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I PERSONAGGI
17 Maggio 2021 - 19:45
Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Napoli, Emanuele Somma (nella foto) è specializzato in Ortopedia e Traumatologia. È esperto in chirurgia della spalla e dell’anca. Ha acquisito le sue competenze in Ortopedia presso l’università Federico II, poi ha approfondito le sue conoscenze presso l’istituto Humanitas di Milano prima di diventare Dirigente Medico nel Dipartimento di Ortopedia presso l’Asl NA 1 di Napoli. Oggi esercita la libera professione presso lo Studio AR.T.S di Napoli e opera presso le cliniche Ruesch e Sanatrix. Durante la sua carriera ha firmato 44 ricerche a livello nazionale internazionale. «Sono napoletano e ho frequentato le scuole del quartiere Chiaia. All’età di 14 anni ho cominciato a giocare a pallavolo a livello agonistico all’Associazione Polisportiva Partenope, ai Cavalli di Bronzo, e sono arrivato a militare fino alla serie B. La rottura del legamento crociato del ginocchio mi costrinse ad abbandonare questo sport che amavo moltissimo, quando avevo vent’anni».
Dopo la maturità scientifica conseguita al liceo Mercalli decise di iscriversi a medicina. Perché questa scelta?
«Era la mia prima opzione. In subordine pensavo a ingegneria. Desideravo fare il chirurgo pur non avendo nessun esempio in famiglia. Superai i test d’ingresso e iniziai il mio percorso universitario. Come gruppo docenti nella chirurgia generale c’erano i discepoli del professore Zannini, maestro indiscusso di quella branca».
La sua attenzione, però, si rivolse verso l’ortopedia. Come mai?
«L’infortunio al ginocchio mi fece conoscere il professore Mignogna, uomo e professionista di alto livello. Era stato primario al Cto di Napoli. Le sue visite mediche erano delle vere lezioni. Mi spiegò la complessa articolazione del ginocchio e finii con innamorarmi dell’ortopedia al punto che al quarto anno di corso iniziai a frequentare il Centro Traumatologico Ortopedico dove operava suo nipote, il compianto Paolo Mercogliano, e poco dopo anche la clinica Ruesch».
Nello stesso periodo prese parte al progetto comunitario Erasmus. Dove andò?
«A Parigi, all’ospedale universitario Henri Mondor. Ci sono rimasto per otto mesi nel reparto del professore Goutallier, famoso ortopedico. Fu un’esperienza molto bella e costruttiva che segnò le basi della mia formazione specialistica».
Quale tesi scelse per la laurea?
«L’argomento era sui trapianti di cartilagine e, in particolare, sui trapianti di condrociti che sono cellule del tessuto cartilagineo. Il direttore era il professore Nicola Misasi, studioso di questa nuova “frontiera” caratterizzata dalla somministrazione nel sito della lesione di una matrice di condrociti del paziente coltivati in laboratorio».
Dove fece il tirocinio post laurea?
«Coincise con l’ingresso alla scuola di specializzazione perché tra la laurea e la scuola praticamente non ci fu soluzione di continuità. Mi giovai, poi, del fatto che durante la specializzazione si può decidere di fare un anno dove si vuole e, al quarto anno, scelsi di andare all’Istituto Clinico Humanitas, a Milano. È un ospedale policlinico ad alta specializzazione, centro di ricerca clinica e scientifica e sede di insegnamento dell’Università Humanitas».
Perché proprio lì?
«Volevo imparare l’aspetto chirurgico che riguardava la spalla perché a Napoli era poco praticato. Andai al reparto del professore Alessandro Castagna che è stato il primo a fare interventi alla spalla in artroscopia. Aveva maturato una significativa esperienza in quell’ambito presso il Southern California Orthopaedic Institute (Stati Uniti), sotto la guida del prof. Stephen J Snyder. Inoltre si è formato nel campo della chirurgia a cielo aperto della spalla sotto la guida del professore Mario Randelli a Milano. È stato un vero maestro che mi ha consentito di fare una super specializzazione»
Conseguita la specializzazione di cosa si occupò?
«Inizialmente provai l’esperienza dell’ortopedia oncologica al Pascale, ma durò poco perché purtroppo quel grave tipo di patologia non lascia spazio alla soddisfazione di vedere il paziente guarito se non in rarissimi casi. Rimasi per un periodo al Policlinico dove misi a frutto l’esperienza maturata al’Humanitas in artroscopia della spalla e anche quella fatta al Cto per l’anca. Il professore Marinò, associato alla cattedra del direttore Misasi, al quale poi subentrò, mi dava sempre spazio e mi faceva fare anche interventi alla spalla in artroscopia, come primo operatore».
Dove andò?
«Vinsi un concorso come specialista ambulatoriale al Cto. Rincontrai, come specializzato, Paolo Mercogliano, e grazie a lui continuai a interessarmi dell’anca».
Quanto tempo è rimasto al Cto?
«Un anno e mezzo. Quando capii che “scalare la montagna” era praticamente impossibile, mi licenziai. Oltretutto il lavoro dipendente non si conciliava con il desiderio e l’ambizione di andare oltre».
E che cosa fece?
«Conobbi Antonio Arienzo con cui, nel 2007, decidemmo di costituire un’associazione che abbiamo chiamato Studio AR.T.S. con sede in via Generale Orsini al civico 30. L’acronimo sta per Artroscopia e Traumatologia Sportiva».
Di che cosa si occupa lo studio AR.T.S.?
«Si occupa della diagnosi e della cura di tutte le patologie ortopediche con un team altamente specializzato, avvalendosi delle metodiche più innovative per garantire la massima soddisfazione ad ogni paziente. I fiori all’occhiello dello studio includono i trattamenti di chirurgia a carico di spalla, anca e ginocchio. Alla nostra associazione nel 2013 si è unito il dott. Raffaele Mallardo, un giovane e valido ortopedico».
Con le vostre specializzazioni coprite tutte le patologie della spalla, del ginocchio e dell’anca. La colonna vertebrale, invece?
«Le patologie chirurgiche della colonna non le trattiamo ma trattiamo le patologie dell’evoluzione e degenerative. La nostra specialità sono le patologie degenerative articolari delle grandi articolazioni, in particolare il dottor Arienzo si occupa di ginocchio, il sottoscritto di chirurgia della spalla e dell’anca e il dottor Raffaele Mallardo di traumatologia e chirurgia delle piccole articolazioni. In ortopedia chirurgica, però, non si lavora mai da soli ma sempre in team per cui siamo sempre insieme, presenti a prescindere dalla specializzazione di ciascuno».
Che cosa è l’artrosi della spalla?
«L’artrosi in generale è una patologia degenerativa che colpisce soprattutto gli over 50 e comporta l’assottigliamento della cartilagine articolare fino alla sua completa scomparsa. Nella spalla può essere concentrica (presenza dei tendini della cuffia dei rotatori) ed eccentrica (assenza dei tendini della cuffia dei rotatori). In questo secondo caso il trattamento può essere conservativo o chirurgico. Il primo prevede terapia medica, terapia fisica, terapia infiltrativa. Il trattamento chirurgico invece prevede l’impianto di una protesi anatomica e/o inversa».
In quale struttura opera?
«Presso la Clinica Sanatrix e la Clinica Ruesch. Fino a tre anni fa operavamo in Campania e un fine settimana al mese a Bari e ad Arezzo. Partivamo in auto e con noi venivano medici in formazione, e la sera ci concedevamo piacevolissimi momenti di sano relax, soprattutto a tavola mangiando di gusto e chiacchierando su argomenti più disparati».
Quando ha eseguito il primo intervento alla spalla?
«Alla Clinica San Michele di Maddaloni. Ho vissuto attimi di ansia perché ero da solo. Normalmente si è assistiti da un chirurgo anziano che all’occorrenza dà consigli e che comunque supporta psicologicamente. La mia fortuna fu che venivo dall’ottima scuola del professore Castagna, cultore del metodo e grande maestro non solo di tecnica ma anche di meticolosità e calma».
Come siete organizzati alla Sanatrix e alla Ruesch?
«Ormai siamo pienamente integrati in entrambe le strutture. Alla Clinica Sanatrix abbiamo un reparto dedicato, i ricoveri infatti sono esclusivamente funzionali all’intervento. Allo studio facciamo la visita e programmiamo l’operazione chirurgica necessaria mentre in clinica abbiamo un’infermiera che cura il cronoprogramma redatto in base alla disponibilità delle sale operatorie. Le proprietà e le direzioni sanitarie delle due cliniche ci garantiscono grandi margini di autonomia per cui riusciamo a gestire senza intoppi il flusso di interventi settimanali».
Com’è il suo privato?
«Intenso e felice. Mia moglie Gabriella è dottore commercialista e ha svolto la libera professione fino a quando le è stato possibile. Quando siamo arrivati a quattro figli, Luisa, Agostino, Caterina e Beatrice, di cui la prima ha compiuto 18 anni questo mese, ha smesso di lavorare e si dedica quotidianamente alla loro crescita ed educazione. Il venerdì sera mi sono ritagliato uno spazio sportivo e gioco a tennis al Tennis Club Napoli, dove sono socio. Ogni sabato e domenica sono dedicati alla famiglia. Come rotariano, poi, sono fortemente impegnato nel sociale».
Come si definisce?
«Mia moglie dice che sono malato di ortopedia: è proprio così».
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