Tutte le novità
L'intervista
16 Gennaio 2025 - 20:24
Geppino Demitry e Bettino Craxi
Una vita nel Partito socialista, una gavetta politica cominciata sugli scanni del Consiglio comunale di Somma Vesuviana; poi, la lunga maratona nelle Istituzioni che “dal basso” lo ha portato ad essere più volte Sottosegretario in Dicasteri di peso.
Una leadership conquistata sul campo, poi “azzoppata” dalla furia delle manette che travolse e uccise la Prima Repubblica, con l’inchiesta oggi rinnegata anche da alcuni dei suoi protagonisti. Per lui, il calvario della carcerazione e di tormentati percorsi giudiziari, al termine dei quali -finalmente- la verità processuale esclude accuse infamanti.
Giuseppe Demitry, Geppino, per i tanti amici che lo hanno conosciuto e ancora gli sono vicini, accende i riflettori su un anniversario importante: i 25 anni trascorsi dalla morte in esilio di Bettino Craxi. Sono io a chiedergli un confronto padre-figlio forse inusuale, nella forma di un’intervista, utile a “scavare” dentro di lui frammenti inediti di ricordi della sua vita con Bettino e al suo fianco.
Sul 25ennale della scomparsa di Craxi, già spuntano molti libri: quelli della figlia Stefania e dello storico Andrea Spiri, del giornalista e scrittore Aldo Cazzullo, per citarne alcuni. Demitry può dire la sua, al riguardo, aggiungere qualcosa, lui che di Bettino è stato leale sodale politico ma, soprattutto, amico caro e fidato.
Negli anni condivisi all’Hotel Raphael, comune residenza romana, Demitry ha guardato Craxi da un osservatorio privilegiato, quasi esclusivo: non solo il leader e lo statista, ma anche la sua umanità più nascosta. Lo ha accompagnato per lunghi tratti di strada, poi dolorosamente fino all’esilio e fino ad oltre la sua morte.
Eppure, paradossalmente, è proprio Craxi a bloccare inizialmente la tua ascesa parlamentare…
Alle politiche dell’83, eri assessore al Comune di Napoli quando ti chiedono di candidarti alla Camera. Stretto collaboratore di Silvio Pavia, assessore alla Sanità della Regione Campania, caldoriano, devi misurarti in un collegio difficile, quello di Napoli e Caserta. Primo dei non eletti, eri convinto (come tutti) che Craxi -candidato nel tuo stesso Collegio- avrebbe optato per Milano e favorito così la tua elezione in Parlamento. Invece, che succede?
Succede che Bettino opta per Napoli ed io resto al palo. Ma sono un uomo di Partito, preparato a capirne le dinamiche e accettarle. La “promessa” è che l’anno successivo sarei entrato in Parlamento e così è: nel 1984 subentro a Tonino Caldoro, che lascia la Camera, e divento deputato. Ricordo bene l’emozione.
Da lì in poi, l’Hotel Raphael diventa la tua residenza romana.
Frequentavo già prima il Raphael, dove mi incontravo con Caldoro assieme a mio fratello Enrico. Bettino aveva il suo alloggio all’ultimo piano, non una suite ma una residenza modesta con tanti libri e carte sparse sul pavimento. Ero adolescente, quando venivo a trovarti. Ricordo che quando Craxi scendeva dal suo appartamento si fermava tutto intorno a lui. La sua aria era solitamente burbera, decisa e incuteva anche timore. In realtà, la sua era timidezza. La era molto schietto, diretto: se qualcosa non gli andava bene non lo mandava a dire, però era una guida forte e illuminata per tutti. Era un decisionista, ma con un grande cuore e forti sentimenti di umanità che pure cercava di nascondere. Forse, per evitare che qualcuno li scambiasse per debolezza e magari tentasse di approfittarne.
Subito, tra voi, si saldò un’amicizia.
Si, al di la’ dello stesso rapporto politico. Certo, avevo la sua stima per il mio grande lavoro sul territorio, in un Collegio elettorale importante per il Partito. Allora si votava con il sistema proporzionale, c’erano le preferenze. La credibilità politica e la forte vicinanza con elettori e compagni erano determinanti ed erano il mio punto di forza. Il rapporto con Bettino divenne via via sempre più amicale. Dopo cena mi capitava spesso di accompagnarlo per una passeggiata nella vicina Piazza Navona, tra i venditori di chincaglierie e quadri di dubbio pregio che la affollavano. Lui spesso si fermava, mostrando un interesse quasi sproporzionato per quella mercanzia scadente, e acquistava qualcosa pur di dare da campare a qualcuno. Era generoso verso il prossimo e gli piaceva parlare con tutti. Era curioso, molto. Gli piaceva stabilire un rapporto con le gente, evadere dai suoi abituali incontri di Palazzo. A chi era occasionalmente a Roma, chiedeva notizie sulla propria città, se fosse o meno bene amministrata, cosa si sarebbe potuto fare di più e meglio. Era un suo modo per sentire “il polso” degli elettori.
Si racconta che Craxi fosse vorace a tavola. E’ vero?
Era disordinato e mangiava con la frenesia tipica di chi lavora e pensa sempre. Metteva di continuo le mani nei piatti dei suoi commensali, era più forte di lui. Naturalmente, nessuno batteva ciglio. Gli piacevano molto le patatine fritte. Amava la cucina semplice e tradizionale. Gli piacevano molto le patatine fritte. Enrico spesso gli portava delle mozzarelle di qualità davvero straordinaria. In quegli anni a Roma non erano molto diffuse. Talvolta, quando era stagione, anche il tonno fresco pescato nel Golfo di Napoli. Capitava che si portasse tutto su in camera. “Se li lascio in cucina, cuochi e camerieri spolverano tutto”, diceva con una risata. Ristoranti pochi, mi pare di capire Fiammetta, un’antica trattoria toscana vicino al Raphael, e pochi altri. La sera mangiava quasi sempre in albergo. Quando era di cattivo umore, evitava di incontrare persone e si ritirava nel piccolo appartamento all’ultimo piano, dove qualche volta mi invitava a salire per cenare assieme.
Hai raccontato di un alloggio sempre in disordine e con tanti libri a terra…
Era una stanza un po' più grande delle altre dell’albergo, spartana, disordinata ovviamente, ma con una vista sulla città eccezionale. C’era un tavolo enorme pieno di carte, computer, telefoni… Il centralinista del Raphael, Marcello, che poi lo seguì anche nell’esilio di Hammamet, filtrava le telefonate. Di Marcello ho un bel ricordo, mi divertivo a passare del tempo con lui. In quel periodo, sarà stato il 1986, stava imparando il giapponese: era curioso del mondo, simpaticissimo, molto abile nel “rimbalzare” quelli con cui il Presidente non voleva parlare. Inventava cose straordinarie per depistarli. C’era sempre disordine in quel suo alloggio, ma anche questo aveva una sua logica “nascosta” e Bettino ritrovava sempre quanto gli serviva. Oltre al tavolo, c’era un divano dove talvolta si addormentava con indosso un poncho stile garibaldino, molto particolare. Di fianco, la camera da letto. Dormiva poco, ma non rinunciava mai ad un breve sonnellino pomeridiano. Lavorava sempre, chino sulle sue carte!
Amava molto la musica, vero?
Scoprii per caso che gli piacevano molto le canzoni napoletane, le cantava spesso e capitava che il figlio Bobo lo accompagnasse con la chitarra.
Però, tu eri un cantante più da night, un po’ lontano da quel genere…
Craxi lo sapeva bene, conosceva i miei trascorsi “canori” nei night. La scoperta della sua passione per le nostre melodie mi indusse a regalargli l’enciclopedia della Canzone napoletana, un’opera monumentale del maestro Roberto Murolo. Affidai quel dono a Nicola Mansi, suo autista e fidato collaboratore. Nicola restò perplesso: “Geppì, hai preso ‘sta cosa, ma senza il giradischi come se lo sente Murolo”. E allora…accattai pure ‘o giradischi.
Ci sono anche eventi che legano Craxi al nostro territorio vesuviano. Fu indimenticabile la visita di Craxi, allora Presidente del Consiglio, a Somma…
Era il 1987, anno di elezioni politiche, e portare Bettino in quelle zone fu un’impresa eccezionale che tanti concittadini ancora ricordano. Bettino aveva promesso che sarebbe venuto al comizio finale della mia campagna elettorale, che chiudevo sempre a Somma Vesuviana. Nel suo discorso, volle sottolineare che dopo lo “sgarbo” dell’83 non avrebbe potuto “non passare da Geppino”. Parole che scatenarono la malcelata gelosia di mio antagonista Partito. Come si dice, “rosicarono” per molto tempo. Il palco sembrava quello di un Festival: cantanti di fama, migliaia di persone in platea curiose di vedere se sarebbe davvero arrivato Craxi. Erano i primi di Giugno, quasi a ridosso del voto. Eravamo in auto, per il tour elettorale. Durante il viaggio verso Somma, chiesi a Bettino di considerare l’idea di puntare alla Presidenza della Repubblica. Ero convinto che ci fossero buone ragioni per ambire a quel traguardo. Mi mandò a quel paese sorridendo, per schernirsi: “Sono troppo giovane per quello”, disse… Una decisione che forse avrebbe potuto cambiare tutto lo scenario futuro! Non fu così, purtroppo. Il nostro ragionamento di interruppe quando arrivammo a Santa Maria del Pozzo, dove fummo sommersi da un imponente bagno di folla. I socialisti vesuviani vennero in massa e fu una serata storica per il nostro territorio e per la nostra gente, non solo i socialisti.
Fu una grande emozione collettiva e il prodomo di un successo elettorale nemmeno immaginato.
Si, arrivò una vera valanga di voti per tutto il Partito in Campania, oltre ogni aspettativa. In quegli anni c’era un modo completamente altro di fare e di vivere la politica. Adesso vota meno della metà degli aventi diritto, ma allora, gli elettori li conoscevi tutti e il rapporto andava ben oltre il momento elettorale. Per noi, la Campagna elettorale era una festa, nonostante la fatica e i tanti chilometri da macinare. Il Collegio Napoli-Caserta contava centinaia d Comuni dove andare, ascoltare, parlare. Il voto esprimeva la sintesi di tutto il lavoro fatto negli anni precedenti, dei rapporti coltivati, e personalmente.
Oggi solo pochi elettori hanno mai conosciuto o nemmeno visto il loro deputato o senatore. Non sanno chi è, ne’ cosa farà.
Vero, oggi i parlamentari sono fantasmi per i loro elettori. Ma torniamo a Giugno dell’87: il Psi guadagna consensi importanti, l’Italia cresce. Nel comune sentire del Paese rinasce l’orgoglio nazionale e Craxi ne fa un cavallo di battaglia… Bettino era un garibaldino vero, studioso del Risorgimento, di Storia e non solo quella socialista. Era sempre alla ricerca di manoscritti e documenti d’epoca ed io cercavo di dargli una mano. Con il presidente Spadolini, altro appassionato di storia e cimeli garibaldini, c’era una bella lotta sul tema, una contesa scherzosa ma molto impegnata… Bettino era anche incuriosito dalla figura di Mussolini. Forattini spesso lo dipingeva con gli stivali, ma Craxi non aveva certo i tratti del Duce e tanto meno era a lui in qualunque modo ispirato. Di quella storia e di Mussolini aveva manoscritti che studiava con interesse, un interesse puramente storiografico. Non era ammirazione, ma legittima curiosità verso un personaggio che ha segnato, sia pure dolorosamente, un’epoca.
Arriviamo ai primi anni 90, Tangentopoli è alle porte.
Passati i primi momenti di quell’offensiva giudiziaria, Bettino si rende conto che il bersaglio vero era la politica più che lui. Craxi era l’anello forte della catena, il più importante da rompere, ma la posta era il ribaltamento della politica così come era stata fino ad allora. Era molto dispiaciuto per il fatto che i compagni di partito, anche tra i suoi più stretti collaboratori, non l’avessero capito. Molti dirigenti del Psi pensavano che l’eliminazione di Bettino dalla scena politica sarebbe stata la loro salvezza. Per questo qualcuno si inginocchiò alla magistratura, si schierò con quella finta rivoluzione, pensando così di essere risparmiati. Vaneggiavano di restituire “l’onore” ai socialisti, ma non erano Sepolcri imbiancati, così come non lo erano nemmeno gli altri partiti di governo e non lo era certo l’ex Pci.
Poi arrivarono le bombe e gli attentati mortali a Falcone e Borsellino.
Bettino mi diceva spesso che quelle erano bombe di Stato e cercava in ogni modo di scoprire cosa effettivamente si nascondesse dietro quegli atti criminali. Con Capaci e Palermo, poi, tutto precipita. E parte l’assedio a Craxi e al Psi. Bettino attivò ogni canale possibile per reagire a quella terribile offensiva giudiziaria e, abbiamo visto, anche criminale. Aveva delle intuizioni al riguardo ma era anche molto deluso per come stavano andando le cose, soprattutto per la totale incapacità reattiva della politica a cominciare dai socialisti. La sua testimonianza al processo Enimont, quando venne interrogato da di Di Pietro, resta nella Storia di quegli Anni: lo affrontò senza nessun cedimento e a testa alta, come nel suo carattere. Mi disse: “Vado a fare lo show!” Non nel senso di mentire, ma perché si sentiva trascinato e reso suo malgrado protagonista di quella che considerava una “commedia infame”. Era un attaccante nato, incapace di subire in silenzio, e come tale si comportò. In quell’interrogatorio diede risposte politiche forti e per certi versi anticipo’ quell’altro storico discorso sul finanziamento ai partiti, alla Camera dei deputati: “Se qualcuno pensa di potermi smentire e di dichiararsi innocente rispetto ad un sistema illecito al quale hanno partecipato tutti, é uno spergiuro.” Nessuno si alzò per smentirlo.
In quei giorni la vostra amicizia si era ulteriormente rinsaldata.
Davvero. Ci confrontavamo di continuo sugli eventi che incalzavano a ritmo frenetico. Come sempre, da amico dicevo a cuore aperto quello che pensavo. Spesso gli raccomandavo di diffidare degli “yes man”, dei finti adulatori portatori di guai. Alla fine, Craxi prese la via dell’esilio per evitare un arresto oltraggioso. Soprattutto, lui era convinto che in carcere avrebbero trovato il modo di assassinarlo.
Ricordo le tue telefonate con lui, ormai i Tunisia, i tanti viaggi ad Hammamet per incontrarlo e portargli conforto…
Quando ci parlavamo al telefono mi diceva sempre di combattere, non era mai rassegnato. Da Hammamet scatenò la “guerra dei fax”, dichiarazioni e documenti diffusi a mezzo stampa, a raffica. Giornali e agenzie non potevano ignorarli ed il loro clamore mediatico era sempre forte. Ma, al di la’ di questa pubblica reazione, visto da vicino Craxi appariva provato, meno aggressivo. In alcuni momenti, mentre parlavamo, eravamo assaliti anche dalla commozione e dal dolore per quanto accadeva intorno a noi. Nella sua casa di Hammamet, che non era una villa lussuosa ma una modesta abitazione monofamiliare tipica del posto, aveva un tavolo enorme, come quello che aveva al Raphael. Era il Quartier generale da dove partiva la Resistenza contro chi voleva travolgerlo e infamarlo..
Nasce la cosiddetta Seconda Repubblica, Berlusconi da’ vita al nuovo Centro destra e ne diventa il leader.
All’inizio Bettino promise che avrebbe tentato di salvaguardare alcuni di noi e di candidare alcuni, me compreso, come socialisti in Forza Italia. Poi fummo quasi tutti travolti dalla inchieste e non rimaneva altro che difenderci come possibile. Qualcuno è uscito con le ossa rotte, qualcuno meno; io ho combattuto fino allo stremo e ancora, ormai a 80 anni, non ho completato le cause di risarcimento danni che ho promosso.
Cosa pensava Craxi del Cavaliere?
Diceva che era un gran bugiardo ma anche un lavoratore instancabile e che avrebbe imparato a fare politica. Previsione azzeccata. Quando, nel Gennaio 2000, sapemmo della scomparsa di Craxi, siamo rimasti muti e attoniti per lunghissimi minuti. Fu una mazzata terribile! La fine di un’epoca, di un mondo. Ci organizzammo in fretta per non mancare ai suoi funerali, testimoniargli ancora una volta la nostra vicinanza.
Ti capita spesso di ricordarlo?
Sempre. Sono un Credente e prego per lui ogni notte, prima di addormentarmi. Mi fa piacere pensare di portegli ancora parlare, scambiare opinioni, immaginare cosa mi direbbe. Vicino al mio letto, sul comodino, conservo la sua foto a testimonianza dell’amicizia e del bene che c’é stato fra noi.
E’ la foto con dedica che ti mandò da Hammamet.
Già! E ora? Ora io posso solo essere custode dei Valori per i quali Craxi ha speso la sua vita fino a perderla. Sono un testimone. Ma spetta ai più giovani coltivare quelle sue visioni, farle vivere, costruire su di esse un futuro sociale e umano dignitoso e inclusivo. Sapendo che vale la pena impegnarsi per questo e che anche quando tutto sembra perduto c’è sempre una strada, un’opportunità che può cambiare le cose.
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo