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Regionali, da Giorgio Gaber a Mario Merola è un attimo

È in gioco il futuro della Campania, quello di una terra che bisogna far ripartire da zero con una politica onesta e dignitosa

Regionali, da Giorgio Gaber a Mario Merola è un attimo

Elly Schlein e Giuseppe Conte

Era il 1996 quando Giorgio Gaber cantava ne “Il conformista”: “Io sono un uomo nuovo, talmente nuovo che si vede a prima vista”. Forse quando il nutrito gruppo di intellettuali di sinistra campani ha scritto l’appello ad Elly Schlein e Giuseppe Conte per invitarli a non fare nessun accordo col “nemico del rinnovamento” Vincenzo De Luca speravano che i due conoscessero quella canzone che mette a nudo la straordinaria ipocrisia di chi vuole “rimbalzare sempre dalla parte giusta” e poco importa se nega e contraddice tutto sé stesso, sostenendo ogni cosa e il suo contrario, perché l’unica cosa che conta è il suo interesse. Ma, si sa, questi sono i tempi delle canzoncine scritte con l’IA, che ti tira fuori una rima ma non conosce la sferzante ironia della verità.

E, così, Elly e Giuseppi - che forse non hanno mai ascoltato le parole di Gaber - hanno scelto di comportarsi esattamente come lui cantava. A questi “artefici della politica nuova” poco importa che il “cacicco” sia “uno dei peggiori amministratori che la regione Campania ha avuto nei suoi 55 anni di vita”, come si sono inutilmente affannati a scrivere quegli intellettuali “nostrani”. Quel che conta è la “poltrona” di presidente con ciò che ne consegue in termini di potere e affari, quel che conta sono i voti dei deluchiani alla Schlein per "rieleggerla" alla segreteria nazionale, e così via. Fin qui la mia potrebbe sembrare un’impietosa analisi di fatti inoppugnabili ma, in realtà, la questione che mi incuriosisce davvero è un’altra. La sinistra, da molto tempo prima che io portassi - ahimè parecchi lustri fa - i calzoni corti, ha sempre rivendicato la sua presunta superiorità affermando la sacralità del valore della cultura - intesa nel senso più ampio del termine - su ogni scelta che la politica è chiamata ad effettuare.

Proprio nell’affermazione di una sorta di supremazia culturale, in particolar modo dopo brucianti sconfitte elettorali, la sinistra ha rivendicato che il dovere di una forza politica è, prima di tutto, di rispondere alla coscienza dei propri principi. Non è certo la prima volta che accade il contrario, ma il patto del “pappaFico” segna probabilmente una vetta inarrivabile nella negazione di tutto ciò, e sfido chiunque a dimostrare il contrario. E allora - mi chiedo - cosa faranno ora quei rappresentanti dell’intellighenzia da sempre portati in processione, esibiti sui giornali, contrapposti alla “rozzezza delle destre”, invitati ad esporsi e a dare lustro ai vari “sol dell’avvenire” con le loro menti raffinate, il proprio bagaglio culturale e con la loro rete di relazioni? Come reagiranno di fronte alle scelte da basso impero, di fronte al rinnovarsi del più becero “do ut des”, funzionale unicamente a perpetrare in Campania, con metodi da clan, la spartizione “ovunque“ del potere? Si uniranno al “pensiero dominante” per danzare alla maniera di Gaber? Argomenteranno che il “fine giustifica il mezzo”, per esempio sostenendo che l’espressione “cambiamento nella continuità” è solo una via un po’ contorta per contrastare la stagione di oscurantismo che “le destre” causerebbero alla Campania?

Ho troppo rispetto e stima per molti di loro per pensare che possano ignorare la voce della propria coscienza fino a questo punto. Voglio continuare a credere che un intellettuale vero non rinuncia mai alla libertà di pensiero e alla propria dignità. Senza arrivare a dire che alcuni inevitabilmente sospetterebbero che, dietro il silenzio e l’accondiscendenza, potrebbe celarsi la partecipazione al banchetto del potere. Il Nostro Posto ha bisogno di tutte le energie positive per rinascere e non può permettersi di rinunciare all’azione di quella classe dirigente sana, quantomeno all’azione di quella parte che ha scelto di riconoscersi nella sinistra e che allo stesso tempo è conscia (cito ancora l’appello degli intellettuali) degli “evidentissimi fallimenti spacciati per grandi risultati” dall’Amministrazione targata De Luca e Pd. Ora, più che mai, credo sia necessario guardare ai fatti, e cominciare a prendere atto - per chi ancora non lo ha fatto - che il “campo largo” si è tramutato solo in un “piatto largo” scodellato al centro di un tavolo a cui siedono commensali famelici.

È in gioco il futuro della Campania, quello di una terra che bisogna far ripartire da zero con un politica onesta e dignitosa che avvii finalmente un percorso di governo fatto di sanità - trasformata negli ultimi 10 anni da diritto in elemosina, sovente clientelare - di risanamento dell’ambiente, di trasporti efficienti, di welfare garantito prima di tutto alle fasce deboli e fragili. Insomma, la Campania ha bisogno di una politica che sappia (e voglia) prima di tutto garantire servizi ai cittadini, i veri assenti della politica deluchiana. Per fare ciò, chiedo a chi è, come noi, consapevole dello sfascio, dei fallimenti e del disastro del “cacicco” e dei suoi, di sedersi con noi, per scrivere insieme il programma per governare la Campania che verrà. Naturalmente, senza rinnegare né rinunciare a propri ideali e valori, senza cambiare la propria parte di campo, semplicemente scegliendo di agire e fare il bene dei campani. Noi siamo pronti e disponibili al dialogo e a confrontarci su tutti i temi. Adesso spetta a loro decidere se continuare o meno a stare dalla parte dei compromessi, degli interessi e del potere da difendere a ogni costo. L’alternativa è una sola, passare da Gaber a Mario Merola e cantare con lui che ’e figli so’ piezz’ ’e core.

*Capogruppo Lega
Consiglio regionale della Campania

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