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IL FATTARIELLO
16 Marzo 2022 - 20:04
Giorni fa ero sul “Frecciarossa”, diretto a Milano per lavoro; che tristezza viaggiare oggi in treno! Non si dialoga più col compagno di viaggio; alcuni stanno perennemente a parlare col telefonino, mentre altri cliccano come dannati sul pc portatile. Ho provato un paio di volte ad attaccare bottone, come si dice, col mio dirimpettaio, ricevendo in cambio alcuni incomprensibili mugugni e quindi, non ho insistito oltre e me so fatto ’e fatte mie. Pensate che c’era un milanese che, per tutta la tratta Roma-Firenze, nun è stato ’nu mumento zitto; ha fatto un’arte a parlà al telefono, urlando tre quattro volte “a ghe pensi mi”, cioè “ce penz’io”, e alla fine ha detto “Va beh, ci vediamo domattina alle 10,25”. Ovviamente la prima cosa che mi ha colpito, è stata l’ora dell’appuntamento: 10 e 25. Mo’ ditemi voi: Avete mai sentito un appuntamento del genere a Napoli? Ma quanno maje. E così, lasciandomi cullare dall’andamento ripetitivo del treno, con la mente sono andato ai nostri unici, colorati e “indicativi appuntamenti: Ce vedimme a primma matina - verso ’e ddiece - attuorno ’e ddiece - ’a vutata ’e ddiece - ’a via ’e ddiece - sotto miezujuorno - primma ’e magnà - doppo magnato ’a calata ’o sole - verso ’e ssette ’e ssette e meza - primma ’e scur notte e via di seguito; e tutto ciò al solo scopo di crearci preventivamente un alibi, per autoregalarci un arco di temo utile all’incontro, onde consentirci la recita di quel magico c opione, da nessuno scritto e danoi tutti interpretato “E che ce steve ’ncopp’a tangenziale” oppure “a via Marina nun se cammenava proprio, secondo me ce steve ’o sciopero d’’e disoccupate. Ecco la magia di viaggiare in treno… con la mente tranquilla che può andare a quelle cose che la quotidianità non ti fa pensare. Ed alla fine del viaggio, giunto a Milano e fuori dalla stazione, onde dimenticare la “bubbazza” che mi avevano servito sul treno, mi sono infilato nel primo bar che ho visto ed ho ordinato un caffè; curioso per natura, mi sono fermato ad osservare la discesa veloce del caffè dalla macchina nella tazzina posta sotto e, mi sono soffermato ad osservare i vari avventori che chiedevano semplicemente: un caffè! Ed ho immaginato la stessa sena in un bar di Napoli: Un caffè ristretto - lungo - in tazza fredda - in vetro - amaro - zuccherato - macchiato - corretto ecc. e la lenta discesa, goccia dopo goccia, dalla macchina alla tazzina, e non come ’a funtanella vista nel bar meneghino. Con questo che voglio dire? Ca campamme meglio nuje? Nooo..per carità. Ho solo fotografato due scene di vita quotidiana; lascio a voi il compito di giudicare; per il resto “a ghe pensi mi”, mentre a Verona ce ha penzato Osimhen. Alla prossima.
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