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il nostro posto
10 Dicembre 2025 - 09:42
Dopo decenni di immobilismo, favorito da una sinistra ancora una volta indifferente alle questioni che davvero stanno a cuore ai cittadini, il Governo ha gettato una solida base per giungere alla “pace edilizia”, riaffermando il diritto alla casa. Sto ovviamente parlando del Codice dell’Edilizia approvato in Consiglio dei ministri con la spinta fondamentale del vicepremier Matteo Salvini. E questa, prima di tutto, è la risposta non soltanto a chi, in questi mesi di lavori preparatori, continuava a parlare di propaganda e promesse elettorali, ma anche ai signori dei “no a prescindere” che, più di tutti, incarnano la negazione della politica del buonsenso e della difesa degli interessi autentici della comunità.
Ma veniamo ai fatti. Il Governo ha fissato una serie di norme chiare e regole certe, tracciando la strada più efficace anche per chi aspetta una regolarizzazione da decenni e fino ad ora si è dovuto scontrare con la logica distruttiva dei contenzioni “infiniti” tra magistratura ed enti locali. Sopratutto, il Codice scardina il sistema di una giustizia cieca e ingiusta che ha prodotto quella famigerata “roulette degli abbattimenti” di cui in questi anni sono stati vittime tanti “poveri cristi”, mentre sono restati impuniti palazzinari e criminali. Il cambio di paradigma è del tutto evidente nei passaggi della delega al Codice dell’Edilizia: ferma la tutela dei beni culturali e paesaggistici, la legge fissa le linee guida da seguire nei decreti delegati, in continuità con il decreto “Salva Casa” del 2024, per ridurre i termini previsti per il rilascio o la formazione dei titoli edilizi.
Sono tre le principali leve: l’estensione del principio di silenzio-assenso, un approccio differente rispetto alle irregolarità storiche e la digitalizzazione della documentazione amministrativa. Nella relazione che illustra il provvedimento, ad esempio, si legge che si procederà con "rinnovata enfasi sul meccanismo del silenzio-assenso o del silenzio-devolutivo in caso di inerzia dell'amministrazione competente". Inoltre, per garantire tempi certi rispetto ai procedimenti, verranno individuati coi decreti delegati meccanismi procedurali che consentano il rispetto di termini perentori, “eventualmente prevedendo poteri sostitutivi o soluzioni per superare i blocchi derivanti da ritardi o disaccordi tra amministrazioni coinvolte”.
Insomma, ci troviamo davanti a un provvedimento rivoluzionario che, dopo decenni di attesa, crea le condizioni per mettere fine a questioni che non solo hanno spesso complicato se non addirittura reso impossibile persino una semplice compravendita di immobili gravati da ininfluenti difformità, ma che ha anche letteralmente mortificato centinaia di migliaia di italiani e tantissimi campani. Sopratutto, il Codice dell’Edilizia introduce finalmente un principio di civiltà giuridica: la regolarizzazione delle situazioni pregresse, a partire da quelle più datate, operando una doverosa distinzione tra tipologie di abusi - considerando naturalmente anche quelli cosiddetti di necessità - e introducendo comunque processi di gradualità che tengano conto della situazione soggettiva e reale in cui gli abusi sono stati effettuati.
Sono tantissimi i casi, specie nel Nostro Posto, di famiglie che da tempo immemorabile sopravvivono con la decisione di una Procura che pende sulla loro testa come una spada di Damocle. E che, anche a distanza di trenta o quarant’anni dalla realizzazione di quegli edifici e dall’avvio dell’iter per la sanatoria, da un giorno all’altro temono di sentirsi comunicare che la loro abitazione andrà abbattuta di lì a poco perché un giudice, pescando la loro “pratica” da una pila infinita di fascicoli, potrebbe decidere che quella procedura presenta delle incongruenze - non importa se minime e ininfluenti - innescando la tragedia. Diciamo la verità, eventi come questi - e io ne sono stato testimone centinaia di volte - rappresentano qualcosa di profondamente indegno e inaccettabile per un Paese civile.
Ecco perché questo Governo merita tutto il nostro sostegno. Perché agli ambientalisti da salotto, ai difensori della legalità strabici, ai benaltristi di professione ha offerto una risposta articolata e seria. Quella messa in campo dal Governo, infatti, è una scelta netta che individua strumenti: per la sburocratizzazione e per la definizione di centinaia di migliaia di pratiche pendenti da decenni; per fissare norme di regolarizzazione degli abusi sanabili; per intervenire, con gradualità e raziocinio, rispetto alla gravità dei casi. Riguardo a quest’ultimo aspetto non è concepibile che si continuino a mettere sullo stesso piano speculazioni edilizie effettuate sistematicamente per arricchirsi da imprenditori con pochi scrupoli, e abusi di necessità per abitazioni in cui le famiglie vivono da tutta una vita. Tutto questo obliterando, a tacer d’altro, il silenzio colpevole di magistratura che per decenni non hanno visto sorgere interi paesi senza permessi costruttivi; il sovrapporsi di leggi inutilmente complesse e contraddittorie; l’atteggiamento largamente cavilloso delle Sovrintendenze e l’inerzia omissiva di quasi tutte le amministrazioni comunali.
Ma ora finalmente si cambia: con una nuova concezione, una nuova visione programmatica e un nuovo modo di affrontare un problema che riguarda l’Italia intera. Ed è apprezzabile anche la scelta di ricorrere ad una legge delega. Una prospettiva che, per un verso, conferma il rispetto da parte di questo Esecutivo per il ruolo del Parlamento nella conclusione di un percorso normativo di così rilevante importanza per il Paese e, dall’altro, consente il coinvolgimento, in fase di attuazione, di enti locali, associazioni e di tutte le organizzazioni interessate a risolvere definitivamente la questione dell’abusivismo storico. La questione dell’abusivismo, insomma, cessa di essere una “bomba sociale” per tramutarsi nel terreno di un confronto equilibrato, sereno e libero da ogni impostazione demagogica.
Noi siamo sicuri che il Governo, con la spinta decisiva di Matteo Salvini e della Lega, lo affronterà con coraggio, con determinazione e serietà. Invitiamo tutte le forze politiche di opposizione a uscire finalmente dalla retorica dei luoghi comuni e a sedersi al tavolo della tutela degli interessi reali dei cittadini.
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