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I PERSONAGGI
27 Gennaio 2025 - 17:53
Francesco D'Andrea
Francesco D’Andrea è laureato cum laude in Medicina e Chirurgia alla Federico II e specializzato in Chirurgia Plastica. Nel 1987 ha vinto il concorso come ricercatore presso l’Università degli Studi di Reggio Calabria e nel 1989 con tale qualifica si è trasferito presso l’università La Sapienza di Roma. Professore associato nell’ateneo di Reggio Calabria e poi della Seconda Università di Napoli, dal 2001 al 2015 è stato professore ordinario e direttore della scuola di specializzazione di Chirurgia Plastica presso la Seconda Università di Napoli, coordinatore di un dottorato di ricerca, coordinatore di Master di II livello.
Dal 2016 è professore ordinario di chirurgia plastica e direttore della scuola di specializzazione di Chirurgia Plastica, ricostruttiva ed estetica presso l’Università Federico II di Napoli. È coordinatore di master e corsi di perfezionamento. È stato vincitore di premi e borse in ambito nazionale. È stato responsabile di progetti di ricerca Miur (1992-1993-1994-1995-1996-1997- 2008) e di progetti di ricerca di ateneo (2001-2002).
È stato coordinatore scientifico nazionale di un PRIN per l’anno 2004-6. Ha svolto diversi soggiorni all’estero (Inghilterra, Usa, Spagna, Svezia, Finlandia) di cui alcuni di lunga durata, ed è abilitato all’esercizio della professione in Inghilterra. Ha organizzato ed ha partecipato all’organizzazione di congressi nazionali ed internazionali della specialità.
È stato segretario nazionale, tesoriere ed attualmente Presidente nazionale della Società Italiana di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica, è membro della International Society of Plastic Surgery e di numerose società scientifiche affini nazionali ed internazionali, ricoprendo in alcune di queste incarichi ufficiali. È autore di oltre 120 pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali, molte indicizzate e con fattore di impatto.
«Nasco a Siena da padre cosentino e madre modenese. All’età di 2 anni mi sono trasferito a Napoli, mia città di adozione, dove ho frequentato le scuole inferiori, il liceo classico e l’università».
Oltre allo studio praticava qualche attività sportiva?
«Ho sempre amato lo sport e in epoca giovanile ne ho praticati tanti, dal calcio allo sci, dal nuoto al windsurf ma il tennis è stato il mio preferito e rimane ancora oggi una splendida valvola di sfogo».
Perché si iscrisse a medicina?
«È stata una mia passione fin da piccolo, non ho mai avuto dubbi sulla scelta. Da bambino mi divertivo a fare il dottore con le bambole di mia sorella. Certamente mio padre, medico neurochirurgo e professore universitario, ha influito sulla scelta. Ricordo ancora oggi i suoi racconti relativi alla sua attività e di quando su mia richiesta mi portava ancora ragazzo in clinica a vedere le sue operazioni. Un episodio in particolare mi ha dato un grosso impulso nella scelta. Ero ancora un ragazzo quando durante le vacanze di Natale mio padre fu chiamato dall’ospedale di Cosenza per un urgenza, ma bloccato sulle montagne della Sila da una tempesta di neve, fu impossibiltato a muoversi e guidò a distanza, per via telefonica, passo passo il chirurgo presente in sala operatoria. L’intervento andò a buon fine ed ebbe grande risonanza per quell’epoca, anticipando di molti anni quella che poi è diventata nei giorni nostri, con sistemi tecnologici avanzati la telemedicina».
Come è stato il suo percorso universitario?
«Ho studiato alla Federico II di Napoli dove mi sono laureato e poi specializzato in Chirurgia Plastica. Sono stati anni di intenso studio ma ricchi di motivazioni e soddisfazioni».
Riusciva a concedersi qualche distrazione?
«Certamente. Il percorso formativo in medicina era impegnativo e quindi assorbiva molto tempo, ma ho sempre ritagliato spazio per le amicizie e lo svago».
Quando decise di fare il chirurgo?
«Subito. Mi sono iscritto a Medicina già con l’idea di scegliere una branca chirurgica. In prima battuta pensavo di fare l’oculista, branca poi scelta da mio figlio Luca, e poi ad un anno dalla laurea, a seguito dell’arrivo in Facoltà di un giovane professore di chirurgia plastica, Nicolò Scuderi. Era una branca all’epoca poco conosciuta, cambiai idea e mi appassionai a questa specialità».
Chi considera il suo maestro?
«Il mio percorso formativo è stato alquanto articolato e si è sviluppato in più fasi. Sicuramente il professore Scuderi è colui che mi ha avviato in questo percorso».
Con quale tesi si è laureato?
«Una tesi sperimentale di chirurgia plastica sulla cicatrizzazione delle ferite».
Perché la specializzazione in chirurgia plastica?
«Una scelta dettata dal fascino di poter riparare o reintegrare tessuti alterati a seguito di patologie o semplici inestetismi, estremamente creativa e fuori dagli schemi classici delle altre specialità chirurgiche. Ogni intervento è diverso dall’altro e va pianificato con una progettualità precisa sapendo adattare le varie tecniche disponibili ai singoli casi».
Qual è la differenza tra i due tipi di chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva?
«La chirurgia plastica comprende sia la quella ricostruttiva che quella estetica. Tra i due approcci esiste una differenza molto sfumata. Infatti in entrambi i casi l’obiettivo è di riparare difetti corporei e quindi perseguire un risultato estetico. Quello che cambia è la condizione clinica di partenza: patologia o semplice inestetismo. La chirurgia ricostruttiva ha come obiettivo il ripristino della funzionalità e dell’aspetto normale di una parte del corpo alterata a seguito di malformazioni congenite, traumi, tumori o ustioni. Per esempio la ricostruzione della mammella dopo un tumore al seno, la riparazione di ferite traumatiche, l’asportazione di tumori della pelle e cosi via, tutte condizioni in cui la malattia si accompagna anche all’alterazione dell’aspetto fisico. La chirurgia estetica si occupa di migliorare l’aspetto esteriore di una persona, senza che ci sia una necessità medica o funzionale. È quindi una chirurgia voluttuaria il cui obiettivo è modificare caratteristiche fisiche imperfette che per motivi puramente estetici determinano un disagio psicologico».
Di quale delle due si occupa?
«Come specialista e docente di chirurgia plastica nella mia pratica clinica esercito entrambe le attività».
Dove ha cominciato?
«A Napoli all’Università Federico II, dove sono infine ritornato dopo aver girato per motivi di carriera universitaria altre sedi (Università di Roma Sapienza e Università di Catanzaro). Ho svolto vari soggiorni all’estero di approfondimento e perfezionamento, alcuni di lunga durata, negli Stati Uniti, in Inghilterra, Svezia, Finlandia, Spagna».
I chirurghi estetici sono chiamati anche “chirurghi dell’anima”. Perché?
«Perché il corpo in qualche maniera è lo specchio dell’anima e quindi anche piccoli difetti possono diventare causa di grandissimi disagi. Correggendo l’inestetismo in qualche maniera correggiamo anche l’anima. L’importante è svolgere la chirurgia estetica con serietà professionale, sapendo scegliere ed indicare le terapie più giuste e soprattutto sapendo dire no quando non c’è indicazione».
Il ricorso alla chirurgia estetica è aumentato nel tempo. Perché?
«La richiesta di chirurgia estetica è aumentata nel tempo per una combinazione di fattori sociali, culturali, tecnologici e psicologici. Viviamo in un mondo in cui l’apparire è sempre più importante e la bellezza è considerata un bene primario legato alla qualità della vita. Molte persone scelgono la chirurgia estetica per migliorare la propria autostima e sentirsi meglio con se stesse, soprattutto se percepiscono alcune imperfezioni fisiche come fonte di insicurezza. Questo è il motivo per cui le richieste sono molto aumentate negli ultimi anni trasformando questa disciplina da una attività di nicchia riservata a pochi ad una attività di massa riservata a tanti».
Qual è il suo metodo di lavoro?
«Apparentemente sono disordinato, ma nella realtà faccio tutto con grande precisione e attenzione, dividendomi tra il ruolo di docente universitario e direttore di una scuola di specializzazione e di Master, con quello di medico specialista».
Quanto incide la tecnologia sulla chirurgia plastica estetica contemporanea?
«Come tutta la medicina anche la chirurgia plastica ha sviluppato numerose tecnologie che hanno modificato in senso migliorativo le performance sia in campo ricostruttivo che estetico. Tra le principali innovazioni in questo campo ricordo le tecnologie di imaging 3D e realtà aumentata, i vari tipi di laser, nanotecnologie, la attualissima medicina rigenerativa che consente di rigenerare tessuti danneggiati o invecchiati».
Quanto incidono queste tecnologie sugli interventi?
«Moltissimo, perché rendendo la chirurgia plastica sempre più sicura, efficace e accessibile, aprono la strada a soluzioni personalizzate e meno invasive per migliorare i risultati e la qualità di vita dei pazienti».
Nel privato coltiva qualche interesse in particolare, ha un hobby?
«Al di fuori del lavoro ho vari interessi. Mi piace la musica, il mare, strimpellare in maniera amatoriale la chitarra, e nonostante l’età giocare ancora a tennis, mia passione giovanile che rappresenta un grandissimo svago e passatempo».
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