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la riflessione
12 Ottobre 2025 - 10:35
Roberto Fico
Subito dopo la disfatta alla Regione Calabria, con numeri da distacco siderale tra il vincitore del centro destra Roberto Occhiuto e quello sconfitto della sinistra Pasquale Tridico, il “campo largo” sempre più malconcio, anche per la precedente debacle delle Marche, per metabolizzare i due “flop”, evocò come possibile vittoria “salvatutto” la riconquista della Regione Campania. Dove, va detto subito, non certo tira aria buona per lo schieramento di sinistra, partito da mesi lancia in resta per liberarsi di De Luca, e alla fine però costretto alla ritirata.
Sappiamo con quanto scorno dei cosiddetti rivoluzionari, tra “Lotta Continua e lo Zecchino d’oro”, che miravano a disarcionarlo, poi a doverlo addirittura subire. Al di là degli annunci reboanti di De Luca junior, il cui rivoluzionario “newdeal” riparte dal “reddito di cittadinanza” di Tridico, che lo concepì e lo ha riproposto in Calabria da aspirante governatore, ricevendone una severa bocciatura, oggi il “modello Napoli” di Fico si trova davanti a tre enormi criticità. La prima è l’armistizio di De Luca con il Pd già violato in seguito alla sua discesa in campo con la lista a “Testa alta” e il suo nome da votare, subito censurata da Sandro Ruotolo, portavoce del Pd con il cartellino rosso da espulsione.
La seconda è la montante sfiducia nel Partito Democratico nei riguardi di Conte, esternata in modo articolato da una figura prestigiosa del Pd Luigi Zanda. Il quale ha detto: “È difficile avere una linea politica univoca, se la priorità è quella di andare d’accordo con alleati che hanno idee molto diverse dalla tua. Noi dobbiamo sapere che Conte non avrà pace fino a quando non verrà incoronato come capo assoluto del “campo largo” e che quindi non è un compagno di strada molto affidabile bIl Pd, però, deve saper mostrare la propria linea anche a costo di provocare dissensi”. Altro che Napoli laboratorio sperimentale per l’alternativa nazionale alla Meloni.
Il campo largo è minato, l’ex governatore con la sua lista “A testa alta” ha solo un “test in testa”: dimostrare che c’è solo un uomo al comando ed è lui. Piero lo sa molto bene e, nel saluto da neo-segretario regionale del Pd, con lo sperticato elogio della continuità per quanto fatto dal padre: “Mio padre ha dato l’anima per questa Regione ”, ha voluto mandare un chiaro messaggio ai naviganti, un messaggio da “pacta sunt servanda“,cioè di un principio di diritto civile e di diritto internazionale. Ma il padre riuscirà a rispettare i patti?
La terza e conseguente criticità è che il clima conflittuale complessivo non è dei migliori per Fico, che l’avverte, mostrando incertezze, un disorientamento sui temi cruciali da proporre non ancora all’altezza di una s fida così difficile. Anzi condannato a non poter parlare del passato che scotta e ad accennare soltanto un futuro problematico , un mese faFico ha annunciato un “viaggio elettorale” nelle “aree interne” e, dopo una prima tappa alla “Sagra della capra” di Cannalonga nel Cilento, si è eclissato. Giorni addietro,è ricomparso per una visita a Striano, industrioso centro della Città Metropolitana, in cui ha scoperto “che la filiera agroalimentare è un asset fondamentale per la nostra Regione per numero di occupati e per numeri che le aziende producono“.
C’è però il resto su questo fondamentale asset, che ogni campano dovrebbe sapere, glielo sveliamo noi al grillino Fico. Napoli aveva uno tra i più competitivi al mondo, poli agro alimentari dello Stato: la Sme. Ma, “nel 1986, con un contrattino di appena 4 paginette, Prodi lo svendette a trattativa privata alla Buitoni, a Carlo De Benedetti per soli 393 miliardi. La Sme, aveva già nelle casse più di 600 miliardi di denaro liquido, ma il suo valore globale era di 3.100 miliardi”. Questa operazione segnò per Napoli e per il Sud la perdita di un “tesoro”, sapientemente costruito tra difficoltà di varia natura. Ricordarlo oggi non guasta in una Regione spesso smemorata per convenienze elettorali.
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