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L'intervento

I.A. tra progresso e rischio di perdere l’umano

Il computer ha più possibilità della mente umana di conservare dati che non acquisisce direttamente ma che sono veicolati dall’uomo

I.A. tra progresso e rischio di perdere l’umano

Siamo nell’epoca in cui l’Intelligenza artificiale (I.A.) sembra essere il primum movens della nostra società. Certamente dá un grosso contributo allo sviluppo di una cultura non personalmente acquisita ma elaborata da un computer e quindi non propria.

Durante una riunione sull’ I.A., è stata apprezzata, anche se era una personale e forse controcorrente considerazione, una mia frase scaturita da un vecchio retaggio formativo basato sulla “ratio filosofica” e che testualmente riporto: “bisognerebbe parlare non di Intelligenza artificiale ma di sintesi ragionata artificiale”.

Il computer ha più possibilità della mente umana di conservare dati che non acquisisce direttamente ma che sono veicolati dall’uomo. Infatti l’output si otterrà dall’imput iniziale. L’AIMS (artificial intelligence Management System) ha definito l’I.A.: ”capacità di un sistema di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività”.

A mio avviso, nelle possibilità dell’I.A manca l’adattamento a situazioni nuove improvvise, prettamente umano. La possibilità di manipolazione e programmazione può sviluppare degli usi impropri della I.A. che possono anche agire sulla psiche “spersonalizzando l’umano e personalizzando l’atto informatico “. Est modus in rebus ma purtroppo l’umano riesce a veicolare ogni cosa al suo volere.

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