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l'intervento
07 Ottobre 2025 - 10:02
Quando si avvicina l’epilogo di una saga come quella dell’arcinota “Flotilla”, è quasi un gesto di eroismo resistere alla tentazione di lasciarsi travolgere dall’emozione, dalla commozione dai “like” sui social e dall’applauso accorato da salotto buono, all’insegna del “diventiamo umani”. La prevedibilità è stata lo “spritz”del giorno: abbordaggio trionfale e mediatico, attracco ad Ashdod, equipaggio fermato, rimpatrio condito con i vituperi ufficiali del solito Ben Gvir. Una cosa già vista, ma questa volta con qualche scintilla in più che riguarda, in particolar modo, i gioiosi naviganti italiani. Perché stavolta i valorosi marinai nostrani, chehanno levato le vele al canto di Bella Ciao, avevano un ufficio stampa talmente potente da trasformare direttamente l’informazione tutta in una gigantesca cassa di risonanza
E così la cronaca quotidiana ha assunto quel sapore coinvolgente da “feuilleton”, capace di far saltare lo spettatore dalla poltrona per tifare, sospirare e, talvolta,sbirciare lo smartphone per leggere reazioni social con cui interagire prontamente. Naturalmente, giunti alla fine -con la precisione di un copione scolpito nel marmo della prassidiplomatica un certo pubblico non poteva rassegnarsi alla triste realtà del “tutto qui?” e si è lanciato a braccia aperte in iperbolici e fantasiosi paragoni letterari da sfiorare il ridicolo: anime pure, quelle dei naviganti, pronte a sacrificare la vita pur di osare oltre i limiti dell’osabile per testimoniare e raccontare.
Bene, diciamolo: l’unico, vero successo narrativo della “Flotilla” è proprio questa alchimia di ricostruzioni grottesche che hanno prodotto un mito solido in apparenza, mafacile da smontare. Perché, se gettiamo la verità sul tavolo, basta poco per far scoppiare la bolla di zucchero filato: la spedizione era sapientementefinanziata e organizzata, la navigazione perfettamente coordinata e programmata solo in condizioni di mare da cartolina, con un’attenzione mediatica scrupolosamente orientata e disciplinata. Perché questo è l’elemento cardine: la “Flotilla” è un atto politico e non umanitario. Sì, signori, niente di meno che unoshow mediatico-politico.
Perché grazie a questo evento condito di orpelli più di una soap operatelevisiva prodotta in Turchia si è proceduto, una volta di più,a quella prassi oramai consolidata che fa leva sulla gerarchizzazione dell’importanza delle vittime e sulla selezione dei conflitti di cui parlare, in base a criteri di mera opportunità e convenienza politica perché Gaza e non il Sudan, ad esempio, la cui tragedia enorme, devastante, mostruosa e che grida da anni vendetta al cospetto di Dio è ignorata e sottaciuta solo perché politicamente improduttiva per le anime belle delle narrazioni politicamente corrette? La causa palestinese è stata, così, la bandiera per dare nuova linfa, nella nostra Nazione, ai mondi inquieti che ben conosciamo: la sinistra estrema con i suoi bollori insurrezionali, la sinistra parlamentare senza più un programma degno di tale nome, quella sindacale che rischia di perdere ogni consenso residuale e il loro comune desiderio di mostrare i muscoli nella piazza politica, con quel tocco di superiorità morale che dovrebbe far sentire tutti un po’ più santi senza fatica.
E tutti più o meno convinti che fare qualcosa sia meglio che poltrire sul divano, in tempi per loro così critici. Ottimo, ma lasciare che la mitomania diventi l’unico strumento di dissenso è un piccolo crimine contro il buon senso. Le idee che si trasformano in azione hanno il loro sapore romantico e la loro forza. Le buffonate che diventano azione sono solorischi di figuraccia, magari l’ennesima. Dividere il mondo tra bene e male con la Flotilla a fare da spartiacque è deprimente, ma è una cosa che a certi ambienti piace.
E soprattutto serve per mobilitare le piazze contro il Governo cattivissimo, insensibile, tracotante e securitario abbandonando, temporaneamente, quell’altra vecchia barzelletta sempre pronta all’uso, ma che non fa più ridere: il fascismo onnipresente dietro l’angolo di casa, ormai temuto solo dagli irriducibili del circolo dei fessi. In conclusione, se mai doveste sentir parlare ancora di una “Flotilla” nel Mediterraneocome se fosse una nuova crociata verso la Terra Santa, ricordatevi una cosa: il vero pericolo è oggi quella della retorica fanatica basata sul supplizio mediatico e il suovero antidoto è solo il sarcasmo che prova a salvarci dall’ennesima farsa.
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