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Esclusiva al “Roma", Maresca: «Scelta di cuore per Napoli»

Esclusiva al “Roma", Maresca: «Scelta di cuore per Napoli»

Maresca: «Sono un candidato civico aperto a chiunque abbia idee per la città»

NAPOLI. Magistrato di alto profilo, nemico giurato del clan dei Casalesi. E adesso l’impegno civico per Napoli.

Catello Maresca, ma come le è venuto in mente di candidarsi a sindaco?

«Me lo chiede mia moglie tutte le sere (ride ndr). Diciamo che ho elaborato una motivazione che non è razionale ma di cuore. È una spinta emotiva di partecipazione alla vita della città che è montata l’anno scorso, quando mi sono reso conto che la cattiva politica fa morire le persone. Questo in occasione delle scarcerazioni dei 41 bis, quando ebbi modi di intestarmi con il collega Di Matteo una battaglia che era partita già prima delle rivolte nelle carceri, nel marzo scorso. Mi resi conto che situazione poteva diventare esplosiva e segnalai questi rischi. Cominciai ad avere interlocuzioni ma vidi che dalle istituzioni c’era una risposta includente e superficiale. Io la battaglia l’ho continuata, sono stato audito in Parlamento. Ma se la politica non è attrezzata, avveduta, e si limita a risolvere i problemi quando sono sorti senza avere la capacità di prevenirli, è inutile. Così ho deciso di accompagnare il mio impegno civile a quello politico, svestendo la mia seconda pelle, la toga, per un periodo tempo».

Lei si propone come candidato civico. Ma da Forza Italia e Lega sono arrivati espliciti apprezzamenti. A che punto è il confronto con queste forze politiche?

«C’è stato proprio ieri (martedì ndr) un apprezzabile comunicato stampa di Emilio Carelli, che stimo da tempo, di Coraggio Italia, soggetto politico che nasce da un’esperienza straordinaria, quella del sindaco di Venezia Brugnaro. Personalmente, rivendico il mio civismo, che non è asettico o di convenienza ma autentico. È una cosa che viene dall’impegno civile, dalla “politeia” che è la cura dell’interesse del prossimo. Cosa che io ho fatto sempre con il mio impegno civile, facendo cultura, recuperando i ragazzi a rischio. E tutto questo lo proietto ora nell’aspirazione ad un impegno per la città. Io sono il candidato di un gruppo di cittadini napoletani che mi stanno sostenendo attraverso l’associazionismo e con grande sforzo, perché partiamo da zero. Ci confrontiamo con chi vorrà, a partire da Coraggio Italia, sui programmi e le idee. Le ideologie troppo marcate sono addirittura un impedimento in questo momento per lo sviluppo di progetti per Napoli. Io non ho preconcetti».

Eppure l’assessore comunale Alessandra Clemente, candidata a sindaco, l’ha accusata di non aver preso le distanze dalla Lega…

«Perché dovrei prendere le distanze? È un fatto di approccio, bisogna aggregare chi vuole fare qualcosa per Napoli. Io non prendo le distanze da De Luca, da Manfredi, dalla Clemente, dal Governo, dall’Unione europea e da tutte le persone che verranno a sedersi qui per proporre soluzioni. Non ho preso le distanze nemmeno da de Magistris, nonostante lui avesse avuto parole non troppo carine nei miei confronti. Gli ho sempre portato il mio rispetto istituzionale».

Si è vociferato, diverse settimane fa, che a Palazzo Santa Lucia ci fosse una riflessione sulla sua candidatura. Lei ha mai avuto riscontri in tal senso?

«Dovete chiederlo al presidente De Luca. Il pensiero a me non è arrivato. Ho un rapporto di cordialità con il governatore, ha presenziato a molte nostre manifestazioni e condiviso i nostri percorsi civici. Bisogna restituire autorevolezza alle istituzioni, che non sono quelle che litigano con tutti ma, anzi, cercano il dialogo».

Capitolo liste: lei ha ribadito la necessità di candidati di spessore e al di sopra di qualsiasi sospetto. Ma come si concilia il principio del garantismo con la questione di opportunità politica?

«Con il rispetto della Costituzione, mettendo come primo elemento il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva. Da una parte c’è il piano giuridico, perché si ha il diritto di difendersi nelle sedi deputate, ma dall’altra c’è un aspetto di opportunità politica. Quando c’è una pendenza occorre avere la delicatezza istituzionale, la definirei così, di mettersi un attimo da parte in attesa di risolvere le questioni personali. Questo vale per tutti, chiaramente: destra, sinistra, centro. E c’è un elemento giuridico che molti trascurano, che è la legge Severino».

Ma lei non ritiene che questa normativa crei disparità perché colpisce gli amministratori locali e non parlamentari ed esponenti del Governo?

«Io sono abituato a rispettare la legge. Altro è poi proporre, magari, possibilità di modifiche. Ma sempre in maniera pacata». Che Napoli trova in vista del prossimo appuntamento elettorale? «Una città in una sofferenza diffusa. Ieri (martedì ndr) sono stato all’Orto Botanico, a Scampia, e prima ancora al mercato delle pulci dove c’è una situazione di difficoltà enorme. Ma ci sono condizioni di disagio diffuse un poco ovunque».

Ma questa sofferenza è accompagnata anche da una narcotizzazione della città?

«In alcune realtà c’è una sorta di rassegnazione che cerco di combattere immediatamente perché non mi piace. Ma trovo anche tante risorse. In un incontro a via Foria ho notato un fermento e una vivacità culturale e di proposte notevoli da parte di professionisti appassionati che hanno voglia di fare qualcosa e cercano la sponda istituzionale.

Occorre canalizzare queste risorse e farle diventare forze. Al mercato delle pulci, ad esempio, c’è una situazione di difficoltà burocratica che impedisce a 4-500 operatori commerciali di lavorare».

Lei ha incontrato anche i commercianti…

«Sì, penso che si debba innanzitutto ascoltare gli operatori economici senza arrivare con soluzioni preconfezionate. È quello che sto facendo. È chiaro che se uno va dai commercianti di Chiaia ricava una prospettiva, se si va da quelli di Soccavo un’altra. Occorre coinvolgere la classi produttive, dobbiamo creare autostrade per gli imprenditori con quante più corsie possibili in modo che possano correre per fare crescere la città». Da dove deve ripartire Napoli? «Da una visione complessiva della città, prendendo come primo punto una visione urbanistica della città. Il Puc è fermo a quarant’anni fa, tranne due varianti dell’epoca del primo Bassolino. Bisogna capire cosa fare e le modalità da applicare. I cittadini vedono sapere come muoversi in una visione integrata, che va estesa all’intera Città metropolitana. Anche su questo abbiamo piani di viabilità fermi al 2015- 2016 e non aggiornati nel panorama territoriale. Su queste cose noi vogliamo confrontarci con gli altri aspiranti sindaci».

Bagnoli è uno dei temi cruciali…

«Sicuramente. A mio avviso la prima cosa seria da fare è che la città di Napoli si riassuma la responsabilità di quel pezzo di territorio che gli è stato sottratto, diventando protagonista della progettualità che adesso è affidata a un commissario. Bisogna riprendere in mano la legge su Bagnoli, prendendo a esempio il modello Genova che ha funzionato e ha evitato infiltrazioni malavitose. E poi subito un’idea qualificatissima: quella sulle bonifiche. Dopo viene tutto il resto».

Parliamo dei suoi principali antagonisti, partendo da Gaetano Manfredi. La sua battuta sulla juventinità dell’ex rettore la rifarebbe?

«Era veramente un’affermazione scherzosa che forse è stata riportata in maniera troppo enfatica. Le battute le faccio e me assumo le responsabilità ma penso che Gaetano ci abbia riso su. Io prendo in giro i miei amici juventini e loro, purtroppo spesso, lo fanno con me. Ma la partita vera si gioca sui programmi, sui contenuti, sulla squadra di governo».

Ma l’alleanza Pd-M5S è riproducibile a livello locale, secondo lei?

«Sono problemi loro, non miei. Io ho un altro approccio ma la gente avrà possibilità di scegliere». Cosa pensa del ritorno in campo di Antonio Bassolino? «Sono molto contento perché il suo spirito dovrebbe essere quello di tutti i napoletani, perché è quello di chi non si arrende. Lui ha gestito questa città, ha fatto cose buone e meno buone come chiunque amministri. Ma si offre a Napoli. E da quest’ultimo punto di vista mi sento molto vicino a lui. A me piace molto la napoletanità, della quale Luciano De Crescenzo è stato un grande rappresentante. Lui parlava di uomini d’amore e uomini di libertà. Ecco, secondo me io e Bassolino siamo uomini d’amore, Manfredi, D’Angelo e la Clemente sono uomini e donna di libertà».

Alessandra Clemente viene dalla lunga gestione amministrativa con Luigi de Magistris: può essere un onere ulteriore o un vantaggio?

«Non saprei dirlo. È chiaro come sia stata un’esperienza difficile e che non ha funzionato benissimo per difficoltà oggettive che non hanno consentito di fare tante cose. Poi ognuno trae le conclusioni, io lo intercetto nei cittadini che incontro. Faccio un esempio: la Galleria Vittoria non può stare chiusa per tantissimi mesi, è una di quelle situazioni nelle quali occorre intervenire elaborando immediatamente i criteri con cui affrontare il problema. E i modi della politica sono anche nei tempi, perché una risposta tardiva crea danni. Per questo occorre elaborare modelli diversi da quelli seguiti negli ultimi trent’anni e che siano realmente efficienti».

Un’ultima cosa: lei al posto di de Magistris si sarebbe candidato in Calabria?

«Sono valutazioni personali che non mi sento assolutamente di poter giudicare. È una scelta sua, saranno poi i calabresi a decidere».

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