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08 Aprile 2024 - 14:50
L’esponente di Mera 25: «Lo Stato ha il dovere di far prevalere la legalità in ogni ambito. Oltre che, naturalmente il diritto alla salute»
Il rapporto Ecomafia 2023 di Legambiente con i nuovi dati degli ultimi cinque anni di criminalità ambientale in Campania segna dei dati allarmanti: il 14,7% del totale degli eco-reati realizzati in tutta Italia è commesso in Campania, più di 23mila reati ambientali. Un tema che ha un duplice aspetto, quello legato alla criminalità e quello legato alla salute dei cittadini: parlare di ecomafia significa analizzare due facce della stessa medaglia. Paolo Della Ventura, cultore delle politiche climatiche e delle energie rinnovabili, che ha fatto della lotta alla crisi climatica la sua missione di vita e che è stato accreditato ONU all'ultima COP28, come delegato di Italian Climate Network, ha analizzato la situazione attuale alla luce dello studio dei rapporti e i documenti dei principali organismi scientifici mondiali, europei e nazionali.
In che modo lo Stato e l’Unione europea possono intervenire? Cosa non è stato ancora fatto?
«Innanzitutto, lo Stato ha il dovere di far prevalere la legalità in ogni ambito. Oltre che, naturalmente il diritto alla salute. Non a caso la salvaguardia dell'ambiente è stata recentemente inserita in Costituzione. E quando si parla di ecomafia si deve intendere una vera e propria aggressione all'ambiente e a chi lo popola. Non ha grande utilità la forma di emanare leggi, per esempio la 132/2016, che ha istituito il Sistema Nazionale per la protezione per l’ambiente, senza la sostanza dei relativi decreti attuativi. Servono solo a fare annunci, che restano tali, senza che gliene sia data l'operatività e l'applicabilità. Lo Stato dovrebbe, da una parte, fare maggiore informazione su tutte le conseguenze dannose perché, se conosci i pericoli e le conseguenze di certe attività, riesci anche a comprendere il perché vanno evitate. Dall'altra, esercitare maggiori attività e controlli, anche in collaborazione con tutti gli altri Paesi europei. E proprio a livello Ue, dovrebbe essere ormai prossima l'approvazione di una Direttiva sui crimini ambientali. Il nostro Paese dovrebbe spingere per una sua rapida approvazione».
A proposito di ambiente, Mera 25 – il partito politico che lei rappresenta e che ha aderito al progetto di Michele Santoro Pace Terra Dignità – ha delle idee ben chiare e Diem è stato il primo movimento politico a lanciare un piano denominato Green New Deal per l’Europa che di fatto non è stato ancora realizzato. Quali sono gli step che mancano?
«È così, infatti. Nel 2019, cioè due anni prima che la Commissione europea proponesse il suo Green Deal, il programma attraverso il quale l’Unione Europea intende raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica, ovvero emissioni zero, come primo continente. Obiettivo da raggiungere riducendo di almeno il 55% le emissioni entro il 2030. Il Green New Deal di Diem25 proponeva e propone una riorganizzazione della società in modo da cambiare il sistema su cui si basa: un'economia eccessivamente finanziarizzata e basata su attività legate ai combustibili fossili. E invece servono investimenti sull'economia del futuro, quella legata alle fonti rinnovabili, che creano lavoro durevole, di qualità e ben retribuito. Ma serve che la transizione - io la chiamo trasformazione della società, visti ormai i tempi così stretti dettati dalla crisi climatica- sia una transizione delle persone. Affrontando la crisi ambientale dall'alto verso il basso, l’Ue non è riuscita a mostrare alle comunità come la transizione verde va e andrà a loro vantaggio - costruendo alloggi migliori, garantendo posti di lavoro migliori, assicurando un maggiore controllo sulle loro vite. E così facendo, ha gettato i semi del proprio fallimento».
Lei ha partecipato a COP28, la ventottesima edizione della Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico, delle Nazioni Unite. Quest’anno si è tenuta a Dubai, come Osservatore accreditato nella delegazione di Italian Climate Network, quali sono stati i messaggi principali?
«La COP28 si è chiusa con un risultato storico: quello dell’allontanamento dai combustibili fossili (il "transitioning away"), con accelerazione delle azioni necessarie entro questa decade. Poiché il meccanismo di voto prevede sostanzialmente l'unanimità, questo vuol dire che tutti i Paesi del mondo hanno concordato su questo. In particolare, attraverso l'uso massiccio delle energie rinnovabili (eolico e solare soprattutto), per le quali c'è stato anche un impegno specifico a triplicarle entro il 2030, sottoscritto da 120 Paesi, delegazione europea in testa. Inoltre, è stato istituito un vero fondo per le perdite e i danni, (il meccanismo del Loss and Damage), tanto voluto dai Paesi Sud Globale del mondo, i più danneggiati e i meno responsabili di questa crisi. Anche se è ancora tutto da decidere: l’erogazione, le modalità di prestito, quali sono le agevolazioni, a chi, in che tempi».
Si parla tanto di transizione ecologica, di energie rinnovabili, in che modo questa nuova via può incidere nella vita quotidiana e nel mondo del lavoro?
«La transizione ecologica, come già accennato, è in estrema sintesi il passaggio da un tipo di economia legata essenzialmente ai combustibili fossili a una legata alle energie rinnovabili, pulite e compatibili alla vita futura sulla Terra: eolico, solare, idroelettrico, geotermico e così via. I benefici sono e saranno per tutti perché, a livello di costi dell'energia prodotta, specialmente le prime due tipologie (legate al vento e al sole) sono a prezzi via via più bassi e che ormai stanno per mettere fuori mercato le fonti fossili. Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera e quindi sulla salute (direttamente e indirettamente) hanno impatti positivi, visto che non inquinano. Per quanto riguarda il lavoro, ci saranno impatti positivi in quanto l'economia legata al fossile è destinata a sparire in un tempo veloce, quella legata alle rinnovabili è quella del futuro, ma anche del presente. In questo una parte importante dovrà avere anche il sindacato: non potrà esserci una transizione slegata dalle questioni del lavoro e di organizzazione del lavoro e reddituali».
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