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06 Aprile 2023 - 09:35
NAPOLI. Definisce «grave quanto successo in Campania». E senza mezzi termini sottolinea di essere stata «tradita, non c’è stato rispetto per una storia politica e un rapporto umano». Rosetta D’Amelio, indicata come candidata unica alla segreteria regionale del Pd e poi stoppata dalla decisione di commissariare il partito dopo le vicende del tesseramento a Caserta, rompe il silenzio sulla vicenda («lo devo alle persone che mi hanno sostenuta») e senza mezzi termini spiega che «visto che non si era potuto valida il tesseramento in Terra di Lavoro, si sarebbe potuto attendere qualche giorno per fare il congresso regionale. Di fronte alla richiesta di candidatura, che non credo mi sia stata offerta per generosità ma perché io ho detto che non avevo altri obiettivi, ho ritenuto fosse un dovere morale impegnarsi visto che era stata condivisa da tutti. Compresa la mozione Schlein. Ma purtroppo ho constatato che la parola “rinnovamento” è rimasta solo sulla carta, visto che si è celebrato un congresso a Napoli dove c’era di tutto, con le correnti che invece di ridursi si sono moltiplicate. In Campania, invece, non si è potuto fare». Poi la D’Amelio rivela che «non c’è stato rispetto per la mia storia, visto che ho detto che in caso di vittoria della Schlein avrei anche messo in discussione il mio incarico. Mi è stato risposto che non c’erano problemi ma poi sono scomparsi tutti. E osservando il verbale consegnato quando si sono presentate le candidature dei delegati all’assemblea ho notato che mentre ad Avellino, Benevento e Caserta c’erano tutte le carte in regola, a Napoli erano presenti i nomi, non quelli delle mozioni Schlein e Bonaccini, ma non le sottoscrizioni. Devo pensare che su Napoli l’accordo fosse stato già fatto...». Ma un’altra cosa non è andata giù all’ex presidente del consiglio regionale della Campania: «Mi hanno venduto come deluchiana, cosa che non sono. Io rispetto Vincenzo, perché sono stata amministratrice e apprezzo chi ci mette la faccia e chi, come nel suo caso, governa una regione difficile. E tra l’altro l’ho sentito solo all’indomani delle primarie. Si è costruita una cosa ad arte per fare intendere che il governatore attraverso me volesse mettere le mani sul partito in Campania. Una cosa che ritengo gravissima per la mia lunga storia di sinistra e la mia autonomia». La D’Amelio rivolge un apprezzamento «per il comportamento del commissario Misiani: mi ha chiamato, finalmente ho visto un elemento di civiltà nei rapporti umani. La lotta dei lunghi coltelli è inutile, così non andremo lontano». E ancora: «Devo dire una cosa a Sandro Rutolo, perché con Sarracino e Teresa Armato ho parlato e poi sono scomparsi. Lui ha parlato di familismo nel Pd. Per me dev’essere un partito in cui va avanti solo chi merita e ha ricevuto consensi sui territori. Altrimenti dobbiamo dire che diventa il partito dei figli, ma anche dei fratelli e dei nipoti...». E ancora: «Ci vorrebbe un partito più serio un questa regione, in particolare a Napoli. Qui abbiamo eletto Franceschini, Camusso e Speranza che non sono campani. Se avessimo messo in campo un sindaco o una dona che sul territorio ci aveva messo la faccia qualche voto in più avremmo potuto prenderlo». Gli attacchi non significano l’addio al Pd: «Ci credo ancora ma a Roma deve cambiare musica. Ripresentare la mia candidatura? In questo momento dire immediatamente che lo escludo sarebbe sbagliato, ma ci rifletterei molto, molto...».
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