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Movimento cristiano lavoratori

Luzzi: «L’occupazione deve basarsi sulle politiche attive»

Il presidente di Mcl: maggiore agilità del lavoro e retribuzioni elevate per affrontare la sfida dell’intelligenza artificiale

Luzzi: «L’occupazione deve basarsi sulle politiche attive»

Il presidente del Movimento cristiano lavoratori, Alfonso Luzzi

NAPOLI. L’occupazione, e in particolare quella giovanile, al centro dei temi della Settimana sociale del Movimento Cristiano Lavoratori. «L’occupazione deve basarsi su politiche attive che possano consentire più facilmente anche l’ingresso dei giovani, soprattutto alla luce dell’attuale evoluzione del mercato che è molto particolare». A dirlo è il presidente Alfonso Luzzi (nella foto). Che aggiunge: «Ci sono nuovi fenomeni, in primis quello dell’intelligenza artificiale, una vera e propria rivoluzione tecnologica che colpisce le fasce alte della popolazione lavorativa. E penso a settori come quelli dell’arte, della cultura ma anche quelli che vedono impegnati medici, ingegneri e architetti».

Presidente, come si può far sì che queste innovazioni diventino uno strumento di supporto ai lavoratori e non un sostitutivo, se così si può dire?

«Innanzitutto non avendo paura, visto che le società sono sempre state in grado di trovare degli antidoti. A mio avviso, una delle soluzioni può essere una maggiore agilità del lavoro che lo adegui alle richieste. E poi retribuzioni più elevate, per far sì che ci sia una maggiore attrattività verso le fasce più giovani della popolazione».

Uno degli argomenti più dibattuti, ancora di più in questo ultimo periodo, è quello relativo all’autonomia differenziata. A suo avviso può davvero rappresentare un rischio per il Mezzogiorno?

«L’attuazione della riforma ha tempi abbastanza lunghi, perché bisogna definire i livelli essenziali delle prestazioni. E questo è un cammino lungo e non facile. I timori per il Sud sono sicuramente forti ma dobbiamo anche pensare che occorrono una crescita di responsabilità della classe dirigente e una maggiore rispondenza tra quelle che sono le risorse stanziate e l’efficienza dei servizi. Confido che in questo percorso che ancora abbiamo davanti si possano accorciare le distanze che attualmente ci sono tra le diverse aree del Paese».

Il voto europeo che c’è stato poche settimane fa quali prospettive schiude per l’Italia?

«Innanzitutto dobbiamo tenere presente che l’Europa politica non è ancora un’attrazione per gli italiani, e lo dimostra anche l’elevato astensionismo. Tra l’altro, il fatto che i leader si candidino pur sapendo di non essere eletti dimostra il fatto che si vuole spostare l’attenzione sul livello nazionale, quasi a volere una conferma della propria azione. Ma c’è stato un fenomeno di particolare interesse che vorrei far rilevare…»

Quale in particolare?

«Con il voto si è creato quello che io chiamo un maggioritario “naturale”, con due aree culturalmente ben definite: quelle di centrodestra e centrosinistra. E questo nonostante il fatto che si sia votato con un sistema proporzionale. Una stabilità che confligge con quello che sta avvenendo in Francia e in Germania. Quello che è accaduto in Italia è anche merito delle donne, in particolare delle leader dei due partiti principali, Fratelli d’Italia e Pd, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, che hanno dato vita a una campagna elettorale pugnace ma piena di contenuti e hanno ben saputo coalizzare i consensi intorno alle loro forze politiche mentre le altre hanno avuto una caratterizzazione più territoriale…».

Come valuta il quadro complessivo del Vecchio Continente?

«In maniera meno positiva, visto che comandano quelli che hanno come obiettivo principale la difesa dei loro interessi nazionali e vogliono avere un peso dominante. Questo rischia di escludere dalle scelte europee un Paese importante come l’Italia, con una leader eletta democraticamente. Con la conseguenze di un’estremizzazione dell’Europa da parte dell’elettorato».

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