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I PERSONAGGI

Un eclettico anchorman e vocalist

Ideatore e conduttore di “We Can Dance”, il celebre format tv, Dino Piacenti (nella foto con il figlio Stefano) è editore e speaker televisivo e radiofonico, cantante, dj, organizzatore e vocalist di eventi, direttore di “WCD Magazine” e di We Can Dance Communication. Dalla sua mente e da quella del figlio Stefano Piacenti è nata “Ragazza We Can Dance”, una kermesse che ha lo scopo di cercare nuovi talenti per la tv. A giorni partirà la sua nuova “invenzione” “We Can Work”. Quest’anno festeggia 40 anni di carriera. «Sono nato a Montreal perché i miei genitori per motivi di lavoro si erano trasferiti in Canada. Quando avevo 7 anni tornarono a Napoli dove ho studiato fino a diplomarmi capotecnico chimico all’istituto “Francesco Giordani”. Mi iscrissi anche all’università, ma dopo due anni abbandonai».

Perché?

«La passione per la musica si era impossessata completamente di me al punto da convincermi che il mio futuro era disegnato nell’ambito di questa splendida arte».

Come era nata questa sua “inclinazione”?

«Mi accorsi di averla a 14 anni e mi scoprii abile organizzatore di serate danzanti con amici e compagni di scuola. Allora usavo il giradischi con i 45 giri e gli Lp. Come dimenticarli! Poi iniziai a frequentare le discoteche dove assumevo sempre con maggiore autorevolezza il ruolo di dj alla consolle e di vocalist, allora si chiamava animatore. Qualcuno mi fece notare che avevo anche una voce intonata e improvvisavo qualche canzone, praticamente a cappella. Non esisteva ancora il karaoke».

Fu il momento della sua scelta di vita.

«Sì, mi dedicai anima e corpo a quello che era diventato un amore intenso. Era il periodo in cui ci fu l’esplosione delle radio libere che immaginai il mio migliore trampolino di lancio come speaker».

L’incontro con l’indimenticabile Ferruccio Amendola fu prodromico di quest’avventura.

«Mi aveva visto e sentito a Napoli in occasione di un concorso di bellezza che condussi. Lui era in giuria. Al termine dell’evento mi informarono che voleva parlarmi. Ero emozionatissimo. Mi avvicinai e lui, elegantissimo con l’immancabile foulard, mi disse: “hai una bellissima voce, ma parli come un cane”. Mi sembrò di ascoltare Rocky Balboa quando si rivolgeva a sua moglie Adriana. Gli chiesi se poteva impartirmi lezioni di dizione. È stato il mio “pigmalione”».

Con quale radio ha debuttato?

«Radio Amica nel 1978. Contemporaneamente facevo il vocalist nelle discoteche. Ho avuto la consacrazione al “Seven Up” fondata nel 1980 a Gianola, vicino Minturno. Era considerata la seconda discoteca più grande di Europa, capace di ospitare circa 6mila persone al suo interno. Nel settembre 1981 era stata teatro della finale di Miss Italia. Conobbi Claudio Cecchetto agli esordi della sua brillante carriera. Qualche anno dopo passai alla discoteca Charlie Brown Metropolis di Ischitella dove ho lavorato 10 anni. Ho incontrato tantissimi artisti tra cui Jovanotti, Gerry Scotti, Linus, Luca Carboni, Sabrina Salerno, tutti ancora poco conosciuti. Era il punto di riferimento del Sud Italia per i grandi eventi. Le serate più belle erano i veglioni che si facevano il 31 dicembre ai quali partecipavano 6/7mila persone. Ho avuto l’occasione di cantare in duo con Jovanotti».

Quell’atmosfera esaltante e ricca di emozioni contribuì a farla decidere di incidere un suo disco. Quale?

«“They call me Scorpyo”, il mio nome d’arte. Era il 1984 e il disco fu realizzato alla Heaven Studio S di Rimini. Lo produsse Angelo Valsiglio che ha lanciato Laura Pausini». Lo stesso anno riportò un “singolare successo”. Ce lo ricorda? «Mi piazzai al secondo posto nel concorso “Il più bello d’Italia”, svoltosi ad Alassio. É l’equivalente di “Miss Italia” per le donne».

Un passo indietro. Due anni dopo il debutto a Radio Amica e contemporaneamente a quello al Seven Up, iniziò anche la televisione. Con quale emittente?

«Napoli Tv, appunto nel 1980, con un programma fortissimo che si chiamava “Cogli la prima mela”. Era un gioco a quiz che si faceva nel pomeriggio e durava mezz’ora con la regia di Mario Albano. Tutti i giorni arrivavano centinaia e centinaia di telefonate di partecipazione».

Da questo momento comincia la sua escalation contemporaneamente su tre fronti: radio, discoteche e televisione. Ripartiamo dalla radio.

«Dopo Radio Amica passai a Radio Napoli Nord e quindi a Radio Alba Rete 5 dove condussi una trasmissione estiva l’“Abbronzafichissimi”. Era mitica, cominciava giugno e finiva ad agosto/settembre con collegamenti con le persone dal mare, quando si andava sulle spiagge con le radio a sentire la musica a tutto volume. Quindi Radio Ombra Sound e Radio CRC dove conducevo la trasmissione “Fans Club” al quale erano iscritti oltre 5mila fan. Poi tante altre tra cui Radio Ibiza e Radio Marte».

Per quanto riguarda le discoteche?

«Ho quasi perso il conto, ne ho fatte tantissime in tutta la Campania. Sicuramente tra le più importanti ci sono “Amazzonia” ad Agropoli, “D&D” a Santa Maria di Castellabate, “Zeus” ad Anacapri, la più grande dell’Isola Azzurra».

Relativamente alle televisioni un momento topico è stata la sua presenza a Canale 21, quando era patron Andrea Torino, papà di Paolo, l’attuale editore.

«Condussi “Gran Bazar”. Programma che successivamente è stato riproposto anche sulla rete nazionale. Con me c’era la bravissima giornalista e conduttrice televisiva Lorenza Licenziati. Il programma era un contenitore che durava quattro ore e andava in onda tutte le domeniche, la regia era di Pino Siciliano. Mi ero ritagliato uno spazio dove invitavo bellissime ballerine e facevamo la discoteca, in diretta, negli studi dell’emittente. Sono stato in questo veramente un pioniere. In quella trasmissione ho scoperto l’attore Walter Nudo. Poi ho partecipato a “Un’ora in curva B” con la conduzione di Gennaro Montuori, uno dei programmi più seguiti in Italia, in onda il giovedì sera. Ero il suo inviato e facevo un quiz: mostravo una foto dei tifosi nella curva B e chi si ricosceva vinceva il biglietto per la partita del turno successivo. Nel 1989 debuttai su Rai 2 con la trasmissione “Cocco” di Gabriella Carlucci. Mi portavo la console e trasformai lo studio in discoteca insieme a ballerine e ballerini. Insomma, proposi la stessa performance che mi ero inventato a Canale 21: discoteca live nello studio televisivo. La regia era di Pier Francesco Pingitore che, insieme a Mario Castellacci, ha dato vita alla compagnia “Il Bagaglino”. Poi con il maestro Mazza facevo in sile rap una sigla per come si dovevano acquistare i biglietti della Lotteria della Befana».

Quando decise di fare il grande salto e realizzare un format tutto suo?

«L’idea mi venne nel 1990 e lo spunto me lo diede il programma “MM Stor” in onda su un’emittente del Nord Italia. C’era uno spazio dedicato a video musicali di canzoni del momento, ma anche di musiche degli anni Settanta. Volli realizzare un format simile anche per la Campania e lo chiamai “We Can Dance”, cioè “noi possiamo ballare”».

In che cosa consiste?

«La nostra mission è accendere i riflettori sulle eccellenze del made in Italy attraverso una fitta rete di servizi che puntano sull’audiovisivo. Inizialmente la trasmissione andava in onda due volte a settimana su Canale 21. Durava 25 minuti e in ogni puntata c’era una classifica dei primi tre dischi più ballati e venduti, un’intervista a un vip e informazioni sulle recensioni che uscivano sugli artisti e sui dischi. Dopo tre o quattro anni cominciammo a lavorare in tutti i locali della Campania e il programma divenne quotidiano. Dal riscontro di approfondite indagini risulta che è in assoluto il format tv privato più seguito del Sud Italia, grazie soprattuto alla grande visibilità televisiva. Basta pensare che oltre 40 emittenti regionali, interregionali e nazionali lo trasmettono ogni giorno. Tra le varie attività siamo stati testata televisiva ufficiale delle tappe in Campania del Festivalbar, abbiamo seguito Sanremo e siamo stati il format ufficiale di “Casa Sanremo”. Curiamo tutti i concerti importanti della Campania e non c’è un artista napoletano o nazionale che non sia passato per “WCD”. Tra il 2015 e il 2017 siamo andati in onda anche su Canale Italia nazionale».

Come costola di “WCD” è nata “Ragazza We Can Dance”. Questa volta non solo per una sua idea.

«Il progetto è di mio figlio Stefano che da oltre dieci anni lavora strettamente al mio fianco. È una fonte inesauribile di idee e iniziative. Non si tratta di un tradizionale concorso di bellezza ma di una vera e propria sfida che vede in gara ragazze dalle spiccate doti comunicative, pronte a mettersi in gioco e mostrare il proprio carattere. Un tour itinerante tra le più belle location campane che accende i riflettori sulla nostra regione ponendo l’accento sulle sue eccellenze. Un’oppotunità per avvicinarsi al mondo dello spettacolo passando direttamente dalla porta principale. Per la vincitrice, infatti, c’è un contratto di collaborazione di un anno come conduttrice delle nostre produzioni televisive firmate “WCD”. “Ragazza We Can Dance” è diventato ormai una forte realtà, grazie anche al supporto di autorevoli sponsor che hanno fatto del concorso un evento di grandissima portata sin dal suo esordio».

Il concorso quest’anno avrebbe dovuto festeggiare il suo decimo compleanno. Lo ha impedito la pandemia Covid-19 ma lei non si è fermato.

«Insieme a Stefano ci siamo inventati “We Can Work”. È un nuovo format social di taglio giornalistico che nasce come costola di “WCD”. Io e Stefano andremo con la troupe televisiva nelle sedi delle piccole e medie imprese del nostro territorio. Intervisteremo i titolari per farci dire come hanno vissuto l’emergenza Covid-19, come la stanno vivendo e come si sono organizzati o intendono farlo nella graduale riapertura dopo il lockdown, anche in funzione dei contributi previsti dal Governo e dalla Regione Campania. Praticamente vado a sostenere queste aziende, dando loro voce e costituendo per esse un faro di visibilità e, perché no, anche di pubblicità attraverso i canali televisivi che utilizziamo da sempre, e che sono tanti. Alle nostre spalle c’è una squadra di commercialisti, aziendalisti, esperti di riconversione, programmazione e pianificazione aziendale, ai quali gireremo domande e quesiti che formuleranno i nostri intervistati. Inizierà tra qualche giorno».

Ha un sogno?

«Quello di potere brindare, in un’unica festa a fine anno, il mio 60° compleanno e i 40 anni di carriera. Voglio farlo con un grande evento al quale inviterò amici, giornalisti, artisti e tutte le persone che mi sono state vicine in questo lungo periodo di estenuante ma meraviglioso lavoro».

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