NAPOLI. «I mafiosi sono gente perbene, il delinquente comune evidentemente sono io». In un'intervista al "Roma" Emilio Fede, 89 anni a giugno, parla dalla sua casa milanese: ha finito i domiciliari e sta per iniziare i quattro anni di servizi sociali decisi per lui dal tribunale. Lui non fa polemica su questo, ma sulla mancata risposta, finora, al breve permesso che ha chiesto: «Ho rispettato gli arresti, mi faccia dire questo perché io sono un garantista fottuto. Dico solo che i mafiosi sono gente perbene rispetto a me che sono evidentemente un delinquente comune». Fede si dice «incazzatissimo e mortificato. Chiedo solo cinque giorni: vado ad Arezzo da mia figlia e da mio nipote e a Napoli da mia moglie che non vedo da sette mesi». E invece? «Invece nessuna risposta - aggiunge Fede al "Roma" - stanno sempre in vacanza ma non quando devono liberare i delinquenti; anzi no, non mi faccia dire questo perché io sono un garantista fottuto. Dico solo che i mafiosi sono gente perbene rispetto a me che sono evidentemente un delinquente comune». In ogni caso, Fede sottolinea «che la dottoressa Panariello, che si occupa di coloro che sono ai domiciliari, è una donna eccezionale che ha rispettato sempre la mia dignità umana. È stata lei a dire, nel momento della decisione sui servizi sociali: ma che lavoro gli facciamo fare a quell’età?».