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L’INTERVENTO

Atreju, la destra di governo e il concetto di Forza

Sin dalla scelta del motto-logo la manifestazione di Fratelli d'Italia richiama un valore identitario chiaro

Atreju, la destra di governo e il concetto di Forza

La locandina di Atreju 2025

Sin dalla scelta del motto-logo la manifestazione di Fratelli d'Italia richiama un valore identitario chiaro: la Forza. Spavalda, rigonfia e gonfiata. Non una manifestazione aperta, di piazza e di popolo, ma chiusa e rinchiusa, arroccata in una fortificazione.
Castel Sant'Angelo è nato come mausoleo dell'imperatore Adriano nel II secolo d.C., trasformato poi in fortezza papale e poi in prigione di stato. È tutto nella location.

La metamorfosi della destra a guida Meloni, dalla lotta al governo, si sintetizza in questo trasferimento da piazze aperte alla chiusura in un luogo simbolo di imperio, difesa armata di se stesso, e della sua massima espressione di potenza: il carcere.

Il titolo-motto-logo è coerente con tutto questo: non una proposta, non altri (tra i tanti) valori della destra, ma uno solo, la forza. Del resto la forza è stata anche la caratteristica principale dell'azione di questo governo: forza nel limitare e togliere diritti civili, la forza contro gli immigrati, la forza espressa nel raddoppio delle spese militari, la forza nel rispondere alla situazione carceraria introducendo la "rivolta", un unicum giuridico privo di senso, estendendone l'applicazione anche ai centri di prima accoglienza, sigillando l'assioma immigrato-criminale.

La forza usata per togliere ai bambini nati da coppie omogenitoriali il doppio riconoscimento.

Dio, Patria e Famiglia hanno oggi il completamento della loro declinazione nel concetto di Forza che non colpisce i ricchi, gli evasori, i potenti, ma agisce per tenere a bada la diversità e il dissenso.

Dietro questo concetto di Forza si declina un inutile sgombero del Leoncavallo (già concordato una settimana dopo) – inutile declinazione della forza – ma si eleva a forza l'impunità simmetrica di Casa Pound, del cui sgombero non si parla nemmenno più.

Se il ministero dell'istruzione è sulla carta anche denominato "del merito", questa declinazione della Forza impone un ulteriore livellamento verso il basso della qualità di una classe dirigente, a simboleggiare che, con la forza, si impone anche il peggio nel silenzio generale.

E così Lollobrigida ci spiega che per far conoscere il miele ai giovani va introdotto nei fastfood, che lui può far fermare un treno dove serve a lui personalmente; la Montaruli, condannata per peculato da 40mila euro, può essere viceministro senza conoscere le tabelline.

Giuli può nominare se stesso "ricercatore" e il suo relatore della tesi, discussa da ministro e a porte chiuse, in un comitato scientifico del suo ministero. E l'apoteosi si raggiunge con la nomina di Di Maio all'ONU: la persona giusta per essere certi di neutralizzare non facendo e per incapacità e ignoranza un ufficio che potrebbe essere rilevante.

La declinazione della forza come strumento per imporre la mediocrità e i propri desiderata, arroccandosi poi in autodifesa nel chiuso di un castello, è l'immagine topica del governo assoluto e autoritario, non certo della democrazia. Questo – purché svelato e dichiarato – è coerente culturalmente con un governo di destra, basta che riconosca di essere una destra né di popolo né di lotta.

Ai giovani di destra, culturalmente molto attenti ai simboli, andrebbe ricordato che Atreju è abitante di spazi liberi e aperti, in un paese in cui nessuno è straniero e difende Fantasia un mondo intero che non ha confini, mentre è Mork l'emissario del "nulla" che cerca di distruggerlo, che lo blocca nel castello ormai diroccato in cui si trova.

Dai giovani di destra, eredi di quei giovani che un tempo sfidavano gli Almirante con i campi hobbit, non si è levata nemmeno una voce critica – simbolo del fin dove si spinge la potenza della Forza – nemmeno quando la ministra Bernini, con la forza del palco e del microfono della carica istituzionale, non ha inteso nemmeno entrare nel merito della disperazione di loro coetanei, illusi di poter entrare a Medicina, che invece hanno scoperto che questo governo gli ha di fatto tolto un anno di vita, e le speranze e i sogni di una vita.

Li ha bollati come comunisti rifuggendo il confronto. E questa è l'ultima, la più becera delle declinazioni della forza: le misure immaginate prima o poi funzioneranno e chi non ci crede è un disfattista (altra citazione storicamente nefasta).

È il "ballo mascherato delle celebrità" in cui i giovani – protagonisti assenti e silenti – ricordano la strofa iniziale di De Andrè: ormai drogati da troppe sconfitte, cedono alla complicità della praticità di un premio: il governo, l'appartenenza simbolica, una comunità che appare, quando non un posto di lavoro.

Di Atreju queste cose vanno dette, va spiegato e declinato nel profondo il simbolo e la parola, perché sono i collanti della comunicazione e del discorso politico. Così come va detto che sbaglia sempre chi tace e chi non partecipa.

Proprio perché sbagliato altrettanto e per gli stessi motivi fu l'Aventino. Ma sbaglia anche chi, come Crisanti, per criticare una Università che certamente va cambiata in profondità, declina un populismo secondo solo a Beppe Grillo, dimenticandosi di essere lui per primo un professore ordinario.

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