermata l’altro giorno nelle sale del Cremlino. A precedere la missione che esalta il rapporto diretto tra i presidenti statunitense e russo, la clamorosa indagine per corruzione che ha travolto Andriy Yermak, braccio destro, massimo consigliere e inviato speciale di Volodymyr Zelensky.

Il quale lo ha sostituito alla guida dei negoziatori con Rustem Umerov, già ministro della Difesa, spedito subito negli Stati Uniti - dove pare abbia anch’egli accumulato un bel po’ di proprietà - per capire che cosa bolla in pentola. Umerov ai negoziati ai negoziati di Istanbul nel 2022 parve il più disponibile a un’intesa.

Fa sorgere dubbi la tempistica di quest’ultimo scandalo della Banda Bassotti di Kiev, svelato dalle indagini su Yermak da parte dei centri anti-corruzione Sapo (Procura specializzata anticorruzione) e Nabu (Ufficio nazionale anticorruzione dell'Ucraina), che Zelensky aveva invano cercato di sopprimere alcuni mesi fa.

Forse la risposta al tentativo di sconvolgere la strategia dell’amministrazione americana e di far naufragare i rapporti tra Washington e Mosca con le rivelazioni su “Bloomberg News” di una telefonata e di qualche incauto messaggio whatsapp tra i negoziatori delle due parti. La vicenda è servita a spostare l’attenzione sulla battaglia in corso all’interno degli Usa e dell’Ue sulla linea da seguire.

La copia delle conversazioni potrebbero essere state carpite ai servizi d’Intelligence statunitense (la Nsa, National security agency, o la Cia, Central intelligence agency) infiltrate da Deepstate e Complesso militar-industriale, oppure fornite dall’Intelligence di un Paese alleato o terzo contrari alla linea negoziale dell’amministrazione Usa. Il tentativo di colpire Witkoff è stato ben deviato da Trump: “Fa il suo mestiere di negoziatore”.

Imprenditore e apprezzato vecchio amico di Trump, inizialmente inviato speciale per il Medio Oriente (supportato da Kushner), Witkoff ha praticamente sostituito l’inviato speciale del presidente per il conflitto russo-ucraino Keith Kellogg (militare d’alto profilo e brillante carriera, già consigliere per la Sicurezza nazionale, troppo diffidente verso Mosca).

Kellogg ha preannunciato il prossimo ritiro. L’obiettivo delle rivelazioni era di far naufragare la relazione tra Witkoff e i suoi interlocutori russi: Jurij Ushakov, consigliere speciale di Putin per gli affari esteri, segnatamente con gli Stati Uniti dov’è stato per un decennio ambasciatore; e Kirill Dmitriev, inviato speciale e amico di famiglia del capo del Cremlino, economista di origini russofone ucraine, formatosi a lungo negli Stati Uniti e divenuto a Mosca responsabile del governativo Fondo sovrano per gli investimenti diretti russi (con 10 miliardi di dollari a disposizione).

A Bruxelles si insiste su riarmo e continuazione del conflitto, da pagare con soldi dei contribuenti europei se non coi fondi russi congelati. E oggi ancora un incontro tra Zelensky e Macron, con scenografici e inutili abbracci. Ma solo il futuro più o meno prossimo ci dirà se la pace in Ucraina preferisca o meno nascere dalle menti di questi nuovi ‘diplomatici’ di… corto corso.

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