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l'analisi
28 Settembre 2025 - 10:33
Matteo Piantedosi
Tra le tante severe definizioni, appioppate alla politica, nel corso dei secoli, ce n’è una, molto forte, risalente addirittura al 1600, attribuita a George Savile, marchese di Halifax, che dice: “La politica è la organizzazione degli odi”. Esaminando il contesto politico odierno, il clima di odio contro il governo Meloni, nato nell’ottobre del 2022, ma alimentato già prima che nascesse dalle “sinistre”, si può affermare che non v’è una definizione più calzante di quella, appena citata, per giudicare questi comportamenti ostili premeditati. Anche se oggi gli studi e gli approfondimenti di natura costituzionale sul rapporto tra governo e opposizione sono sempre più copiosi e aggiornati per meglio dirimere le controversie di una politica, molto politicizzata, resta fondamentale il principio che “la maggioranza governa e la minoranza controlla”. Fermo restando che, per il bene superiore del Paese, pur nei distinti e rispettivi ruoli, è sempre più auspicabile un dialogo costruttivo, a preoccupare non poco oggi è un’opposizione , un miscuglio di “ismi, populismi, vetero-sinistrismi.
”Ego”…logismi” fondamentalisti nel voler dettare addirittura l’agenda al governo stravolgendo ogni regola . Una pretesa liquidabile con una domanda semplice, di buonsenso, sintesi di tre seguenti inconfutabili ragionamenti. Sono tre anni da quando è stato varato il governo Meloni che questo “miscuglio di velleitarismi”, definito “campo largo”, non riesce ancora a essere una coalizione elettorale ufficiale da alternativa al centrodestra, coesa e unita solo nelle foto . Sono anni che il “campo largo” dice di essere a lavoro per un programma condiviso, ma fino ad oggi non c’è una sola paginetta da poter consultare e verificarlo. Da millenni è ancora alla ricerca di un federatore - o meglio del candidato premier del “campo largo” da opporre alla Meloni - e l’unica cosa, purtroppo, che gli è riuscita di fare è stata alimentare un clima di odio nel Paese, da parte della Schlein, leader del Pd sempre più snaturato rispetto ai suoi principi fondativi e di un “Camale-Conte” trasformatosi, nelle sue ormai proverbiali metamorfosi, in una provocatoria“sardina”.
Alle corte: non ne hanno azzeccata una e si impancano ancora di poter dare lezioni di buon governo. Questo clima di slealtà della sinistra è abietto perché aumenta a mano a mano che la popolarità della Meloni cresce sempre di più per le sue grandi doti di premier e di donna. I coinvolgimenti, le condivisioni, le partecipazioni di figure e sigle vicine allasinistra, che stanno emergendo dalle indagini in corso sulla recente vergognosa guerriglia di Milano, dimostrano ancora una volta una scandalosa ambiguità. Ha detto bene Aldo Cazzullo sul “Corsera” nella rubrica con i Lettori : “A chi attacca stazione e polizia non importa nulla di Gaza”. Sulla escalation di violenze, partita da lontano con assalti e aggressioni alle forze dell’ordine e che ha superato ogni limite nella guerriglia di Milan, serve quindi fare subito chiarezza. Lo impone anche la storia di un passato di sangue e di lutti per colpa di cattivi maestri, sempre in agguato. Quando, nel 1968-69, Herbert Marcuse, il filosofo, sociologo tedesco, tornò in Europa dagli Stati Uniti per una serie di lezioni e seminari sulle sue opere “Eros e Civiltà” e “l’Uomo a una dimensione” alla base ideologica del movimento studentesco degli anni Sessanta, le cui rivendicazioni si propagheranno al resto del mondo occidentale.
Ci fu un grande liberale, un eminente studioso Salvatore Valitutti che, molti anni prima, nel 1955, in un saggio dal titolo “La rivoluzione giovanile” anticipò il problema delle criticità sull’educazione democratica dei giovani, in vista delle loro responsabilità nella società del domani”. “La democrazia-scrisse- è un po’ senatoria, vuole il senno e il consiglio, impone la regola della ragione, esige il sacrifico dell’intolleranza. La giovinezza è per natura impetuosa, ha bisogno di affermare se stessa e perciò di negare gli altri, resta una forza rivitalizzante, purtroppo adoperabile come forza d’urto, di cui possono valersi tanto i movimenti progressisti quanto quelli reazionari: tutti i movimenti che vogliono cangiare lo status quo”. Che altro aggiungere? Menomale che c’è Piantedosi e che, nel Pd, cresce la voglia di riformismo e di pensionare Elly-Spot.
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