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07 Marzo 2021 - 07:00
ROMA. Una provocazione che è anche un’umiliazione. Beppe Grillo quasi non ci crede. Per un giorno non sono gli scontri e le spaccature nel suo M5S a tenere banco, ma quelle nel Pd. E lui, ovviamente, ne approfitta subito.
«SE MI INVITATE..».
Così, all’indomani della conferma delle dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario dem, il fondatore del M5S posta un video, dettato «dall’insonnia», in cui assicura: «Se mi invitate vengo, faccio il segretario del Partito democratico elevato, ci mettiamo 2050 nel simbolo, io ci sto un anno, un annetto, Conte sta di là un annetto, parliamo con tutti e facciamo dei progetti comuni».
Una provocazione che, appunto, suona come un’umiliazione per il Pd, dove le correnti sono ale rese con il rompicapo di un’intesa sul da farsi che non riescono a trovare. La difficoltà dei principali dirigenti Dem sta nel trovare in pochi gior ni, prima dell’assemblea del 13 e 14, il nome di un segretario che traghetti il partito ad un congresso costituente, e che gestisca le delicatissime amministrative di ottobre e l’elezione del Presidente della Repubblica. Anche per questo a fine giornata avanza l’idea di un rinvio dell’assemblea per aver un po’ più di tempo per far maturare un accordo. Da parte sua, Zingaretti non sembra voler fare marcia indietro. Ieri il segretario ha incassato il sostegno
delle Sardine che hanno assediato il Nazareno sposando la sua linea politica («il fatto che siano preoccupate e mobilitate conferma che il Partito democratico è una grande forza»), aggiungendo però, dopo un «martellamento quotidiano» subito dal gruppo dirigente, che adesso occorre «fare chiarezza».
I NOMI IN CORSA
. L’assemblea del partito dovrà decidere come andare avanti dopo le dimissioni del segretario. Secondo Peppe Provenzano, ex ministro per il Sud, l’assemblea deve rinnovare il mandato a Zingaretti perché al Pd «non serve un traghettatore». Graziano Delrio, capogruppo alla Camera, si tira fuori dala corsa alla segreteria. La «chiarezza» chiesta da Zingaretti si può tradurre o in una intesa unitaria su un nome di tregua su cui convergano tutte o quasi le correnti interne, oppure in un accordo entro quella stessa maggioranza su una figura che la garantisca di più sulla linea politica e sulla preparazione del congresso. I diversi nomi emersi in questi giorni rispondono ciascuno a una logica politica. Chi ritiene che il futuro segretario debba essere comunque esponente della vecchia maggioranza fa i nomi di Andrea Orlando e Dario Franceschini. In questa logica rientrano anche Roberta Pinotti o Piero Fassino dell’area Franceschini o Anna Finocchiaro della corrente Orlando. Quest’ultima, personalità di grande esperienza, è fuori dal Parlamento, cosa che però qualcuno considera un limite.
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