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Lockdown light, l’ira delle Regioni

Lockdown light, l’ira delle Regioni

ROMA. Arriva l’ulteriore stretta per gli italiani, con la seconda ondata del virus che non molla e anche oggi fa segnare oltre 350 morti, un numero che non si registrava da maggio, e altri 203 pazienti nelle terapie intensive, reparti che hanno ormai superato la soglia critica del 30% in 9 regioni. Il premier Giuseppe Conte firmerà nelle prossime ore il Dpcm con le nuove misure, che saranno in vigore da domani e resteranno valide fino al 3 dicembre: l’Italia viene divisa in 3 aree di rischio e in quella dove il contagio è più diffuso e gli indici epidemiologici sono più critici - come ad esempio la Lombardia e il Piemonte - scatterà, di fatto, il lockdown come a marzo. Si potrà uscire di casa solo per andare a lavorare, per fare la spesa, per motivi di salute o necessità.

E per portare i bambini a scuola. La bozza del Dpcm prevede 12 articoli ed è il frutto di una lunga discussione, che a tratti è diventata scontro, sia all’interno della maggioranza, in particolare sull’ora in cui deve scattare il coprifuoco in tutto il Paese, sia tra l’esecutivo e le regioni, per chi dovesse assumersi la responsabilità politica delle chiusure. Scontro, questo con gli enti locali, ancora in corso visto che le Regioni continuano a chiedere interventi «omogenei» in tutta Italia.

Se non verrà modificato il testo nel provvedimento che andrà in Gazzetta Ufficiale, il Dpcm prevede che le misure più dure dovranno essere adottate dal ministro della Salute Roberto Speranza «d’intesa» con il presidente della Regione interessata. E questo sia per le restrizioni relative alle “zone arancioni” in cui la curva epidemiologica è compatibile con lo scenario 3 dell’Istituto superiore di sanità, vale a dire quelle caratterizzate da una situazione «di elevata gravità», sia per quelle che interessano le “zone rosse”, che rientrano nello scenario 4, dove invece c’è una situazione di «massima gravità». Su una cosa il premier e il governo non hanno mai fatto retromarcia: non doveva essere lockdown nazionale e non sarà lockdown nazionale. «Non ci saranno chiusure generalizzate ma sarà un lockdown light, simile al modello tedesco - ha ribadito il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa - Il tentativo è di non paralizzare il paese, anche se è abbastanza complicato fare una misura sartoriale basata su zone».

Posizione che le Regioni tornano a contestare, chiedendo «misure omogenee per tutto il territorio nazionale», ristori immediati e soprattutto, che la valutazione del rischio in base al quale si stabilirà in quale fascia finisce un territorio sia fatta «in collaborazione» con le Regioni. Il meccanismo individuato dal decreto è quello di una prima linea di misure nazionali, più “leggere” e valide per tutti. Molto più duri sono, invece, i provvedimenti inseriti nell’articolo 1 bis - quello che riguarda le “zone arancioni” - e nell’1 ter, quello per le “zone rosse”, che resteranno in vigore «per un periodo minimo di 15 giorni».

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