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07 Gennaio 2025 - 14:33
NAPOLI. Ermanno Caputo (nella foto) è la quarta generazione dello storico “giocattolaio” del Vomero. È appassionato di modellismo e si è dedicato eslusivamente a questo segmento di mercato. Al quarantennale negozio di via Cilea affianca dal 2008 la vendita on line per stare al passo con i tempi e per raggiungere clienti e appassionati al di fuori del territorio campano.Questa combinazione tra la presenza fisica e quella digitale gli ha permesso di unire il meglio di entrambi i mondi, offrendo un servizio completo, che oggi è fondamentale per rimanere competitivi e soddisfare le esigenze di tutti.
«Nasco a Napoli da Gaetano Caputo e Annamaria Ventra, ho frequentato i Salesiani per le scuole medie e il Denza per il liceo scientifico. Ho sempre avuto una spiccata curiosità per la matematica, la fisica, la biologia o la chimica, per cui questo indirizzo è stato probabilmente una scelta naturale che mi ha aiutato a sviluppare un pensiero logico e analitico, utile per risolvere problemi in vari contesti, sia lavorativi che no. Da ragazzino ho praticato vari sport: sci, tennis e particolarmente il calcio quando ancora si giocava anche a livello amatoriale in 11».
Dopo la maturità scientifica che cosa ha fatto?
«Mi iscrissi all’università, ma abbandonai presto perché volli entrare immediatamente nel campo del lavoro inserendomi nell’attività familiare del commercio, settore giocattoli. Cominciai a imparare il difficile mestiere del venditore, una vera arte, e quello degli acquisti specializzandomi nel seguire il settore modellismo (auto, aerei, treni e navi)».
Lei è la quarta generazione di questa “icona vomerese” che ha fatto sognare tantissimi bambini, me incluso. Quando nasce l’azienda?
«Nel 1903 a piazza Vanvitelli 4, il cuore del quartiere Vomero che appena iniziava a nascere con grandi prospettive di sviluppo. Si era alla vigilia della Befana e pertanto il neoimprenditore, il mio bisnonno, mise in mostra dei giocattoli, ben diversi da quelli di oggi, non disdegnando la vendita di casalinghi, detersivi… etc. Da storie che si sono tramandate in famiglia, ricordo quella che racconta il momento in cui il Banco di Napoli, nuovo proprietario dell’immobile, chiese un sensibile aumento del canone di locazione. Mi dicono che il bisnonno, con le mani nei capelli, si rivolse alla bisnonna ripetendo “come facciamo”… altri tempi o forse sempre le solite preoccupazioni. L’attività fu portata avanti dal figlio Ermanno, mio nonno, di cui ho ereditato il nome, ma la persona che ha dato impulso e crescita all’azienda è stato mio padre Gaetano».
Che cosa fece?
«Agli inizi degli anni ’60 cominciò un progetto di crescita dell’azienda prima con due appartamenti nel palazzo attiguo al negozio in piazza Vanvitelli che consentirono maggiori spazi espositivi per poi arrivare nel 1975 con l’inaugurazione di uno dei primi megastore (500 mq) nella sede di via Enrico Alvino, una traversa di via Scarlatti, sempre al Vomero».
È stata la sua “scuola”
«Erano gli inizi degli anni ’80 e ho cominciato a farmi le ossa. Spinto dalla passione sia sportiva che stradale per il mondo delle quattro ruote, ho dato uno sviluppo importante a tutto ciò che riguardava il “pianeta” modellismo, esplorando non solo i modelli di auto, ma anche di treni, navi e aerei. Questo impulso mi ha portato, nel 1988, a creare "“Caputo Modellismo”, un negozio che in quasi 40 anni di attività è cresciuto ed è diventato un punto focale per gli appassionati dell’hobby in Campania e non solo».
Il suo negozio è stato definito come uno degli ultimi “avamposti di civiltà”. Perché?
«La dedizione alla qualità, alla cura dei dettagli e all’assistenza personalizzata sono sempre state le colonne portanti della mia attività. Per questo motivo evidentemente il mio negozio è stato descritto da un cliente come uno degli ultimi “avamposti di civiltà”. È una definizione che mi ha profondamente toccato e che rappresenta, per me, il vero cuore di questa attività».
Ci spieghi meglio.
«È un riconoscimento che va oltre il semplice aspetto commerciale. Significa che, nel mio piccolo, sto riuscendo a mantenere viva una tradizione, un’arte, e un legame con il passato che tante persone, specialmente quelle più giovani, non hanno mai conosciuto. Il modellismo, con la sua capacità di stimolare la creatività, la pazienza e l’attenzione ai dettagli, è una passione che in qualche modo resiste al tempo, ma che rischia di scomparire se non viene custodita».
Sente il peso e la responsabilità che conseguono a questo riconoscimento?
«Certamente avverto l’obbligo, il dovere ancor meglio, di fare tutto il possibile per preservare luoghi, che non sono solo negozi, ma vere e proprie comunità di appassionati e di persone che credono nell’importanza della qualità, del fare le cose con calma e con amore, e del mantenere vivi valori che rischiano di essere dimenticati. Il cliente che poi diventa amico, da me non trova un semplice prodotto, ma un angolo di autenticità, un luogo dove l’arte del modellismo viene tramandata, dove ogni pezzo è scelto con passione e ogni consiglio è dato con competenza. Le chiacchierate, le risate, le storie condivise con i clienti sono un valore che va oltre la vendita. È un’esperienza che, in un mondo sempre più frenetico e digitalizzato, rappresenta un rifugio, un’ancora di serenità, dove il tempo sembra scorrere più lentamente».
Cosa rappresenta per lei il modellismo?
«Molto più di un semplice hobby: è un vero e proprio campo che unisce arte, cultura e passione. È un’espressione che trascende il semplice assemblaggio di modelli in scala, diventando un mezzo attraverso il quale si esplorano la storia, la tecnica, e la creatività».
Perché è arte?
«Ogni pezzo, che si tratti di un aereo, di un veicolo, di un edificio o di una figura, è il frutto di una creazione che richiede abilità, pazienza e una grande attenzione ai dettagli. La realizzazione di modelli in scala è, in molti casi, una vera e propria opera d’arte, dove l’artigianato si fonde con la creatività. La pittura, la personalizzazione e la cura dei particolari fanno del modellismo una forma di espressione visiva che può rappresentare qualsiasi epoca storica, immaginario o concetto».
Perché è cultura?
«Ogni modello racconta una storia, sia essa reale o fantastica. Spesso i modellisti si immergono in periodi storici specifici ricreando eventi, battaglie o scene di vita quotidiana. Per esempio, costruire un aereo della seconda guerra mondiale o una navetta spaziale rappresenta non solo l’aspetto tecnico, ma anche il recupero e la trasmissione di una memoria storica. I modellisti diventano, in un certo senso, custodi della cultura e della storia, portando a nuova vita eventi o tecnologie passate attraverso il loro lavoro».
In estrema sintesi il modellismo per lei è riconducibile a un’attività che, come dice la Treccani, è “creativa da cui nascono prodotti culturali a cui si riconosce un valore estetico”.
«Assolutamente sì. È un incrocio tra arte e cultura che merita di essere valorizzato. Non è solo un’attività che occupa il tempo, ma è un mezzo per comprendere il mondo, riscoprire il passato e stimolare la propria creatività. Con ogni modello costruito, il modellista porta avanti una tradizione, rendendo l’arte e la cultura del modellismo un patrimonio vivo, che resiste e cresce, anche in un mondo sempre più digitale. E questo tema dell’“arte nel modellismo” è stato anche un titolo di una trasmissione televisiva curata da me negli anni ’90 per la tv privata Televomero su un’idea del presidente Tajani. Creammo dieci puntate dove per ogni tema intervenivano esperti ed appassionati del settore».
Ci sarà la quinta generazione?
«Non lo so. Al momento i miei due figli continuano a portare più gioia e significato alla mia vita ma si occupano di altro. La più grande, dopo aver completato gli studi a Milano, è stata assorbita nel mondo del lavoro del nord e già ricopre posizioni manageriali in una multinazionale. Il suo percorso è un chiaro esempio di come la dedizione e l’impegno possano portare a traguardi significativi, anche a livello internazionale. La sua carriera è in continua ascesa, e il fatto che sta già occupando ruoli di responsabilità in una grande azienda mi riempie di orgoglio. Il più piccolo, invece, dopo varie esperienze e collaborazioni lavorative, ha deciso di investire in quello che oggi, a Napoli, sembra essere uno dei settori più dinamici e promettenti: il turismo. Ha scelto di aprire un b&b, un’attività che non solo risponde a una crescente domanda di accoglienza nella città, ma che riflette anche un desiderio di contribuire alla valorizzazione del territorio. Il suo impegno nel settore turistico è un segno di come la passione per il nostro patrimonio e la voglia di offrire esperienze autentiche possano essere trasformate in un’opportunità professionale concreta».
Quasi 40 anni di attività. Un bilancio?
«“Caputo Modellismo” in questo lungo periodo ha messo a disposizione un negozio che affonda le radici in una lunga storia di passione, dedizione e realizzazione. Il negozio ha visto passare tantissime persone, alcune delle quali sono diventate amici, altre sono tornate nel corso degli anni, magari accompagnando i propri figli e raccontando loro le stesse storie di quando erano giovani. Quarant’anni di attività non sono solo il segno di una lunga carriera, ma di una vita intera intrecciata con quella del negozio. La felicità di modellisti e collezionisti risiede nel fatto che, per così tanto tempo, hanno avuto l’opportunità di fare ciò che amavano, di essere testimoni e protagonisti di un mondo che ha continuato a crescere, evolversi, ma che per loro è rimasto sempre lo stesso: un mondo di passioni, di creatività e di legami profondi».
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