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IL NOSTRO POSTO

Uno sciopero politico al giorno toglie il sindacato di torno…

Altro che manifestazioni per la difesa dei diritti dei lavoratori, altro che strategie per favorire il confronto tra governi e aziende

Uno sciopero politico al giorno toglie il sindacato di torno…

Maurizio Landini

Articolo 40 della Costituzione: “Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”. E sempre nell’interesse dei lavoratori, aggiungerei io… Forse vale la pena di ricordarlo vista la deriva che, purtroppo, mi pare stia prendendo la Cgil a guida Landini in vista dell’avvicinarsi delle elezioni politiche che si terranno tra meno di un anno e mezzo.

A chi, come me, ha dedicato una vita di studio al diritto del lavoro dispiace di dover registrare che una grande forza sindacale abbia scelto - ma non è la prima volta - la strada del consociativismo politico con la sinistra, invece di concentrarsi per davvero sulla tutela dei diritti dei lavoratori, oggi più che mai necessaria alla luce dei formidabili cambiamenti del sistema produttivo e dell’economia che la stagione post Covid e il clima di tensione mondiale stanno ponendo in essere con una rapidità senza precedenti.

Se forse a Landini questa strada conviene - il suo mandato non è eterno e almeno uno scranno in Parlamento può fargli comodo - ho dei seri dubbi che faccia bene alla Cgil e alla popolarità stessa dei sindacati in generale, peraltro da parecchio tempo in caduta libera. Lo dimostrano i numeri delle adesioni alla raffica di scioperi che, a ritmo sempre più serrato, Landini va proclamando.

Ultimo, in tutti i sensi, lo sciopero generale del 12 dicembre scorso: un vero e proprio flop, con una percentuale di adesione media nazionale che non ha raggiunto nemmeno il 5%!

Al di là di qualche goffo tentativo - come calcolare nel numero degli aderenti pure i pensionati (!) - sta di fatto che alla manifestazione di venerdì scorso non ha aderito neppure la metà persino dei lavoratori iscritti al sindacato guidato da Landini, evidentemente stanchi di perdere giorni di stipendio per partecipare a mobilitazioni solo politiche e propagandistiche.

Altro che manifestazioni per la difesa dei diritti dei lavoratori, altro che strategie per favorire il confronto tra governi e aziende, scioperi come questi hanno il solo scopo di dire una serie di no a prescindere e ad oltranza, di attaccare il Governo, di instillare preoccupazione e paura nelle persone quando sarebbero più che mai necessari concordia e coesione.

E tutto soltanto per motivi politici e per obiettivi personali. Del resto, non è un mistero che - complice il vuoto pneumatico di valori di una sinistra sempre più armocromista e sempre meno capace di rappresentare interessi e necessità degli italiani - il segretario della Cgil si è lanciato nella scalata alla leadership con una linea cieca e oltranzista che sta giocando, però, tutta sulla pelle proprio delle persone che un sindacalista e un sindacato dovrebbero tutelare prima delle altre.

Prendiamo ancora una volta lo sciopero generale contro la Legge di stabilità che il Governo si appresta a varare. Verrebbe da dire, ma Landini l’ha letta? Certo non è il Vangelo, né il libro dei sogni, ma una manovra che spende le (poche) risorse a disposizione (per colpa del superbonus contiano, non dimentichiamolo) per la decontribuzione, per la riduzione delle tasse e del costo del lavoro, per il potenziamento del welfare aziendale e delle famiglie, per la tutela e la crescita delle imprese specie di piccole e medie dimensioni e quindi dei lavoratori, credo che oggettivamente abbia ben chiaro quale debba essere il “core business” di un Esecutivo che voglia sostenere il futuro del Paese.

Se poi ci mettete pure la tassazione di una parte degli extraprofitti di banche e multinazionali, il condono fiscale e, in parallelo, anche una legge delega sull’urbanistica che apre alla pace edilizia… sempre che non si voglia fare il gioco dei “benaltristi” perennemente in agguato, direi che la direzione sia proprio quella giusta.

E lo dimostra il fatto che, nel mare tempestoso di questi anni di guerra quasi mondiale, l’economia italiana vada meglio di quelle francesi e tedesche o che l’Italia abbia superato perfino il Giappone nell’export. Intendiamoci, non sono certo tutte rose e fiori e sul tappeto restano temi delicati a dir poco: prima di tutti quelli di trovare il modo di far crescere in maniera robusta salari e pensioni senza far saltare i conti e senza far intervenire quell’Europa “maestra severa” che Prodi & Co. ci hanno voluto disegnare con un atto di miopia - non solo politica ma anche economica - che griderà vendetta per sempre.

Ecco perché ci vorrebbe pure dal sindacato una spinta nella direzione opposta a quella della lotta senza quartiere. Perché un sindacato che si rimbocca le maniche, recupera i valori della concertazione (quella sana) e offre suggerimenti e proposte utili, magari d’intesa con le imprese, a dare risposte ai bisogni autentici del Paese, sarebbe un grande aiuto ad un Governo come questo.

E invece l’unica impresa con la quale Landini pare andare d’accordo è la Stellantis (e cioè quel che resta della gloriosa Fiat). Sfido chiunque a trovare una sola parola del “cavaliere rosso” contro la politica di smantellamento degli stabilimenti italiani che l’indegno nipotino di Gianni Agnelli sta realizzando, dopo aver già trasformato la più grande industria italiana in un’anonima finanziaria internazionale.

Questione di miopia politica che fa il paio col suo doppiopesismo. Prendiamo la storia del “salario minimo”. Quando non aveva ancora imboccato il “cammino di Compostela” verso la guida del Pd, Landini la pensava esattamente come questo Governo. Era contrario al salario minimo legale, riconoscendo lui stesso che avrebbe soltanto tolto peso alla contrattazione collettiva e inchiodato verso il basso i salari, bloccandoli per sempre a quello fissato per legge.

Cos’è cambiato nel frattempo? Nulla, tranne che forse si vuole lavare la coscienza dopo essere stato il primo a firmare il CCNL dei cosiddetti Multiservizi che fissa il trattamento orario a 5 euro l’ora. Del resto, la doppia morale è un po’ il marchio di fabbrica della sinistra. Prendete il tema dell’immigrazione.

Pronti a scendere in piazza per protestare contro le misure di contenimento dell’immigrazione clandestina e poi nemmeno una parola di indignazione quando, qualche giorno fa, i carabinieri hanno scoperto tra Napoli e Caserta decine di braccianti extracomunitari - tutti irregolari sul territorio nazionale - ridotti letteralmente in schiavitù.

Erano impiegati per meno di tre euro l’ora, costretti a turni anche di 14 ore al giorno nei campi, senza riposo e con il “permesso” di mangiare solo a raccolto ultimato. Davanti a un dramma del genere, una delle tante tragedie del lavoro che si consumano nel Nostro Posto e nel resto d’Italia, Landini e la sinistra sono rimasti letteralmente impassibili. Ora viene Natale, tempo di pace e di buoni propositi. Caro Landini, approfittane anche tu per un sereno esame di coscienza.

E facci una promessa per il nuovo anno: uno sciopero in meno e una buona azione in più. Lo so che chiedo poco, ma come avrebbe detto Silvio Berlusconi - con una frase tornata di moda in questi giorni - “siete ancora, come sempre, dei poveri comunisti”. E allora bisogna sapersi accontentare.

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