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L'intervento
17 Dicembre 2025 - 08:00
Napoli continua a camminare anche quando attorno si addensano tensioni, scioperi e incertezze che sembrerebbero suggerire il contrario.
Basta attraversare il centro in questi giorni per accorgersene: la città resta un frammento pulsante di voci, luci e attese, una miscela che non si lascia piegare dalle difficoltà. Mentre il dibattito politico resta impigliato tra responsabilità istituzionali e contese nazionali, la vita quotidiana mostra una capacità di resistenza che sorprende ogni volta che qualcuno prova a incasellare Napoli dentro le categorie dell’emergenza.
Le feste natalizie, con il loro peso culturale ed economico, stanno diventando il vero termometro di questa resilienza. Nelle strade dello shopping, nei mercatini che spuntano a ogni angolo, nei vicoli che si addobbano quasi spontaneamente, si percepisce una volontà collettiva di normalità che non è rassegnazione ma, al contrario, una forma di reazione civile.
È come se la città dicesse: se l’incertezza aumenta, noi rilanciamo. E se arrivano notizie di criminalità o problemi strutturali, si risponde con eventi, musica, iniziative che attirano migliaia di persone e generano un indotto che resta un pezzo importante dell’economia locale.
La contraddizione è evidente: mentre Napoli si mostra più viva che mai sul piano culturale, restano irrisolti i nodi amministrativi — dai servizi in affanno alle carenze infrastrutturali, dalle tensioni del commercio agli effetti delle mobilitazioni nazionali che pesano sulla vita dei cittadini.
Ma proprio in questo squilibrio si vede il tratto distintivo della città: non rinunciare alla propria identità neppure quando le condizioni esterne sembrano remare contro. L’energia delle iniziative natalizie non sostituisce i problemi, ma diventa lo spazio in cui la comunità si riconosce e prova a respirare, nonostante tutto.
Il paradosso è che, mentre le difficoltà si moltiplicano, aumentano anche i segnali di una vitalità culturale che altrove sarebbe impensabile: mostre affollate, teatri pieni, ristoranti che registrano il tutto esaurito, perfino nelle giornate dominare da traffico e scioperi. È come se l’intero organismo urbano si reggesse grazie a una rete invisibile fatta di relazioni, micro-economie e soprattutto di una tenace fiducia nella possibilità di vivere bene la città, almeno per qualche ora.
Questa forza non va romanticizzata: sarebbe un errore leggerla come una capacità magica di “fare comunque”, senza pretendere risposte da chi governa il territorio. Anzi, la resilienza napoletana diventa un argomento politico proprio perché mostra quanto la città faccia da sola, quanto sopperisca per inerzia comunitaria a mancanze che andrebbero colmate.
La stagione natalizia non è soltanto un periodo di festa, ma un banco di prova: dimostra che Napoli può attrarre, produrre cultura, generare economia. Ora deve essere messa nelle condizioni di farlo senza lacerazioni, senza inseguire emergenze, senza ripartire ogni volta da zero.
La lezione di questi giorni è chiara: Napoli non si fa fermare, ma non può continuare a correre da sola. Le luci, i mercatini, la folla che riempie vie e piazze sono un atto di speranza collettiva. Tocca alla politica raccoglierlo e trasformarlo, finalmente, in una direzione stabile e duratura.
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