Speciale elezioni
l'analisi
15 Novembre 2025 - 09:27
Giorgia Meloni
La “battaglia” delle forze di opposizione progressiste al Governo Meloni, dopo un fuoco di sbarramento micidiale che ha prodotto, sin ora, una miriade di frottole in ordine alla predisposizione della legge finanziaria per il 2026 da parte dell’esecutivo, si avvia alla sua fase conclusiva con la discussione degli emendamenti alla Camera. Con la previsione di approvazione entro la fine del mese di novembre e successivo passaggio della legge al Senato, ove l’iter potrebbe completarsi molto prima delle feste di Natale. Parliamo della legge che individua le risorse finanziarie per la programmazione delle iniziative di investimento sui temi di maggiore interesse per il Paese e i suoi cittadini. Cioè a dire, gli obiettivi prioritari del Governo, nell’arco del nuovo anno, che la legge finanziaria dovrà opportunamente “coprire” con risorseeconomiche selezionate ed impegnate per tali finalità.
Una manovra finanziaria di oltre 18 miliardi di euro. Una cifra per la prima volta, negli ultimi dieci anni, molto contenuta che mette lo Stato nelle condizioni di non impegnarsi in indebitamenti eccessivi. Cioè a dire senza far ricorso a nuovi debiti per l’erario per coprire le risorse necessarie per questa manovra finanziaria per l’anno 2026. Si tratta di una scelta molto ambiziosa per il Governo: evitare il più possibile di incidere sul debito dello Stato e, possibilmente, lavorare più incisivamente per il progressivo “dimagrimento” del debito pubblico. Così come già avvenuto in questi ultimi tre anni, grazie alle scelte di politica economica adottate sin qui dall’Esecutivo e universalmente riconosciute da tutti gli osservatori internazionali della finanza pubblica.
Ma passiamo ad analizzare nel dettaglio le misure più rilevanti contenute nella manovra finanziaria. Il taglio delle tasse per i lavoratori dipendenti impegna quasi 5 miliardi di euro, che serviranno per alleggerire il carico fiscale e a rendere più pesanti le buste paga dei lavoratori. Si interverrà attraverso il taglio di due punti dell’aliquota Irpef (dal 35 al 33%) per i redditi da 28mila a 50mila euro. Per contribuire a “restituire” maggiori risorse economiche in busta paga per quei cittadini con un reddito riconducibile alle fasce di reddito sopra indicate. Ai lavoratori con reddito superiore ai 50mila euro l’aliquota Irpef resterà invariata al 43%. I benefici fiscali introdotti dal Governo sono dunque destinati alla cosiddetta fascia intermedia dei contribuenti italiani. Il cosiddetto “ceto medio”, motore indiscusso dell’economia italiana.
Questa misura del taglio delle aliquote segue la precedente iniziativa governativa di ridurre la tassazione e gli scaglioni Irpef per quei cittadini con redditi inferiori ai 28mila euro annui. Il governo aveva infatti scelto di partire proprio da questa fascia di contribuenti meno abbienti per sostenere i redditi più bassi e restituire da subito in busta paga quella pressione fiscale ritenuta giustamente eccessiva. Con la manovra economica per il 2026, dunque, si completa il lavoro già iniziato, contribuendo efficacemente alla riduzione delle tasse del nostro sistema fiscale, così come ampiamente proposto ed annunciato dai partiti di governo nel corso della campagna elettorale per le elezioni politiche di ottobre 2022.
Nella legge di bilancio ritroviamo diversi interventi governativi nella direzione delle famiglie, con particolare riguardo ai nuclei familiari in difficoltà; alle donne vittime di violenza (“Reddito di libertà” con un fondo incrementato di oltre 4 milioni); alla crisi abitativa dei coniugi separati (con risorse poco superiore ai 20 milioni); al sostegno alla natalità e alle donne con due o più figli a carico (bonus mamme rafforzato fino a 60 euro mensili); l’esclusione della casa di proprietà dal calcolo dell’Isee per estendere la platea dei contribuenti rispetto agli incentivi programmati per le famiglie e tanto altro.
E poi ci sono le misure a favore delle imprese e in genere al mondo del lavoro. Si parte dagli incentivi erogati alle imprese che investono risorse proprie nell’innovazione, con particolare riferimento alla digitalizzazione e al risparmio energetico nelle produzioni. In questo caso è previsto un ammortamento dei capitali investiti sino al 180% elevabili al 220% se la spesa va nella direzione della transizione ecologica con riduzione dei consumi energetici. C’è poi da considerare il finanziamento ulteriore di 2,3 miliardi di euro per il credito di imposta previsto per le aziende che operano nelle Zone Zes (Zone Economiche Speciali) per tutte le regioni meridionali, allargate recentemente alle Marche, Umbria ed Abruzzo. Con anche un prolungamento sino a tutto il 2026 dei “Contratti di Sviluppo”. Un intervento per le imprese che supera gli 8 miliardi previsti dalla manovra, cui vanno aggiunti ancora i finanziamenti cospicui per la sanità pubblica con l’assunzione di oltre 7.300 nuovi medici e 6300 infermieri professionali (misura che impegna oltre 450 milioni di euro nel prossimo anno) per le necessità più impellenti del comparto, la eliminazione dei buchi di organico e lo scoraggiamento di questi professionisti della sanità a lasciare il nostro Paese per trasferirsi all’estero. In questa logica rientra pure l’approvazione del nuovo contratto di lavoro del personale della Sanità che prevede aumenti salariali consistenti, incrementi economici significativi per medici e infermieri in servizio presso i pronto soccorso, le unità di rianimazione e le Strutture complesse, per un totale di 4 miliardi di euro di nuove risorse per la Sanità pubblica.
Potremmo continuare ad elencare le nuove misure contenute negli oltre 130 articoli della Finanziaria. Ma ciò che emerge da quanto appena descritto è già abbondantemente sufficiente a dimostrare la natura di questa manovra tutta orientata ai lavoratori, alle imprese, alle famiglie. In uno sforzo complessivo ed evidente di rilanciare l’economia del nostro Paese nei settori nevralgici e nelle aspettative della cittadinanza, cui il Governo italiano è incontrovertibilmente intervenuto, evitando per quanto possibile la iattura di nuovo indebitamento che avrebbe vanificato tutti gli sforzi di risanamento dei conti pubblici adottati in questi anni dal Governo Meloni.
“Le chiacchiere stanno a zero”, recita un vecchio proverbio napoletano. È proprio il caso adoperare questo antico adagio popolare per definire le frottole raccontate ogni giorno dai partiti cosiddetti progressisti o, se volete, del campo largo, in merito alla efficacia della manovra finanziaria del Governo e del suo contenuto. Basterebbe ricordare le polemiche sul taglio delle aliquote Irpef a favore del cosiddetto ceto medio che denoterebbe (ad avviso delle opposizioni) l’interesse esclusivo dell’Esecutivo per coloro che guadagnano di più. Dimenticando che con 2.000 euro al mese nessun cittadino può essere considerato ricco o benestante. Ma soprattutto omettendo di dire e ricordare che per i contribuenti meno agiati il governo era già intervenuto negli anni scorsi, sempre con la legge finanziaria, accorpando le aliquote più basse, sostenendo i redditi e restituendo ai cittadini quella pressione fiscale troppo elevata. Ultima considerazione va fatta sulle frottole raccontate dalla sinistra sul mancato finanziamento alla sanità pubblica, o peggio ancora, dal presunto taglio operato dal Governo sulla spesa sanitaria. Gli oltre 4 milioni aggiuntivi destinati al comparto della sanità e i finanziamenti per l’assunzione imminente di medici ed infermieri, oltre alle risorse per il nuovo contratto di lavoro degli operatori della sanità pubblica, sono la risposta più eloquente ai soliti e sempre attivi “catastrofisti seriali” in servizio permanente effettivo della sinistra nostrana.
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