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l'analisi

La politica ha bisogno urgente di buoni esempi

Non lasciamo distrarci dalle elezioni e pensiamo alle prossime generazioni

La politica ha bisogno urgente di buoni esempi

Papa Leone XIV e Sergio Mattarella

La questione del “Centro” in politica da anni è ridotta a un poco virtuoso tentativo di abboccamento degli elettori, attraverso la creazione di alleanze posticce. La varietà di sigle che richiamano l’area culturale cattolica, sia conservatrice che progressista, avrebbe il dovere di tutelare la dignità del proprio patrimonio e di crederci, altrimenti difficilmente lo faranno gli altri. Il Santo Padre ci ha ricordato che “Non c’è da una parte l’uomo politico e dall’altro il Cristiano.

Il cristianesimo non si può ridurre a una semplice devozione privata…” e, rivolto alla delegazione di personalità politiche della Diocesi di Creteil, ha precisato “siete dunque chiamati a rafforzarvi nella fede, ad approfondire la dottrina - in particola la dottrina sociale -, che Gesù ha insegnato al mondo, e a metterla in pratica nell’esercizio delle vostre funzioni e nella stesura delle leggi”. La laicità dell’impegno politico non può cancellare la cultura della fede di cui è ricco il cristiano.

Perseguire il bene di ogni essere umano, lottare per la pace, impegnarsi nella vita civile sono doveri imprescindibili. Il tema apre a una più generale riflessione. So bene che non è facile ai giorni nostri fare proseliti raccontando che la vita è impegno, che i diritti esistono perché esistono i doveri, che il bene comune esige “che si renda a ciascuno il suo”. Per cominciare, la nostra politica dovrebbe dare il buon esempio. La deriva verso il disimpegno, materiale oltre che morale, nasce dal sentimento di nullismo che hanno comunicato, negli ultimi 15 anni, politiche inefficienti e rappresentanti privi di autorevolezza. Il timore del futuro che ne è scaturito ha portato naturalmente a preferire alla solidarietà l’egoismo.

L’isolazionismo o il fenomeno degli hikikomori sono frutto di un disagio profondo a cui nessuna promessa “assistenziale” è riuscita a dare conforto. La distribuzione di “danari” invece che la offerta di un lavoro in realtà disumanizza, perché intimamente offende e di conseguenza provoca reazioni che sfociano in quegli atti di violenza inattesi e inspiegabili.

Le politiche di “classe” e le azioni alla Robin Hood dividono. Oggi come ieri, l’interclassismo, che caratterizzò la crescita esponenziale della Democrazia Cristiana all’indomani della guerra, trova ragione nell’anelito a unire i frammenti di un popolo dilaniato. Come insegna San Tommaso “Siccome la parte e il tutto fanno in certo modo una sola cosa, così ciò che è del tutto è in qualche maniera della parte (S. Th. II-II, q. 61, a. 1 ad 2). Perciò tra i molti e gravi doveri dei governanti solleciti del bene pubblico, primeggia quello di provvedere ugualmente ad ogni ordine di cittadini, osservando con inviolabile imparzialità la giustizia cosiddetta distributiva”.

Questo è un principio guida per tutti i cristiani. Affannarsi a tirare il centro ora a destra e ora a sinistra porta unicamente a indebolire la forza d’impatto delle cose che ci uniscono. Il realismo politico mi spinge a dire che, dato il sistema maggioritario, la distinzione tra conservatori e progressisti giustifica la collocazione da un lato o dall’altro, ma non autorizza ad andamenti ondivaghi di convenienza. E, fino a quando non saremo in grado di ricompattarci e divenire forza autonoma, a nessuno è permesso di rivendicare l’esclusiva del centro. Mentre elaboriamo, auspicabilmente, un processo di sintesi abbiamo, tutti noi cattolici, il dovere della coerenza ai valori di cui ci facciamo paladini, a prescindere dalla parte del campo in cui ambientiamo il nostro impegno.

Il primo ostacolo che dobbiamo contribuire a superare è la paura del futuro e la prima fortificazione da ricostruire è la fiducia. I mattoni sono competenza, esperienza e visione; la calce i valori di onestà, responsabilità e rispetto. Quindi senza protagonismi ma con spirito di carità e di verità non lasciamo distrarci dalle elezioni e pensiamo alle prossime generazioni. Non avremo così sprecato il nostro tempo, ma avremo aperto la strada a un serio confronto sulla prospettiva futura di dar vita a un soggetto di centro plurale.

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