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Il calabrone dipinto

Fuoco all’orizzonte, nelle opere di Ilia Tufano

La mostra al Museo d’Arte Contemporanea di Guarcino

Fuoco all’orizzonte, nelle opere di Ilia Tufano

Fuoco all’orizzonte, nelle opere di Ilia Tufano

Con il titolo di “Fuoco all’Orizzonte” si presenta la mostra di opere – circa quaranta e di piccolo formato – di Ilia Tufano al Museo d’Arte Contemporanea di Guarcino, diretto da Teresa Pollidori e Giulio Mizzoni. Sono in mostra varie opere della artista napoletana, distribuite su almeno due ampi registri di proposta creativa: l’uno, “materico”, l’altro “concettuale”. Nel primo caso, spiccano piccoli dipinti in cui, sulla base del “rosso”, inteso come riferimento alla forza energetica del “fuoco”, il pigmento si distribuisce sulla superficie con autonomia espansiva; nel secondo caso, emerge il concetto autonomo di “fuoco”, come semplice scrittura; e stimola la mente del fruitore a cercare collegamenti psicologici e riflessivi, utilizzando, inevitabilmente, il medium della parola, come suggerimento “concettuale” nel rapporto “rosso-fuoco” (nella foto un’opera).

Due registri, quindi, ma un unico riferimento: e il rosso e il fuoco che si fanno “segno” e non riduttivamente “simbolo”, suggerendo al curatore Carlo Bugli l’acuta prospettazione, di una lettura di scaturigini non meramente psicologiche, ma consapevolmente dottrinali, che rendono il fuoco un’idea dell’”archè”, del principio delle cose, quel fuoco che ha la vibratilità eraclitea, ma che costituisce anche “una” delle quattro radici empedoclee, elementi primari, di cui il fuoco è il più imprendibile, proprio come avviene, ancora oggi, nella concezione della Fisica, ove ritornano in “quattro”, la gravità, l’elettromagnetismo, la forza debole e la forza forte, quella stessa, in fondo, che tanto s’apparenta al fuoco.

Il merito di Ilia Tufano consiste nel saper dare sviluppo e pregnanza a concetti complessi e tormentati, rendendo attuale, nei termini dell’arte, un percorso millenario che oggi si innova, indiscutibilmente, sul piano della consapevolezza scientifica, ma senza turbamento di una concezione intellettuale che già ab antiquo aveva descritto la pregnanza ineffabile del divenire.

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