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lettera dal palazzo

Referendum: o si riforma o è molto meglio abolirlo

Dovrebbe essere più che sufficiente il pronunciamento del Parlamento

Urne aperte, si vota oggi e domani in attesa del quorum

Merita qualche riflessione il fatto che ancora una volta i referendum siano andati a vuoto per la mancanza del numero legale dei partecipanti al voto. La prima ragione di questo fallimento è nella qualità dei quesiti sottoposti al giudizio dei cittadini. In effetti l’istituto del referendum avrebbe un senso su temi morali come il divorzio e l’aborto o istituzionali come la riforma della Costituzione, a suo tempo proposta da Matteo Renzi. Per altri temi, come quelli di cui ai referendum di domenica e lunedì scorsi, dovrebbe essere più che sufficiente il pronunciamento del Parlamento.

Che senso ha, infatti, definire l’Italia una Repubblica parlamentare se poi al Parlamento vengono sottratte materie che sembrerebbero essere di sua assoluta competenza? In queste condizioni è addirittura lecito convenire con quanti sostengono l’opportunità di abolire del tutto l’istituto del referendum nel nostro sistema istituzionale. In realtà l’istituto del referendum deve essere considerato antitetico allo spirito della mostra costituzione che si ispira al principio della delega mentre il referendum è uno strumento di democrazia diretta.

Si sperava che coinvolgendo la pubblica opinione, la si potesse aiutare a superare il fenomeno dell’astensionismo che è profondamente diffuso, al punto che anche nelle elezioni politiche difficilmente la percentuale dei votanti riesce a superare il fatidico cinquanta per cento. In queste condizioni insistere nel proporre ai cittadini test referendari di improbabile contenuto, non può che essere profondamente dannoso. Tra le tante riforme che vengono proposte, quella del referendum sembrerebbe tra le più utili. Se però una riforma di questo tipo non si rivelasse possibile, allora effettivamente, sarebbe preferibile abolire l’istituto referendario. I fatti ci sembra indichino questo percorso.

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