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l'opinione
30 Dicembre 2025 - 10:49
Il Natale è, per definizione, il tempo del dono. Luci, attese e promesse riempiono le case e l’immaginario collettivo. Eppure, da qualche anno, sotto molti alberi compare una scena ricorrente: una vera e propria montagna di pacchetti, capace di trasformare il salotto in una vetrina commerciale più che in uno spazio di relazione. Un’immagine che invita a fermarsi e riflettere.
Perché sentiamo il bisogno di riempire ogni centimetro libero con giocattoli? Spesso dietro l’accumulo non c’è superficialità, ma un desiderio sincero di fare il bene dei propri figli. In una società che corre, molti genitori convivono con il senso di colpa per il poco tempo trascorso insieme. Il regalo diventa così una compensazione, un surrogato della presenza, alimentato anche dalla pressione sociale di non far sentire i bambini “da meno” rispetto ai coetanei.
Il problema è che l’abbondanza non produce necessariamente felicità. Al contrario, tende a diluirla. Un bambino sommerso da stimoli fatica a concentrarsi, il gioco diventa rapido e superficiale, e viene meno quella preziosa capacità di annoiarsi in modo creativo. I giocattoli che “fanno tutto da soli” lasciano poco spazio all’immaginazione; pochi oggetti semplici, invece, aprono mondi e possibilità infinite.
L’eccesso abitua inoltre alla gratificazione immediata. Il piacere del nuovo svanisce in fretta e lascia il posto a una continua ricerca di altro, minando la capacità di attendere, di desiderare e di prendersi cura delle proprie cose. Se tutto è facilmente sostituibile, si perde il valore della conquista e il senso della responsabilità.
Invertire la rotta non significa negare la gioia del Natale, ma ripensare il significato del dono. Meglio pochi regali, scelti con cura, aperti all’inventiva. Come insegnava Maria Montessori, un ambiente ordinato e con materiali limitati favorisce concentrazione e apprendimento profondo. Anche la rotazione dei giochi può aiutare: riporli e riscoprirli nel tempo restituisce loro valore e novità.
Il dono più importante, però, resta la presenza. Un pomeriggio insieme, una gita, cucinare fianco a fianco o dedicare ogni giorno un tempo esclusivo, senza schermi né distrazioni. Sono questi i regali che nutrono davvero il legame educativo.
Il Natale può diventare anche un’occasione per educare all’empatia: scegliere insieme i giochi non più utilizzati e donarli ad altri bambini significa insegnare che la felicità non si moltiplica possedendo, ma condividendo.
Liberare i bambini dall’ingombro del superfluo non restringe il loro mondo, lo amplia. Perché l’amore non si misura nel numero dei pacchetti, ma nella qualità del tempo, dell’ascolto e della presenza che siamo disposti a offrire, ogni giorno dell’anno.
*pedagogista
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