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Pnrr, a rimetterci è il Sud

Pnrr, a rimetterci è il Sud

ROMA. Sedici miliardi di progetti definanziati del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Sedici miliardi (per l’esattezza 15 miliardi e 891 milioni) che, di fatto, vengono sottratti soprattutto al Sud. Eccoli. Compaiono tutti in una tabella che «illustra le misure per le quali si propone il definanziamento dal Pnrr» nel report di Raffaele Fitto (nella foto), ministro per il Sud e il Pnrr.

IL RAPPORTO E I DUBBI ANCHE NELLA MAGGIORANZA. Si tratta del Rapporto di 154 pagine che sarà illustrato martedì in Parlamento dal ministro stesso, che in queste ore è letteralmente travolto dalle critiche che arrivano dai sindaci e dai governatori del Mezzogiorno, con in prima fila la Campania. Posto che anche nella maggioranza, e segnatamente in Forza Italia, c’è fibrillazione tra gli amministratori locali meridionali, che infatti hanno chiesto allo stesso Fitto di avere alcuni chiarimenti.

I PROGETTI DEFINANZIATI COLPISCONO IL SUD. Al centro della questione ci sono i progetti usciti dal Piano. Il capitolo più corposo riguarda la voce «efficienza energetica dei Comuni», che vale 6 miliardi in meno. Poi 3 miliardi e 300 milioni sono stati tolti dagli «investimenti per la riduzione del degrado sociale»: un capitolo in cui chiaramente è il Sud a fare la parte del leone e dunque l’area territoriale che resterà più colpita dalla rimodulazione. Due miliardi e 493 milioni riguardano poi i «Piani urbani integrati», ovvero opere di riqualificazione urbana che avrebbero dovuto ridurre le disuguaglianze. Colpisce invece un po’ tutto il territorio nazionale il miliardo e 287 milioni in meno sul capitolo «misure per la riduzione del rischio idrogeologico». Si scende poi via via più giù, fino ai 300 milioni tolti dalla «valorizzazione dei beni confiscati alle mafie» e ai 110 milioni dalla «valorizzazione del verde urbano ed extraurbano».

RISCHIO BEFFA PER IL MEZZOGIORNO. Si tratta di soldi che sono stati spostati da progetti che non sarebbero mai stati realizzati nei tempi previsti, ovvero entro giugno 2026, e che il Governo promette di finanziare con altri fondi. Ma nel Mezzogiorno gli amministratori locali temono che alla fine non se ne faccia nulla o, peggio, che vengano usate le risorse europee del Fondo di coesione, che sono soldi destinati già destinati da Bruxelles al Sud: sarebbe una beffa, tuonano in tanti. Una «doppia rapina», si spinge a dire Vincenzo De Luca.

DA SCAMPIA A SAN GIOVANNI, I CANTIERI A RISCHIO. Soprattutto, rischiano di saltare le aperture tanto attese dei primi cantieri, previste entro dicembre di quest’anno, per i piani di riqualificazione delle periferie della città di Napoli, come nel caso di Scampia (col progetto Restart) e di San Giovanni a Teduccio, ma anche i piani per lo sport e l’inclusione sociale dei comuni del vesuviano e nolano. Per questo il primo cittadino partenopeo, Gaetano Manfredi, è sul piede di guerra. Non è un caso se a Palazzo San Giacomo a preoccupare sia soprattutto il taglio che riguarda il capitolo degli stanziamenti dei Piani urbani integrati. Si tratta di risorse per i Comuni che, in molti casi, è stato assicurato troveranno altre linee di finanziamento.

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