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Le Regionali che verranno complicate e dispendiose

Avremo molte sorprese tra non eletti eccellenti e non riconferme

Le Regionali che verranno complicate e dispendiose

Tra un mese circa si voterà per il rinnovo del Consiglio regionale della Campania, da cui dipenderà la nuova Giunta regionale. Mai come questa volta chiunque abbia qualche voto si è candidato, invece di appoggiare qualcun altro e pesare e contare successivamente. È un segnale forte: si sceglie di misurarsi e mostrare direttamente la propria forza, spacciata per consenso politico. Questo farà sì che molti che in una "competizione normale" avrebbero chance di elezione, oggi saranno "tra i primi dei non eletti". E questo trasversalmente, in tutte le liste.

Avremo molte sorprese tra non eletti eccellenti e non riconferme, mentre dovremo fingere stupore per new entry, che new non sono affatto. Le elezioni regionali sono la competizione elettorale più complicata e dispendiosa. Per essere eletti occorrono tre cose: una rete territoriale diffusa di consiglieri comunali, capace di mettere insieme persone in numerosi comuni eterogenei, una grande capacità di incroci e abbinamenti uomo-donna, tali da non oscurare e bilanciare ed allargare i consensi, ed infine un mix straordinario tra lista giusta (senza troppi antagonisti interni) e quorum adeguato.

Una campagna per le regionali, in via diretta e indiretta e trasversale costa circa mezzo milione di euro, e non è una campagna "mediatica" come quella per i sindaci di coalizione, o come le politiche dove conta il sentiment elettorale (per il proporzionale) o il collegio in generale. In questa battaglia, stavolta quasi all'ultimo sangue, sono scesi nell'arena tutti, direttamente o per interposta persona (figli, mogli...).

La corsa al "candidato con portafoglio" (di voti e soldi) è stata spietata, talvolta arrogante, con migrazioni di schieramento e travaso di intere amministrazioni. È la battaglia dei partiti e tra i partiti, che certamente avrà ripercussioni nazionali. Chi sono i veri uomini forti sul territorio? Quanto pesano i singoli partiti nelle coalizioni (di opposizione e di governo)? Da queste regionali dipenderà la fine della legislatura, le perequazioni interne e i nuovi equilibri, ma anche gli spazi che si aprono per le prossime candidature parlamentari (un secondo tempo, un recupero, un premio, un ripiego, a seconda dei casi).

Le elezioni regionali sono la vera radiografia del territorio, almeno per quanto concerne interessi e intrecci di alleanze, e conta davvero poco la campagna mediatica, i manifesti 6x3, o la posizione sulla guerra in Ucraina o a Gaza. Contano i rapporti personali, politici, parentali, e soprattutto gli interessi economici trasversali. La capacità di mettere insieme sindaci, consiglieri comunali e gestire i fondi. Tutto questo è qualcosa che non si inventa, per cui non basta buona volontà, in un contesto in cui la Regione è la vera banca della spesa pubblica, il cui portafogli è stretto e spesso chiuso dalle affluenze determinate dal governo nazionale.

Il centrodestra la Campania non la vuole, e la scelta di un candidato debole e poco noto, ma fedelissimo della Meloni, è il sigillo a questa decisione. In Campania servono (ragioniamo a spanne) 15 miliardi "subito": cinque per ripianare i vari buchi nelle partecipate e per i contratti e gli arretrati, altri cinque per finanziare "le cose che ci sono da fare" e ulteriori cinque per tre emergenze contingenti: la spada di Damocle della sentenza sulla Terra dei Fuochi, un piano emergenza sismica (che va dal Vesuvio a Pozzuoli con tutti gli interventi straordinari da fare), e le due urgenze Bagnoli e rifiuti. Con questi "ci mettiamo in pari", ma ancora non abbiamo messo mano a investimenti e ad azioni specifiche per gestire il futuro e sistemare la sanità. Sinché vince il centro sinistra può "lagnarsi" che il Governo non dà le risorse (da quanto tempo sentiamo questa cosa?) ma se dovesse vincere il centrodestra non ci sarebbero scuse.

Ciò con cambia la natura delle cose. C'è sempre da portare a casa il maggior numero di consiglieri regionali e da pesare le forse dei partiti. La soluzione? Liste fortissime e dopate di esterni portatori d'acqua, ma un candidato debole, poco conosciuto, che se ne tornerà a Roma lasciando il posto al primo dei non eletti. Esito già scritto, e voluto. Tutt'altra storia in casa centrosinistra, dove la battaglia è la solita bagarre tra cognomi noti da almeno trent'anni, tra pesi e contrappesi, alleanze vecchie e nuove per determinare cosa avverrà domani.

Se non fosse che la vera maggioranza ce l'ha lui, Vincenzo De Luca, che dopo aver imposto il figlio segretario regionale del PD a dettare la lista e le alleanze, dopo aver fatto una lista propria e aver messo alcuni dei suoi in tutte le liste che appoggiano Fico, ne ha messi altri addirittura nelle liste del centrodestra. Un capolavoro che ha come obiettivo un gruppo di consiglieri trasversale, tra 12 e 15 eletti, capace di dettare non solo la linea in maggioranza, ma anche di definire le interpellanze di opposizione.

In attesa che passino due anni.

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