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LO STRANIERO

Passeggiare a Napoli con il Prix Goncourt

Dominique Fernandez, dell’Accademia francese, descrive il suo stretto legame con Napoli ma esprime anche le sue critiche verso la nostra città in “Il pedone di Napoli”

Passeggiare a Napoli con il Prix Goncourt

Una veduta di Napoli dalle Rampe di Sant'Antonio

Dominique Fernandez, dell’Accademia francese, aveva già scritto il libro “Porporino o i misteri di Napoli” sulla scuola dei castrati. È una città che frequenta da 70 anni. Descrive il suo stretto legame con Napoli ma esprime anche le sue critiche verso la nostra città in “Il pedone di Napoli”, uscito l’anno scorso.

Poiché da quasi tre anni esprimo le stesse considerazioni in questa rubrica e perché mi ritrovo a condividere molto della sua visione, ho deciso di passeggiare con lui per potervelo meglio raccontare. Ribalzerò sui suoi pensieri con la mia esperienza personale.

Inizia dicendo che Napoli è cambiata poco, al contrario di quanto affermano il sindaco e il governatore. Nel quartiere dove abito, Santa Lucia, il mio barbiere è vittima di una coppia di usuraie come accadeva 120 anni fa nel racconto della Serao; il ristorante accanto deve pagare il pizzo alla camorra, e quando attraverso la strada constato con tristezza che, nel Pallonetto, le condizioni di vita sono appena migliorate rispetto a come furono descritte negli anni Cinquanta da Anna Maria Ortese.

Fin dalla seconda pagina lo scrittore non esita a parlare dell’incuria del potere politico, di cui i napoletani sono le prime vittime. L’ingiustizia tra le classi sociali esiste fin dalla notte dei tempi; lo sfruttamento è così forte che i disagiati si ritengono quindi in diritto di rimediare da sé, senza rispettare le regole. Una forma di ritorno alla legge di Apollo, prima del processo di Oreste!

Ci sono così poche possibilità di farcela con il proprio impegno che le persone senza prospettive sopravvivono alla giornata; il risparmio e la previdenza non le riguardano. L’ingegno, il talento, l’inganno valgono più di un buon diploma. È la sindrome dello “scugnizzo”, dove si resta tra pari senza crescere, senza maturare e senza lasciare la strada per una vita meno precaria e più responsabile.

Pasolini venne a girare Il Decameron nei vicoli cupi di Napoli, perché diceva apertamente che nulla era cambiato dal Medioevo, né per quanto riguarda l’urbanistica… né nel tessuto sociale. Di conseguenza, Domenico Rea, testimonia le condizioni di vita davvero spaventose del sottoproletariato in “Spaccanapoli”o “Gesù fate luce”.

Ma secondo Fernandez, l’unicità di Napoli, nel senso positivo, è per la prima volta realmente minacciata. I mestieri antichi di via Anticaglia non avranno ancora molto tempo per sfidare le leggi della redditività… a causa del turismo. Nel 2024 ci sono stati 12 milioni di visitatori, e se ne prevedono 20.

«Questi gruppi di sempliciotti che seguono la piccola bandierina di una guida che mostra loro “tutto ciò che non possono perdere”. Italiani del Nord per lo più che, per i loro vecchi pregiudizi verso la gente del sud, in passato non scendevano sotto Roma! Ora che Istanbul, Damasco, Il Cairo, Tunisi non sono più frequentabili, Napoli diventa l’unica città d’Oriente visitabile. Dalla mia finestra vedo i lavori di prestigio che si fanno sul lungomare per le gare di vela. I chioschi di taralli sono già stati chiusi e non c’è dubbio che la Rotonda Nazario Sauro, dove la popolazione accede al mare con le sedie pieghevoli portate da casa, sarà presto interdetta. “Il mare non bagna Napoli” per il “vulgum pecus” da 75 anni, da quando è stato scritto il romanzo!», s’indigna il mio amico.

«E non sono nemmeno sicuro che l’afflusso di curiosi arricchisca la gente, perché a profittarci sarà soltanto una classe di “intermediari”». Basandomi sulla storia della coppia che gestisce il B&B nel mio palazzo, il termine di “profittatori” non è esagerato. Loro si felicitano di aver trasformato il vecchio appartamento ereditato dal padre in un Airbnb. Oggi si paga il triplo dell’affitto che pagavo cinque anni fa; ma vi si può accedere solo dalle 15, e bisogna lasciarlo prima delle 11.

«L’America’s Cup è davvero una cosa fantastica», si rallegrano tra loro, perché ora vivono a Posillipo! Continuano però a pagare la domestica 7 euro all’ora. In totale contraddizione con l’anima generosa del popolo napoletano. Dominique Fernandez illustra la solita grandezza d’animo napoletana mostrandomi la statua di San Martino della Certosa. A Napoli san Martino non ha la meschinità di offrire solo metà del suo mantello a un povero: glielo dona tutto intero. Obietto che il mio vicino, un giovane chirurgo che mi saluta sempre con molto rispetto, paga la donna delle pulizie ancora un euro in meno degli “intermediari profittatori”.

«Questa gente non ha cuore per quelli che non appartengono alla loro classe», mi concede il mio amico. «È così da sempre. Eppure, amiamo Napoli, noi che siamo umanisti», mi dice poi, improvvisamente pensieroso. «Ci deve essere per forza un ingrediente nell’aria che fa sì che non si possa resisterle. Vieni, scendiamo con la funicolare. Voglio mostrarti qualcos’altro».
Non chiedo di cosa si tratti. Benché alcune cose io le abbia già viste più di una volta, rivedo tutto con piacere se a volerle vedere è lui!

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