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l'intervento
11 Dicembre 2025 - 08:57
La pedagogia contemporanea ci ricorda che “imparare” non è più un atto passivo: è un processo attivo, relazionale e profondo, che coinvolge emozioni, motivazioni e identità. La società deve diventare una comunità che educa, in cui chi insegna e chi impara lavorano insieme per creare significati. I docenti, i genitori e gli studenti devono lavorare insieme per creare un ambiente in cui si senta la fiducia, si ascolti bene e si partecipi attivamente: questi tre aspetti sono molto importanti per aiutare i ragazzi a sviluppare in modo armonioso le loro capacità cognitive e quelle sociali ed emotive. Oggi la scuola non può limitarsi a essere un contenitore di discipline. Deve diventare una comunità educante, dove chi insegna e chi apprende collaborano nella costruzione di significati.
Docenti, genitori e studenti sono chiamati a co-costruire un clima di fiducia, ascolto e partecipazione: tre elementi fondamentali per favorire lo sviluppo armonico delle competenze cognitive e socio-emotive. La ricerca pedagogica è unanime: la qualità della relazione educativa è il principale indicatore di successo formativo. Un insegnante che accoglie, che valorizza le specificità, che sostiene senza giudicare, permette al bambino di sentirsi visto e riconosciuto. E un bambino che si sente riconosciuto impara meglio. Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza della necessità di educare all’intelligenza emotiva. I bambini che sanno nominare, comprendere e gestire le proprie emozioni sono meno esposti a comportamenti problematici, più capaci di instaurare relazioni positive e più predisposti all’apprendimento. Portare l’educazione emotiva nelle classi significa fornire strumenti concreti: esercizi di consapevolezza, attività di role-playing, momenti dedicati all’espressione e all’ascolto attivo.
Significa anche un cambiamento di paradigma: l’errore non come fallimento, ma come tappa fisiologica della crescita; il conflitto non come minaccia, ma come occasione per apprendere la negoziazione e la cooperazione. La famiglia resta il primo contesto di formazione dell’identità. Per questo è fondamentale costruire alleanze educative tra scuola e genitori. Il dialogo continuo, la condivisione di obiettivi, la disponibilità reciproca sono ingredienti decisivi per sostenere i percorsi dei più giovani. Non basta chiedere ai bambini “come è andata a scuola?”.
Occorre costruire con loro una comunicazione che li aiuti a elaborare emozioni, difficoltà, successi. L’educazione è un percorso che richiede tempo, cura e presenza. I bambini di oggi vivono in un mondo connesso, iper-stimolante, in cui il confine tra reale e virtuale è sempre più labile. L’obiettivo non è proteggerli dal cambiamento, ma accompagnarli a comprenderlo e a navigarlo. Educare alla complessità significa insegnare a pensare criticamente, a valutare le informazioni, a distinguere fatti da opinioni, a costruire un pensiero autonomo. Un insegnante che accoglie, che riconosce le differenze, che aiuta senza giudicare, fa sentire il bambino importante e riconosciuto.
Un bambino che si sente riconosciuto impara meglio. Una scuola che educa alla complessità è una scuola che non ha paura di porre domande e di accettare che alcune risposte richiedano tempo. La sfida educativa di oggi è formare persone capaci di vivere con competenza e umanità. Persone che sappiano collaborare, creare, pensare, ascoltare. Persone in grado non solo di adattarsi al futuro, ma di trasformarlo.
*Pedagogista clinico, giuridico e famigliare
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