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l'analisi

La politica centrista: geometrie elettorali e ritorni di passione

Chiamare in campo i “civici” è chiedere al pubblico di mettersi al posto dei giocatori

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“La partita si gioca al centro!”. Questo quanto dichiarato dall’On. Zinzi, esponente della Lega, in una intervista di qualche giorno fa sulle prossime elezioni regionali. La frase non è nuova, ma, purtroppo, essa non viene mai interpretata come meriterebbe. La Politica “centrista” nasce come definizione convenzionale per indicare, nel Parlamento francese, quelle forze politiche che per la loro capacità di moderazione e di mediazione furono poste nel settore mediano dell’emiciclo. Da allora, anche in Italia, la espressione ha avuto la sua diffusione, indicando, per quasi tutto il secolo scorso, quei partiti laici di ispirazione cattolica e di matrice popolare, capaci, mutuando una formula geometrica, di rappresentare un punto equidistante o equivicino a tutti gli altri punti.

Il Centro di un tempo era realmente baricentrico rispetto all’agire politico, non solo per i numeri ma anche per la forza diffusiva e quasi contagiosa dei valori fondamentali di cui era espressione. E, invece, oggi, in un sistema basato su un meccanismo elettorale a squadre contrapposte, dove si vince ai punti, nella totale indifferenza dei valori e delle persone, il significato dell’essere di centro si è smarrito. Esso è diventato un luogo virtuale nel quale si collocano le esperienze più disparate. Per ritornare alla metafora calcistica, da quando il Centro ha perso la sua forza identitaria e si è accontentato di avere ruoli gregari, sopravvivendo in una dimensione liquida, al centro si è messa la palla, ma non i giocatori. Il centrocampista ha un ruolo fondamentale, sia in fase difensiva che in attacco, e imprime un indirizzo di gioco.

Non ci si improvvisa. Chiamare in campo i cosiddetti “civici” è un po’ come chiedere al pubblico di mettersi al posto dei giocatori. Non riempiranno mai lo spazio al centro. Ho il massimo rispetto delle numerose professionalità della società civile inserite nella rosa dei papabili per il centro destra, tutte eccellenze impegnate fruttuosamente nei ruoli che rivestono, ma credo che per ripristinare una politica all’altezza dei bisogni, sia necessario rilanciare la politica stessa e ristabilire la sua dignità. Cum spe sine metu. Non bisogna aver paura, ma avere il coraggio di coltivare la speranza di avviare una stagione dei doveri che coinvolga ogni cittadino, ogni amministratore, ogni uomo e donna di cultura ed ogni articolazione della società, recuperando passione e generosità civile. Ma ognuno al proprio posto e ogni cosa con il proprio nome. Siamo tutti civici e civili prima di indossare la maglia.

Quindi il discrimine sarebbe l’esperienza e la militanza?! Negare che questi siano elementi qualificanti, significa ammettere che nei partiti e nelle loro classi dirigenti qualcosa non va. Ed è inoltre un modo neanche troppo implicito di aderire al qualunquistico pensiero che i rappresentati siano migliori dei rappresentanti. Detto questo il centro della politica oggi, nonostante i molteplici annunci, esprime idee poche e confuse. Si parte però da una certezza: la esistenza di diverse forme di vita del pensiero popolare, che insieme potrebbero avere un vero protagonismo, se solamente si avesse l’umiltà di ricominciare dal basso, ma non da zero, e l’entusiasmo di vivere una passione. Guardare a questo mondo è la via politica per “vincere al centro”.

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