Speciale elezioni
LETTERA AI LETTORI
06 Novembre 2025 - 09:30
Gentile Direttore, a me sembra che la Regione Campania, fino a ieri ventennale feudo della Sinistra — che con De Luca, riconfermato Presidente appena cinque anni fa con una percentuale bulgara del 70% — oggi sia addirittura considerata “in bilico”, perché, si dice, il candidato Presidente del “Campo Largo”, l’ex Presidente della Camera dei 5 Stelle, Roberto Fico, “non tira”.
Se così fosse, la predizione del De Luca combattivo fino a una settimana fa si avvererebbe: “Senza di me perderete”, ha da sempre sostenuto, a proposito della guerra feroce che i suoi compagni di partito, la segretaria Schlein in testa, gli hanno fatto schierandosi apertamente contro il terzo mandato.
Lo smacco, poi, sarebbe ancora più clamoroso, dal momento che cinque anni fa c’era il Movimento 5 Stelle che correva da solo ed ebbe anche un discreto successo con circa il 10% dei voti.
Ora che i pentastellati sono insieme alla Sinistra, per giunta con un loro candidato che ha ricoperto la terza carica dello Stato, si dovrebbe fare una semplice addizione: nelle elezioni del 2020 il candidato della Sinistra ottenne il 70%, la candidata dei 5 Stelle il 10%. Ergo, 70 + 10 fa 80.
La conferma della vittoria della Sinistra dovrebbe essere una semplice “passeggiata” del candidato Presidente, con la conseguenza che le liste elettorali a lui collegate esprimerebbero il 60% dei Consiglieri eletti, per il cosiddetto “premio di maggioranza”.
Già il fatto che in questi giorni incomincia a serpeggiare qualche preoccupazione nella folta rappresentanza del “Campo Largo” la dice lunga sulle scelte che, con pervicacia, la segretaria del Pd ha fatto. Credo che nella patria del “Reddito di Cittadinanza” i 5 Stelle avranno una flessione, così come la Sinistra in genere; non tale, però, da assicurare la vittoria del candidato del Centrodestra, l’attuale vice-ministro degli Esteri Edmondo Cirielli, che ho conosciuto e apprezzato nella VII legislatura regionale: io capogruppo di F.I. e lui giovane capitano dei Carabinieri, eletto nel partito di Alleanza Nazionale.
Troppo forte, infatti, il distacco tra la percentuale dei voti del Centrodestra e la Sinistra allargata ai 5 Stelle.
Ricordo soltanto, a chi avesse poca memoria, che nelle precedenti elezioni il candidato del Centrodestra ottenne un risicato 18% dei voti.
E allora?, direte. Allora, già la sensazione di una clamorosa rimonta di Cirielli sarebbe uno smacco per la Sinistra. Figuriamoci poi se la “remuntada” approdasse al successo pieno.
Certo, la politica insegna da sempre che le maggioranze sono variabili e “volatili”: ciò che è vero e concreto oggi non lo sarà domani. E, soprattutto, non si può fare una sommatoria prettamente matematica se si aggiungono i voti a un altro schieramento, nell’ipotesi di “fusione”.
La dimostrazione pratica fu dopo il crollo della Prima Repubblica, quando il Pci si trasformò in Pds con Occhetto segretario e la Sinistra della vecchia Dc si “fuse” in un nuovo partito, la Margherita.
Se si fossero sommati i voti del precedente P.C.I. con quelli democristiani ci sarebbe stata una maggioranza assoluta.
Invece tutti ricorderanno il “miracolo” Berlusconi, che sparigliò le carte di chi aveva programmato la vittoria dei catto-comunisti.
Oggi il Pd raggiunge a stento il 20%, con la grossa componente ex sinistra democristiana (la vecchia “Base” di demitiana memoria), e la Schlein dice pure che, con lei segretaria, il partito ha “guadagnato” il 10%.
Auguri a cotanta sicumera: metterei la mano sul cuore che la giovane “proletaria”, vissuta in prestigiosi e costosi collegi svizzeri, canterà i “peana”, come facevano i Greci in caso di vittoria, anche se il candidato campano pentastellato dovesse vincere con lo scarto di pochi voti, dando all’ex Guardasigilli e attuale sindaco di Benevento, l’on. Mastella, ragione in merito al doppio valore e significato che la sua lista porterà in dote al “Campo Largo”. A questo proposito, troverò mai qualcuno che mi potrà spiegare perché il Centrodestra combatte, nella sua città, un sindaco “moderato”, che più moderato di lui non si trova in giro?
Tornando al tema principale, comunque, non posso esimermi dal notare come, nelle venti e passa liste presentate nel nome del “rinnovamento”, si trovino “vecchie glorie” di un passato cancellato dai magli di un giustizialismo ancora non identificato se “voluto” o frutto di un pregiudizio, per cui tutta la politica e i suoi componenti erano bacati e corrotti — tranne quella del vecchio P.C.I., naturalmente.
Ancora più singolare, poi, mi appare il passaggio da un partito o movimento a un altro che è in antitesi con il precedente.
Anche negli anni ’80-’90 esisteva il “trasformismo”, legato più alle correnti politiche interne allo stesso partito, però.
Spazzati via gli ideali di una volta, oggi assistiamo a un trasformismo di convenienza, spacciato come nuovo valore.
Cambiare idea si può senz’altro: anche il comunismo sovietico subì una forte “rivisitazione” della dottrina di Marx, di cui il principale esponente fu il filosofo tedesco Eduard Bernstein.
Cambiare idea, però, sei o sette volte in un breve lasso di tempo, come accade nel leggere le candidature di alcuni — o anche molti — candidati, non è più normale. Questo modo di procedere attiene più al “revisionismo” di convenienza elettorale, in cui vengono coinvolti anche gli stessi elettori, che avevano votato un candidato portatore di idee e percorsi politici esattamente opposti a quelli del nuovo partito o movimento in cui si ripropone la candidatura. E poi ci si rammarica che il 40% dei cittadini non vada a votare. A me sembra che il 60% che vota ancora sia già troppo benevolo e indulgente verso questa “nuova” classe politica!
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