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Don Franco Rapullino contro "Parthenope", l'ultima opera del regista napoletano

«Che schifo quel film di Sorrentino, offende tutta Napoli»

Il parroco indignato dalla rappresentazione del miracolo di San Gennaro

«Che schifo quel film di Sorrentino, offende tutta Napoli»

Don Franco Rapullino e, a destra, Paolo Sorrentino

NAPOLI. Paolo Sorrentino l’ha fatta grossa. Grandi immagini, simbolismo, passaggi onirici... e vabbè, ma San Gennaro non lo doveva toccare. Invece lo ha fatto e nel suo film “Parthenope” ha oltraggiato tutta Napoli. Altro che amore per la città. Che appaia bella, vabbè, ci voleva poco. Ci riusciamo tutti con uno smartphone di qualità. Inquadrature ariose e luminose... e che ci vuole? Lo fanno benissimo tutti i videomaker delle pubblicità. Ma raccontare i suoi ricordi inserendo in questo film il prodigio dello scioglimento del sangue di San Gennaro, con una grottesca immagine di fedeli che si accontentano pure delle “mestruazioni” di una donna del popolo pur di soddisfare il proprio desiderio di miracolo. È troppo. Poi quel “cardinale” che tanto irride alla personalità delle nostre guide spirituali. Infine, il “tesoro” che veste la svestita Parthenope per soddisfare il desiderio carnale del presule dentro la chiesa, dove - nel consumato incontro tra lui e la giovane - quel miracolo avviene come risposta all’eccitazione carnale... Basta. È troppo per i fedeli. E tutta la comunità dei cristiani cattolici si ribella e ribolle di disgusto e di indignazione.
Nessuno parla di questa scena. E nemmeno si parla dell’amplesso dei due ragazzi di famiglie camorristiche opposte, ai quali viene imposto di unirsi sotto gli occhi delle “famiglie”, e persino di un prete benedicente, per suggellare una pax criminale davanti ai testimoni della Napoli dei quartieri. Ebbene, questa è senz’altro una provocazione. Ma sono immagini di Napoli (quella della camorra e quelle della fede) che gireranno il mondo fissandosi nell’immaginario di tutti come “la realtà” di questa terra. Ingannando i napoletani con le sue bellezze innegabili ha ingannato anche chi pagherà il biglietto per assistere a questa indecenza.
Perché nessuno ne parla? Abbiamo sentito don Franco Rapullino, unico coraggioso sacerdote che ha detto come la pensa sul film, che ha visto, «Ma dovevo evitare», afferma, «se avessi saputo...».
«Paolo Sorrentino? Nel suo film Parthenope ha fatto come tanti vip napoletani che hanno usato e sfruttato Napoli, come si fa con una prostituta: solo per il proprio interesse. Molti hanno parlato di Napoli ma non hanno continuano a vivere a Napoli, come Totò, De Filippo e Pino Daniele…» osserva il parroco di San Giuseppe a Chiaia, che si dice «disgustato, schifato» per l’interpretazione che il regista napoletano ha dato della “sua” città.
«Sorrentino vive fuori dal mondo - aggiunge - ha usato paradossi che non hanno niente a che vedere con Napoli, ma, soprattutto ha provocato disgusto per come ha trattato il miracolo del sangue di San Gennaro».
I suoi fan diranno che è arte.
«’P’ammore ‘e Dio… non ha diritto di essere così blasfemo. La satira è una cosa, ma a San Gennaro tutti ci tengono e in quelle scene in cui inserisce un cardinale profanatore ha reso disgustoso quanto è di più caro ai napoletani. Rendendoli grotteschi nella fede che invece è autentica. E se lui ieri sera fosse stato a Napoli, avrebbe assistito a diecimila giovani in preghiera che rappresentano una parte della città di cui lui non ha idea. Napoli è migliore di quella che lui ha messo in quel film. Niente di quel film si può apprezzare: sembra che tutto a Napoli ruoti incontro al potere, all’ambizione, al sesso e al denaro. Mi ha fatto proprio schifo. E quanto alla presenza e alla funzione della Chiesa, va detto che quella che andrà in giro per il mondo con le immagini del film Parthenope è solo una grande e deleteria menzogna. Perché questo regista non ne sa niente della nostra vera religiosità».
Ma qual è il suo giudizio sull’insieme del film Parthenope?
«Le dico questo. Allo scorrere dei titoli ho provato tanta tristezza perché l’amore come lui lo ha rappresentato è quanto di peggio poteva mettere in un film: è stata solo rappresentazione di ambizione, edonismo, esoterismo, arrivismo…».
E la figura femminile in quanto tale?
«Una figura offesa, che usa ogni mezzo per raggiungere qualsiasi obiettivo, una immagine deleteria e bassa di ricerca di soddisfazioni primitive».
Che cosa le resta, dunque, dopo averlo visto?
«Quello che resta a chi ama Napoli, lo ripeto, tanto disgusto per questa pellicola. Io ho detto, uscendo dal cinema: non so se usare lamette o candeggina... Suscita sentimenti deprimenti e il desiderio di cancellare al più presto anche il ricordo di ciò a cui si è assistito».
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