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l'analisi
09 Ottobre 2025 - 10:15
Le elezioni regionali in Calabria hanno lasciato un segno profondo, e non certo per la riconferma di Roberto Occhiuto. A trionfare, ancora una volta, è stato il partito del silenzio: quello dell'astensione. Solo il 43,14% dei cittadini ha votato, meno della metà. Una percentuale che racconta molto più di qualsiasi risultato elettorale: racconta la resa di un popolo che non si sente più rappresentato. È il segnale più chiaro di un Sud che non crede più in chi da decenni parla in suo nome senza mai difenderlo davvero.
La politica nazionale — di destra o di sinistra — arriva puntualmente a chiedere fiducia, ma riparte lasciando le stesse ferite: disoccupazione, sanità in crisi, emigrazione giovanile, infrastrutture fantasma. Così i cittadini scelgono di non scegliere, di voltarsi dall'altra parte. Ma quel silenzio non può diventare abitudine. Perché dietro l'astensionismo non c'è indifferenza, c'è esasperazione. C'è la stanchezza di chi ha visto promesse trasformarsi in slogan e campagne elettorali ridotte a rituali vuoti. C'è la rabbia di chi vive nel Sud reale, dove lo Stato arriva sempre in ritardo, e la dignità del voto sembra un ricordo lontano.
La Calabria, oggi, è solo l'anticipazione di ciò che potremmo vedere domani in Campania. Anche qui, tra Napoli, le aree interne e le province dimenticate, serpeggia la stessa disillusione. La prossima tornata elettorale regionale sarà la cartina di tornasole: capiremo se i cittadini continueranno a tacere o se troveranno finalmente una voce nuova. E quella voce non potrà che essere meridionalista. Non un semplice movimento, ma una forza radicata nel Sud, nata dal Sud, capace di rappresentare davvero chi il Sud lo vive e non chi lo usa come trampolino politico. Serve una forza che non si limita a denunciare, ma che costruisca. Che metta in campo idee, visione e coraggio per ripristinare dignità e futuro ai territori dimenticati.
Perché il problema non è solo chi vince o chi perde, ma chi non vota. Ogni meridionale che rinuncia al voto lascia che altri decidano per lui. E ogni astensione è una bandiera bianca issata davanti al potere che ci vuole rassegnati. Se il Sud vuole riscattarsi, deve farlo partendo da sé stesso. Le elezioni in Calabria ci dicono che non c'è più tempo da perdere. La sfida, adesso, è tutta in Campania. Da qui può ripartire il cambiamento, se il popolo del Mezzogiorno troverà finalmente il coraggio di tornare protagonista.
Perché nessuno ci salverà - se non noi stessi.
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