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La legge Calderoli
28 Settembre 2024 - 09:55
Il presidente del consiglio regionale della Campania, Gennaro Oliviero
Parte il conto alla rovescia. La battaglia sulla riforma dell’autonomia differenziata continua davanti alla Corte di Cassazione. Qui ieri mattina il presidente del Consiglio regionale della Campania, Gennaro Oliviero (nella foto), che è capofila, ha depositato le richieste di abrogazione della legge Calderoli votate dall’assemblea, seguito dagli organi consiliari delle altre Regioni governate dal centrosinistra: Emilia-Romagna, Sardegna, Toscana e Puglia. Si tratta di una mossa che segue quella delle firme per il referendum già depositate.
Due i quesiti votati dai rappresentanti consiliari: con il primo, come quello indicato nella raccolta di firme promossa dai comitati spontanei, si chiede l’abrogazione totale della riforma; con il secondo si richiede un referendum abrogativo di alcuni commi degli articoli 1, 2, 3 e 4 che riguardano o hanno attinenza con materie o ambiti di materie riferite ai Livelli essenziali delle prestazioni. Sono così due le strade possibili per arrivare a un referendum abrogativo. Due strade per un unico obiettivo: colpire al cuore la legge fortemente voluta dalla Lega.
«Siamo sicuri che la Cassazione accetterà le nostre richieste, andremo rapidamente al voto referendario per togliere di mezzo questa legge iniqua contro il Mezzogiorno», spiega Gennaro Oliviero, dopo aver depositato alla Suprema Corte i due quesiti referendari che puntano all’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata. Sulla questione, ovviamente, oltre al referendum pende anche il giudizio della Corte Costituzionale, chiamata ad esprimersi dalla stessa Campania (oltre che dalle altre Regioni guidate dal centrosinistra tranne l’Emilia Romagna). Proprio la Consulta ha anticipato a novembre il pronunciamento sui ricorsi diretti, giudizio che potrebbe, di fatto, anticipare il referendum e la sua ammissibilità: «Speriamo bene», commenta Oliviero.
Con il presidente del Consiglio campano, davanti alla Cassazione ci sono anche i presidenti degli stessi organismi delle altre Regioni che hanno proposto i quesiti: per il presidente del Consiglio regionale della Sardegna, Piero Comandini, «qualunque strada porti al risultato finale di creare una pietra tombale su questa legge va benissimo».
Sulla stessa lunghezza d’onda la consigliera pugliese Grazia Di Bari: «Siamo convinti che l’Italia attraverso la Costituzione abbia garantito oltre 70 anni di unità e gli stessi diritti per tutti i cittadini al di là loro origine, del luogo di nascita, del luogo di residenza, del luogo in cui lavorano. Questa è una battaglia di civiltà, di democrazia, di unità».
Dal lato opposto della barricata si schiera ovviamente Luca Zaia. Il governatore veneto, tra i principali sostenitori dell’autonomia differenziata, sottolinea che in realtà non esiste ancora un referendum sulla riforma. «In queste ore - spiega Zaia - si fa un gran parlare del referendum sull’autonomia e del milione 300 mila firma raccolte. Vorrei dire che non esiste un referendum, esiste una richiesta supportata da 1,3 milioni di firme, in grande maggioranza raccolte on line da parte di un gruppo di proponenti di un possibile referendum che dovrà essere vagliato dalla Corte Costituzionale. È quindi doveroso aspettare e rispettare il suo verdetto». «Peraltro - ha poi aggiunto - l’esaltazione di questa proposta di referendum cozza contro 2 milioni 328mila voti dei veneti che sono andati a votare ai seggi il 22 ottobre 2017 per dire che volevano l’autonomia».
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