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LA PAGELLA IN... FEDELE

Grazie Luciano, mi hai fatto sognare il mio Nola

Vedere una Juventus talmente povera di idee, priva di identità e di talento, da ricordarmi il mio vecchio Nola bianconero che lottava nei dilettanti

Grazie Luciano, mi hai fatto sognare il mio Nola

Luciano Spalletti

Voglio partire da un ringraziamento sincero a Luciano Spalletti. Sì, proprio a lui, l’uomo che ha riportato lo scudetto a Napoli, che ha regalato a un popolo intero un anno irripetibile. Ma oggi il grazie prende tre strade diverse.

La prima, la più limpida, è per quel capolavoro tecnico che ha consegnato agli azzurri il tricolore dopo più di trent’anni. La seconda, molto meno romantica, nasce dalla scelta di affidare la marcatura di Neres a Koopmeiners: un ragazzo di buona qualità, elegante nel passo, ma totalmente inadatto a fronteggiare un avversario che ti brucia sul primo metro.

Sembrava di assistere a una sfida impari, quasi crudele: una diesel pesante contro una Ferrari lanciata. La terza ragione, credetemi, è stata quasi un regalo inatteso: vedere una Juventus talmente povera di idee, priva di identità e di talento, da ricordarmi il mio vecchio Nola bianconero che lottava nei dilettanti.

Una squadra spenta, senza nerbo, senza giocatori capaci di cambiare ritmo. Solo un ragazzo, Yıldız, provava a muoversi tra le linee con un minimo di luce. E Spalletti, togliendolo, ha finito per spegnere anche quell’unica lampadina. Grazie ancora. Di contro, ho visto un Napoli feroce, vibrante, pieno.

Una squadra che gioca con il cuore, sì, ma soprattutto con una condizione fisica da grande d’Europa. È impossibile non riconoscere la mano di Conte, che ha costruito un gruppo forte, armonico, andando avanti senza poter contare su Lukaku, De Bruyne, Anguissa e Lobotka: basterebbe solo questa assenza per capire il peso del suo lavoro.

E invece la squadra corre, pressa, domina, quasi senza accorgersi della qualità che manca. Ma quando hai un Neres così, tutto diventa più leggero. L’esterno brasiliano vola, cambia passo, salta l’uomo come pochi in Europa e, cosa ancora più preziosa, si sacrifica in fase difensiva: un’ala moderna, totale.

E quando al suo fianco gira un centravanti come Højlund, con la sua fisicità debordante e una classe che non ha più bisogno di presentazioni, allora l’orchestra suona davvero bene. Insomma ho visto un grande Napoli, uno di quelli che non vuole fermarsi.

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