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10 Marzo 2021 - 07:00
NAPOLI. «Dai giovani si possono accettare anche intemperanze ed assenze di gratitudine». Questo l’amaro commento del sindaco Luigi de Magistris alle dimissioni annunciate nella serata di lunedì dall’assessore alla Cultura Eleonora de Majo (nella foto). Il primo cittadino spiega di «non essersi pentito della scelta di nominare la de Majo», e rivendica di averle dato «un’opportunità che nessun altro le avrebbe dato». Ma l’ex pm parla anche dell’inchiesta sulla commissione per statua di Maradona. La Procura è a lavoro per l’inserimento nella commissione del capo ultrà Gennaro Grosso, indagato per la guerriglia a Napoli del 23 ottobre scorso. La de Majo non risulta indagata, ma è stata denunciata perché, durante una perquisizione in casa, sono stati trovati in casa sua sette fumogeni. Sul punto de Magistris dice: «Mi auguro che non sia mai venuto meno quel vincolo di onestà, di lealtà e di trasparenza amministrativa che per me sono fondamentali».
De Majo, il sindaco ha parlato di ingratitudine: cosa risponde?
«Non si tratta affatto di ingratitudine ma di una scelta dettata dalla mancanza di condivisione politica che, non a caso, ho maturato scegliendo di dimettermi. Al contrario, sono molto riconoscente al sindaco per avermi permesso di ricoprire una carica così prestigiosa»
Lei non ha condiviso sin da subito la candidatura di Alessandra Clemente. Perché ha scelto di rassegnare le dimissioni sei mesi dopo l’annuncio?
«Ho una cultura politica che mette sempre al centro il valore delle collettività e non solo dei singoli individui. Ho aspettato per comprendere se, al netto del mio dissenso, intorno alla candidatura di Alessandra ci fosse comunque l’intenzione di costruire un laboratorio di confronto e partecipazione. Intenzione, peraltro, costantemente manifestata dal sindaco in questi mesi ma di fatto mai realizzata. A distanza di così tanto tempo ne ho semplicemente preso definitivamente atto»
Dall’addio di Auricchio, esattamente un anno fa, è cominciato da parte sua e dell’area “movimentista” un allontanamento dalle scelte dell’amministrazione. Cosa è cambiato nella gestione de Magistris?
«Credo che l’errore più grande sia stato quello di confondere Palazzo San Giacomo con un comitato elettorale, mettendo in secondo piano le priorità della città in una fase di crisi gravissima che avrebbe preteso un esclusivo impegno per l’interesse pubblico»
Quanto ha inciso l’inchiesta aperta sulla vicenda della statua di Maradona nella sua scelta?
«Ha inciso nella misura in cui la scelta di aprire la commissione a due membri delle tifoserie, oltre che ad esponenti del mondo della cultura e dello sport, è stata condivisa fin dal primo istante col sindaco e con alcuni assessori. Per questo motivo sarebbe stata opportuna una maggiore esposizione o una chiara rivendicazione di un orientamento che è stato collettivo».
Il sindaco l’ha difesa in varie polemiche che l’hanno riguardata, da quella con la comunità ebraica a quelle con Salvini. In quest’occasione, invece, si è sentita isolata dall’amministrazione?
«Si tratta di questioni molto diverse. Le prime fanno riferimento alle mie posizioni su questioni di stringente attualità politica. La difesa della causa palestinese o l’intransigenza verso partiti che rivendicano idee palesemente razziste, omofobe e antidemocratiche, fanno parte del mio dna politico. In quelle occasioni il sindaco scelse più che di difendermi, di sostenere quelle stesse idee e questa è una delle ragioni per cui ho sostenuto con convinzione questa maggioranza. La vicenda che riguarda la commissione sulla statua di Maradona invece è una scelta amministrativa e politica che non è corretto non raccontare come una scelta condivisa».
Si è pentita di aver coinvolto le curve nella commissione per la statua?
«Assolutamente no. Credo che alla politica spetti il ruolo di costruire ponti, luoghi di dialogo e di condivisione anche tra pezzi di città apparentemente lontanissimi. Napoli ha una pericolosa tendenza a diventare una città “divisa”, piena di barriere, muri invalicabili tra periferie e centro, tra quartieri popolari e quartieri alti, tra notabilato e subalternità. Quando Napoli si divide mostra il suo volto più violento. Ecco perché ritengo che invece, per quanto piena di contraddizioni, la partecipazione di quante più realtà possibile alla vita pubblica sia l’unica strada per tenere unita la città»
Il sindaco ha detto di “augurarsi” che il suo comportamento sia stato “onesto, leale e trasparente”. Vuole rassicurare il primo cittadino?
«Non credo ce ne sia bisogno. Sulla questione sono molto serena, anche perché si tratta di una commissione senza alcuna remunerazione o possibile interesse per gli invitati. Anzi è davvero surreale che si stia dando tanto spazio a questa vicenda in una città oppressa da innumerevoli forme di criminalità».
È stata assessore al Turismo e alla Cultura durante la pandemia. Cosa ricorda con più piacere dell’esperienza da assessore?
«Ricordo con emozione la ripartenza della scorsa estate. La prima sera in cui gli artisti sono tornati sul palco con gli occhi pieni di lacrime e la voce rotta dall’emozione. Sull’estate a Napoli abbiamo fatto degli sforzi incredibili, lavorando ad una programmazione che tenesse insieme il coinvolgimento di ogni quartiere ma anche la presenza di artisti di rilievo nazionale e internazionale. Napoli era carica di aspettative dopo mesi di lockdown e speriamo di essere riusciti a soddisfarle, anche se per quei pochi mesi intercorsi tra la prima e la seconda chiusura»
C’è, invece, qualche errore che non rifarebbe?
«No, sono convinta di tutte le scelte che ho fatto, considerato che mi sono trovata a lavorare in un anno di pandemia e con risorse davvero esigue rispetto agli anni precedenti. Motivo per cui abbiamo dovuto programmare in una condizione di costante incertezza e di lockdown quasi permanente di tutte le attività culturali. Uso il plurale perché questo lavoro incredibile non sarei riuscita a farlo senza la squadra composta da staff e dirigenti che mi ha accompagnata».
Infine, c’è qualche progetto rimasto in sospeso che le dispiace aver lasciato?
«Mi dispiace molto non riuscire a costruire questa seconda ripartenza. Secondo il Dpcm i luoghi della cultura dovrebbero poter riaprire in zona gialla dal 27 marzo. Stavamo cominciando a lavorare con l’obiettivo di regalare alla città una nuova alba. Ecco, questo è il rammarico più grande che ho»
Quale sarà il futuro politico di Eleonora de Majo? Le elezioni amministrative sono dietro l’angolo.
«Parei poter contribuire a costruire un laboratorio di vera partecipazione in vista del voto del prossimo autunno, per riportare sulla scena del dibattito pubblico le voci di chi in questo momento non viene interpellato ma che rappresenta parte della città reale. Penso agli operatori dello spettacolo, all’ecosistema complesso dei luoghi di produzione culturale, alle vertenze per il diritto alla salute, alla casa o al lavoro. Penso alla mia generazione precaria, decimata dall’emigrazione di necessità e sempre più sfiduciata dalle istruzioni locali e nazionali»
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