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I personaggi

Luca Cedrola, avvocato drammaturgo

«È emozionante la particolare connessione che le parole creano tra i personaggi»

Luca Cedrola, avvocato drammaturgo

Luca Cedrola

Avvocato, Luca Cedrola (nella foto di Annalisa Carbone) pubblica diverse raccolte di poesie “Le ali del gigante” (1991), “Lontano dall’isola” (1995), “Oltre diecimila” (1997) “Accecato dal buio” (2002), “La ricorrenza delle cose” (2012) e nel 2017 “La curva”. Nel 1997 esce il suo primo romanzo ““Abili Alibi” insignito del Premio Anassilaos per la narrativa nel 1998.

Il suo secondo romanzo, “Il compleanno di Charles Baudelaire” pubblicato nel 2006, ispira la trasposizione teatrale del dramma “Il compleanno di Baudelaire” interpretato da Giuseppe Zeno e diretto da Bruno Garofalo. Lo spettacolo è presentato in prima nazionale al Teatro Nuovo di Napoli nel 2013 e l’anno successivo va in scena allo Stabile di Napoli presso il Teatro San Ferdinando. Sempre nel 2013 è rappresentato “V.è.r.d.i - Vi è ragione di interrogarsi” con Orlando Cinque, Elena Somma e Mariano Bellopede con la regia di Bruno Garofalo.

In una seconda versione del 2014 lo spettacolo è interpretato da Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini. Sono del 2015 la pièce “Onorevole Catilina” e il dramma “Diario di sé - Nel labirinto di Anais Nin” in scena in prima nazionale al Napoli Teatro Festival Italia e interpretato da Vanessa Gravina e Graziano Piazza.

Nel 2016 la storica Casa editrice fiorentina “Nardini Editore” gli affida la direzione editoriale della collana “Sottotesto, sopra il teatro” dedicata alla drammaturgia contemporanea. Sempre nel 2016 esce “Hotel Follia” un racconto poetico ispirato ai diari del grande psichiatra francese Jean Leguirec. Il libro è tradotto nel 2018 in Bulgaria. Nel 2017 scrive “Offelia” a cui Arturo Annecchino si ispira per la creazione di “Offelia Suite”, opera in olofonia per pianoforte, voce e suoni con lo stesso Annecchino e Viola Graziosi presentato in prima nazionale alla 37esima edizione del Festival “La notte dei poeti” nel luglio del 2019 e poi proposto ai Festival di “Radicondoli” e “Quartieri dell’Arte”.

L’opera è stata trasmessa da Rai Radio Tre ed ospitata in lingua francese all’Istituto di cultura italiana di Parigi nel febbraio del 2020. Nell’aprile 2020 esce “Lisbona: negli occhi di Fernando Pessoa”. Un racconto breve dedicato al grande poeta portoghese. Ad agosto 2020 debutta al Teatro antico di Segesta il suo lavoro “Elena tradita” con Viola Graziosi e Graziano Piazza. A luglio 2021 esce una nuova raccolta di poesie: “Undici”. C’è poi un testo mai rappresentato che affronta il tema del rapporto degli italiani con la politica che si chiama “Il Ballo del potere”. È fondatore e segretario dell’associazione SEE Writers (South east Europe Writers) che riunisce quattordici nazioni del sud est Europa.

«Sono vomerese e ho sempre vissuto nel quartiere collinare tranne che per un breve periodo, quando frequentavo le scuole medie, in cui la mia famiglia si trasferì in via Tasso. Le superiori le ho fatte al liceo classico Jacopo Sannazaro, la scuola degli adolescenti definiti “perbene” del Vomero, non di rado in simpatica competizione con i “cugini” dell’“Umberto” di via Carducci. Vi aveva insegnato mio nonno Giovanni negli anni Trenta ed è stato anche l’istituto dei miei genitori, Giuseppe e Maria Rosaria Lepore, e di mia sorella Antonella».

Classico e non un altro indirizzo, quindi, per tradizione familiare?

«Diciamo che non ho mai pensato di fare una scelta diversa. Un po’ per tradizione di famiglia, è vero, ma soprattutto perché ho sempre amato la cultura classica e la storia. Da bambino ero profondamente affascinato dalla figura di Ulisse. Ho amato leggere e sin da piccolo avvertivo un legame forte e insondabile con il mondo delle parole. Ascoltavo, per esempio, con grande attenzione i testi delle canzoni dei cantautori italiani».

Ha praticato qualche sport?

«Da ragazzo amavo giocare a calcio. Una delle mie grandi passioni anche da tifoso. Tra le urla di mamma mi “allenavo” a parare anche in casa, nella mia stanza, tirando una palla contro una parete. Il mio mito era il portiere del Napoli Luciano Castellini».

Dopo la maturità classica ha scelto la facoltà di giurisprudenza. Per quale motivo?

«Sono figlio di uno psichiatra, attività interessante, ma la medicina non mi ha mai interessato. Il diritto, invece, lo sentivo più congeniale alla mia passione per gli studi classici tanto è vero che la tesi la feci sull’opera legislativa durante l’impero di Marco Aurelio, l’imperatore filosofo, con il compianto Tullio Spagnuolo Vigorita. Il professore mi propose di avviare un percorso nell’Università e di andare in Germania per imparare il tedesco. Ma non accolsi il suo invito perché avevo altri progetti».

Cioè?

«Mia madre voleva che diventassi magistrato ma io desideravo e sentivo di voler diventare un avvocato. Credo davvero che nell’ambito delle professioni giuridiche, purché sia fatta in un certo modo e ad un certo livello, l’avvocatura rappresenti quella più affascinante e difficile. Devi sapere coniugare tante cose. Dalla capacità di trovare e gestire il cliente a quella di studiare costantemente; soprattutto devi reggere l’enorme pressione e responsabilità che ti porta ogni questione, ogni scelta che devi affrontare. E poi è un lavoro che mi piace perché, a volte, puoi fare la “cosa giusta”».

Qual è la sua specialità?

«Mi sono dedicato al settore della crisi di impresa e del diritto societario. Devo dire che non mi sono mai annoiato. In trent’anni di professione ho conosciuto tanta varia umanità osservando la vita delle persone tanto nella sua nobilità d’animo quanto nella sua meschineria. Osservare e vivere le contraddizioni dell’animo umano ha sempre nutrito l’altra parte di me. Quella che, sin da ragazzo, sognava di diventare uno scrittore».

Quando è nata la passione per il teatro?

«Il mio incontro con il teatro è stato per certi versi casuale. Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia che mi ha educato al valore della cultura. Ho sempre amato il cinema, la musica, la letteratura. Già alle medie cominciai a comporre poesie e poi a ventidue anni scrissi il mio primo romanzo, “Abili Alibi”, che fu pubblicato qualche anno dopo da Guida Editore. Dopo pubblicai, sempre con Guida, un libro dedicato a Charles Baudelaire, una delle mie grandi passioni. Il libro, grazie a un amico e per quelle strane traiettorie del destino, arrivò nelle mani di Bruno Garofalo, regista e storico scenografo di Eduardo De Filippo. È stato Bruno a vedere il “Teatro” nel mio libro. Dopo un po’ di anni, nel 2013, siamo riusciti ad andare in scena, con protagonista Giuseppe Zeno. L’anno dopo siamo stati al San Ferdinando e nel 2015, sempre con Bruno, debuttammo al Napoli Teatro Festival con un lavoro dedicato alla scrittrice francese Anais Nin, interpretata da Vanessa Gravina. In quella occasione conobbi Graziano Piazza un incontro che ha rappresentato una svolta nella mia carriera».

In che senso?

«Graziano, oltre ad essere una bellissima persona, è uno tra i più bravi e affermati attori di teatro italiani. Con lui è nata una bella amicizia che mi ha consentito di “uscire” da Napoli e conoscere le diverse realtà di cui si compone il Teatro italiano. In quegli anni Graziano cercava di portare avanti dei nuovi progetti e mi chiese di scrivere un lavoro sulla figura di Ofelia che avrebbe interpretato una grande attrice come Viola Graziosi. È nato così il testo di “Offelia” opera che, musicata da Arturo Annecchino, è divenuta poi “Offelia Suite”. Lo spettacolo è stato trasmesso anche da Radio Rai e che nel febbraio del 2020 abbiamo portato all’Istituto di cultura italiana di Parigi in versione francese. “Offelia Suite” ha vinto un importante premio internazionale sia per l’interpretazione di Viola che per la drammaturgia ed è tuttora molto richiesto. Siamo stati a L’Aquila nel luglio scorso e nel prossimo dicembre saremo per dieci giorni a Milano al “Franco Parenti” e poi a Palermo e Roma. Spero si possa rappresentare anche a Napoli dove non siamo riusciti a venire nel 2020 a causa del Covid».

È impegnato solo come drammaturgo oppure recita e fa anche regia?

«La vita ha il merito di sorprenderti sempre. È successo che per uno spettacolo che ho scritto nel 2020, “Elena tradita” interpretato da Viola e Graziano, è nato un piacevole problema. Graziano è stato nominato direttore del Teatro Stabile di Catania e quindi non poteva recitare per altre produzioni. In un momento di pura follia, mi hanno proposto di sostituirlo in scena. Devo dire che proprio per il rispetto che nutro per gli attori non pensavo di accettare. Ma alla fine, modificando alcune cose nel testo e ritagliandomi un ruolo da inquisitore, prossimo al mio lavoro di avvocato e rigorosamente “a leggio“ ho affrontato la sfida».

Quando c’è stato il debutto in questa insolita veste?

«In Sicilia a luglio scorso, nel sito archeologico di Hymera. Abbiamo fatto una piccola tournée questa estate. Lo spettacolo gira nel circuito dei Teatri di Pietra. Una delle esperienze più belle che ho vissuto è stata vedere rappresentato “Elena tradita “ all’alba a Segesta, uno dei teatri più suggestivi del mondo. Andare in scena mi ha insegnato molto sul teatro e sulla particolare connessione che le parole creano tra i personaggi. Credo davvero possa essermi utile per migliorarmi come drammaturgo».

C’è tra le opere che ha scritto una per la quale ci tiene in modo particolare?

«Un lavoro che rappresenta un omaggio a mio padre e alla sua attività professionale. Si chiama “Hotel Follia”ed è ispirato ai diari dello psichiatra francese Jean Leguirec. Per il teatro è stato messo in scena anche un testo dedicato alla storia di Napoli intitolato “V.e.r.d.i. Vi è ragione di interrogarsi”, grazie al quale ho conosciuto un altro grande amico del mondo teatrale, Orlando Cinque».

A quale progetto si sta dedicando?

«Sto lavorando ad un adattamento de “Il compimento dell’amore” di Robert Musil».

Ha altre passioni oltre al teatro?

«Certamente il calcio. Sono tifoso del Napoli e, anche se cerco di darmi un tono, ancora adesso come quando ero un bambino, soffro molto emotivamente le partite. Mi piace tanto l’arte contemporanea e mi sono cimentato anche in qualche tentativo artistico. Amo anche molto viaggiare. Ho avuto poi una grande passione per la vita associativa; in particolare negli anni giovanili che ho vissuto nel Rotaract. Anche la successiva esperienza nel Rotary è stata importante. La vita associativa mi ha molto migliorato e vi ho incontrato diverse persone a cui sono rimasto legatissimo. In assoluto, però, la mia più grande passione, quella che ho cercato di coltivare al meglio che potevo, sono le mie due figlie Benedetta e Vittoria. Due anime profondamente diverse tra loro ma entrambe piene di talento e di valori. Qualsiasi cosa riuscirò mai a fare nel mio lavoro o nel mondo dell’arte saranno sempre loro la cosa più importante della mia vita e la mia passione più intensa, necessaria e vera».

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