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I personaggi

Giuseppe Russo, leader nel settore della moda

«Siamo esclusivisti territoriali di oltre 100 prestigiosi brand»

Giuseppe Russo, leader nel settore della moda

Giuseppe Russo con il figlio Daniele, la terza generazione

«Nasco a San Giacomo dei Capri al Vomero, ma quando avevo cinque anni la mia famiglia per motivi di lavoro di papà si trasferì a via Nazionale, nel cuore della Vicaria, vicino a dove abitava nonna. Mio padre era uno stimato e conosciuto maestro tagliatore di abiti che poi dava da cucire alle sarte dei dintorni perché fossero venduti nei negozi. Non esisteva ancora il prêt-à-porter. Ho studiato nelle scuole del quartiere e ho trascorso i primi anni dell’adolescenza come tutti i ragazzini della mia età. Giocavo a pallone e ci divertivamo con poco. Dopo le medie decisi di iscrivermi al liceo scientifico Caccioppoli che si trovava a Palazzo Fuga, l’Albergo dei Poveri. L’ingresso era da via Bernardo Tanucci. A 14 vanni, per dare una mano al menage familiare cominciai a lavorare. Ero diventato un lavoratore studente e il pomeriggio mi recavo nell’agenzia di un famoso rappresentante di abbigliamento d’alta moda. All’inizio facevo il magazziniere ma dopo un po’ divenni un tuttofare perché ero animato da impegno e tanta volontà e questo mi fece entrare nelle grazie del titolare che mi apprezzò e soprattutto ebbe piena fiducia in me. Fu un periodo duro e di grandi sacrifici ma mi temprò e mi avviò a una formazione professionale che mi ritornò di fondamentale importanza negli anni futuri. Nei cinque anni di liceo mi appassionai in modo particolare alle materie scientifiche. Si cominciava a parlare con sempre più frequenza di elettronica perché nel 1965 all’Olivetti di Ivrea era stato prodotto il primo Pc “Programma 101”. Alla Federico II non da molto era stata istituita la facoltà di ingegneria elettronica che nasceva da quella elettrotecnica e dallo sviluppo di sistemi di telecomunicazioni come la radio e la televisione. Queste novità, che in poco tempo avrebbero cambiato radicalmente la nostra vita, stimolarono la mia innata curiosità e chiesi ai miei genitori se potessero sostenere le spese necessarie per farmi iscrivere all’università e, in particolare, alla facoltà di ingegneria elettronica. Fu una richiesta audace perché a casa non navigavamo nell’oro. Eravamo quattro bocche da sfamare, ho una sorella più grande che attualmente vive a Milano, e papà aveva cambiato attività e stava affrontando il difficile momento dell’“avviamentosi”. Si faticava a sbarcare il lunario con i suoi guadagni e il piccolo contributo di mamma, sarta, che faceva gli aggiusti quando capitava. Ma erano due genitori dalla bontà infinita che per noi due figli avrebbero dato la vita. Mi dissero di sì e, abbandonato il lavoro part time, mi iscrissi alla facoltà. Purtroppo dopo il primo anno, quando avevo sostenuto anche l’esame più difficile del biennio, mamma e papà mi chiamarono e mi dissero che le cose non andavano come avrebbero sperato».

Che cosa era successo?

«Qualche anno prima, precisamente nel 1974, papà aveva deciso di rilevare, in società con un amico, un piccolo negozio di appena 50 mq in via Parma dove si vendevano mobili. Si chiamava Ideal Mobili. Avviarono un commercio di abiti da uomo partendo da zero. Non c’erano neanche i soldi per cambiare l’insegna e io suggerii loro di adattare quella esistente. Nacque Ideal Moda. Purtroppo sorsero dei dissapori, l’attività non decollava e papà pose al socio l’aut aut: o lui o l’altro perché in due non si poteva andare avanti. Il socio accettò di cedere a papà il suo 50% e si fece da parte. Papà per liquidarlo e avviare l’attività si assunse un debito di 30 milioni che a quei tempi erano veramente tanti soldi. I miei genitori mi fecero presente la situazione e mi chiesero se fossi disposto ad andare a lavorare al negozio a tempo pieno. Si infranse in quel momento il mio sogno di diventare ingegnere elettronico e solo per un momento fui avvolto da profonda tristezza. Immediatemente capii che la mia vita stava per cambiare e che dovevo mettermi al fianco di papà per riequilibrare le sorti della famiglia. Lasciai l’università e nel 1978, a 19 anni, cominciò la mia gavetta all’Ideal Moda».

Che compito le affidò suo padre?

«Inizialmente nessuno in particolare e mi rendevo utile per qualsiasi necessità. Decisi a un certo punto di mettere a frutto l’esperienza che avevo maturato all’agenzia di alta moda e cominciai gradatamente a “modernizzare” un sistema gestione in senso lato che aveva un’impronta troppo familiare. Papà si era portato dietro gran parte della clientela che aveva nel vecchio lavoro che era completamente diverso da quello di commerciante e quindi di venditore. C’era da gestire il rapporto con i fornitori, con i rappresentanti e con una nuova clientela più “giovane” che aveva un approccio diverso con il negoziante. Papà comprese immediatamente e mi lasciò fare concedendomi spazio. Si accorse che ero nato venditore perché creavo empatia con le persone, avevo un parlantina cordiale, corretta nella forma e nei contenuti, e soprattutto tanta pazienza che utilizzavo sempre con il sorriso sulle labbra. L’attività cominciò lentamente, ma con costanza, a progredire».

Il negozio era sempre quello di via Parma?

«Sì, ma nel 1985 avemmo una grande opportunità. Il titolare nel negozio successivo al nostro e che faceva angolo con via Nazionale affacciandosi sulla stessa, ci propose se volessimo rilevarlo. Facemmo un po’ di conti e il rapporto costi-benefici ci convinse che era il caso di accettare l’offerta. Raddoppiamo l’ampiezza del nostro esercizio commerciale che diventò di 100 mq. Ebbi l’idea di aggiungere nel nostro catalogo articoli di moda giovane e “sportiva” sempre per uomo. Fu una decisione vincente».

Perché, quali risultati portò?

«I nostri clienti diventavano sempre più trasversali. In negozio non entrava solo il professionista, prevalentemente avvocato e/o magistrato, grazie alla vicinanza con il nuovo Palazzo di Giustizia al Centro Direzionale, ma anche studenti, giovani laureati e figli dei nostri clienti abituali. Iniziammo con pochi prestigiosi brand nel campo della maglieria e dei jeans. Poi avemmo un’altra grande occasione che ci fece salire in alto, anche nel senso letterale della parola».

Cioè?

«Si rese libero l’appartamento sopra di noi che si estendeva per più di 100 mq. Lo ristrutturammo integralmente e lo collegammo con i locali al piano terra. Cresceva l’azienda e cresceva professionalmente anche il nostro primo collaboratore che, per noi, è parte della famiglia, un fratello, e che ci ha seguito passo dopo passo in questa fantastica avventura. Dissi a papà che era giunto il momento di affronare un’altra sfida, difficile perché di un settore particolare nel mondo della moda».

Quale?

«Gli abiti da uomo per matrimoni. Papà accettò a condizione che me occupassi interamente io perché il mondo del wedding, in questo specifico ambito, gli era completamente sconosciuto. È un segmento merceologico che ha logiche molto particolari e interlocutori esigenti le cui richieste vengono soddisfatte solo se si hanno competenze e conoscenze specifiche».

Lei aveva queste competenze?

«Le basi le avevo formate all’agenzia di rappresentanza di alta moda. Poi da tempo, oggi conto 38 anni, sono una presenza fissa al Pitti di Firenze, che ospita la fiera della moda più importante a livello mondiale, e al Quadrilatero della Moda di Milano. In quelle sedi ho approfondito di tutto e di più sulla moda maschile in tutte le sue declinazioni, inclusa quella che riguarda gli abiti da matrimonio. Naturalmete non ho mai trascurato il mondo della moda femminile».

Ebbe successo con questa nuova e ulteriore “collezione”?

«In breve tempo sfondammo e oggi trattiamo i brand più prestigiosi e siamo ai primi posti nella classifica a livello nazionale e leader nel nostro territorio. Insieme ad amici della moda, dei relativi accessori, come camicie e cravatte in particolare, e delle calzature, cominciammo a organizzare sfilate nei migliori hotel della Campania riservandole a un pubblico di nicchia. Continuiamo a farlo con notevole successo».

Nel 2009 il grande salto. Ci racconti.

«Abbiamo avuto la fortuna e la possibilità di rilevare il seminterrato sottostante il negozio che misura circa 450 mq. Lo abbiamo ristrutturato integralmente affidandoci ad architetti specializzati che ci hanno restituito un open space privo della quinta muraria, ideale per accogliere uno showroom, caldo e accogliente, degli oltre 100 brand più rinomati di cui abbiamo l’esclusiva territoriale. I tre locali sono collegati da un unico ascensore interno».

Ha detto che ha sempre prestato attenzione alla moda femminile. Che cosa trova una donna da Ideal Moda?

«Attualmente disponiamo di oltre 650 mq e perciò abbiamo potuto dedicarci anche al mondo femminile. Nei cataloghi dei prestigiosi marchi ci sono numerosi articoli di abbigliamento, prevalentemente sportivo, e accessori, che le donne di ogni età possono acquistare da noi. In tema di accessori abbiamo avviato anche la vendita di calzature sia maschili che femminili».

La soddisfazione più grande nella sua vita?

«La famiglia. Mia moglie Anna mi sta vicino da sempre. Siamo nel 40esimo anno di matrimonio e lavora con me. È sarta e ha il suo laboratorio in uno spazio di Ideal Moda che abbiamo destinato a sartoria, dove abbiamo trasferito anche le vecchie macchine da cucire di papà. Sono ricordi preziosissimi. Realizza gli aggiusti sulle misure che prendo io agli abiti dei clienti. Senza di lei non sarei arrivato ai livelli attuali e di questo le sono grato come moglie, madre e nonna. Abbiamo due figli. Il maggiore Antonio, come mio padre, ha 35 anni ed è ingegnere elettronico. Ha trovato la sua dimensione nel mondo del lavoro e svolge un’attività importante sul territorio. Ci ha regalato con la compagna della sua vita due splendidi nipotini, Joseph e James. Il secondo, Daniele, ha 31 anni e il prossimo giovedi, 4 luglio, si sposa. Dopo la maturita liceale decise di lavorare con me e rappresenta la terza generazione. È molto capace e durante il Covid, con una piattaforma realizzata dal fratello, ha creato il negozio Ideal Moda online. Ha avuto molto successo e lo gestisce a latere del negozio fisico».

L’evento più triste?

«La morte di papà avvenuta lo scorso anno. Fino all’ultimo è venuto al negozio e nei suoi occhi c’era la felicità di vedere realizzato un sogno e un grande successo partito da un negozietto di 50 mq. Per me è stato sempre un punto di riferimento importante e la sua immagine l’ho costantemente davanti agli occhi. Quest’anno avremmo dovuto festeggiare insieme i 50 anni di attività: papà grazie di tutto!».

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