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Il voto stanco della Campania e la politica del posto

Quando la metà della popolazione rinuncia a votare non è più solo disinteresse

Il voto stanco della Campania e la politica del posto

In Campania si respira un’aria di rassegnazione, quella di una terra che osserva la politica come un teatro già visto, dove gli attori cambiano casacca con disinvoltura e la trama resta sempre la stessa: trovare un posto, non un progetto. Da sinistra a destra e ritorno, il pendolo delle convenienze muove candidature e alleanze con la stessa leggerezza con cui si sposta un gettone. Ma il pubblico, quello dei cittadini, ormai non applaude più. L’astensionismo cresce a ogni tornata elettorale, segno di una sfiducia radicata che ha trasformato il voto da scelta di speranza a gesto inutile.

Quando la metà della popolazione rinuncia a votare, non è più solo disinteresse: è una forma di protesta silenziosa, un grido trattenuto contro un sistema che premia chi si muove dentro le logiche del favore e penalizza chi vorrebbe solo competenza, trasparenza e coraggio. Più la gente resta a casa, più diventa forte il peso del voto organizzato, quello che nasce dai circuiti clientelari, dalle promesse sussurrate e dai pacchetti di consenso. In un meccanismo tanto rodato quanto dannoso, la rappresentanza si restringe, la politica perde legittimità e il potere si concentra in poche mani, quelle abili nel gestire relazioni più che idee.

È un circolo vizioso che rischia di spegnere la democrazia dal basso, trasformando le elezioni in un rito burocratico dove il risultato è scritto da chi sa muovere le leve giuste, non da chi interpreta il bisogno collettivo. Eppure, basterebbe poco per invertire la rotta: candidati scelti per merito e non per appartenenza, programmi che parlino di sanità, lavoro e diritti invece che di equilibri interni, un linguaggio politico che torni a essere onesto. Ma la rigenerazione non può arrivare solo dai vertici: serve una cittadinanza che torni a sentire il voto come atto di libertà e non come illusione.

La Campania ha un patrimonio umano enorme, una cultura civile che resiste anche nelle pieghe della disillusione. Riconnetterla alla politica è la sfida più urgente. Finché l’unico obiettivo resterà “entrare in lista”, la politica continuerà a guardarsi allo specchio, compiaciuta e vuota, mentre la gente quella vera sceglierà di restare fuori, in silenzio, spettatrice di un copione che non la rappresenta più.

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