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Il coefficiente di difficoltà per un candidato Regionale

La fucina del consenso vive, ormai da anni, nelle urne di Palazzo Santa Lucia

Il coefficiente di difficoltà per un candidato Regionale

Un sortilegio sottile accompagna da anni la politica italiana. Le Regionali, in fin dei conti, sono il vero banco di prova della forza elettorale di un candidato. Lo affermo con fiducia anche alla luce di tre esperienze elettorali personali, fortunatamente tutte vincenti. È un test elettorale complesso. Il territorio di riferimento è largo e diffuso (la provincia e il suo capoluogo con relativa area metropolitana), l’elettorato è ampio e difficile da monitorare, l’unica preferenza di genere alza sicuramente la competitività. Non sono le Comunali, con un territorio ristretto, non sono le Politiche ormai guidate da listini blindati. Ma sviluppano un sottile paradosso che si ripete negli anni.

Nella Prima Repubblica, nella maggior parte dei casi, oltre alla loro biografia politica, il prestigio dei parlamentari derivava proprio dal numero dei voti conquistati. Il consigliere circoscrizionale, che faticosamente aveva raccolto qualche centinaio di voti, guardava con devozione ed ossequio all’onorevole, al sottosegretario, al Ministro che aveva avuto la forza di raccoglierne magari centinaia di migliaia, riconoscendone il ruolo e la leadership.

Oggi la realtà è cambiata profondamente. In molti casi, si è proiettati a Roma direttamente, senza particolari apprendistati e la forza dei voti resta nelle mani dei consiglieri regionali, necessitati a curare il territorio se vogliono salvare la poltrona. Ecco, quindi, che la gente conosce più l’amministratore locale, comunale o regionale, che il parlamentare che li rappresenta. Anche perché il meccanismo elettorale nazionale ha finito per scolorire la presenza di deputati e senatori sul territorio, riducendo ulteriormente la capacità di dialogo con l’ elettorato.

Insomma, le Regionali sono importanti per questo. Perché rappresentano una prova autentica del proprio radicamento, meglio di ogni altro test elettorale. Un’esperienza che vive tutta in questo ristretto periodo. Roma è un’altra storia. Una realtà che vive oggi di accordi e di intese, che spesso proietta in Parlamento candidature uscenti o personaggi anonimi alla luce di specifiche alchimie politiche.

Non sembri un paradosso ma lì i voti contano meno perché la spinta elettorale è soprattutto nazionale e danza tra dichiarazioni e promesse dei leader. Ma non è sicuramente un dato generale. Dovunque, a livello nazionale, ci sono lucide eccezioni. Ma il timbro che segna le elezioni regionali resta quello che abbiamo indicato. La fucina del consenso vive, ormai da anni, nelle urne di Palazzo Santa Lucia.

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