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L’Inter cade ancora e Conte ringrazia Ranieri

Se questo campionato un po’ sfigato si sta concludendo con emozioni antiche lo dobbiamo anche al leader di un gruppetto di tecnici/maestri che lavorano e insegnano

L’Inter cade ancora e Conte ringrazia Ranieri

Claudio Ranieri

L’Inter dominatrice della stagione sta pagando secondo tradizione l’Effetto Bologna e realizza in un botto la crisi gufata dai media e dai guru: ricade davanti alla Roma, il Napoli liquida il Toro e conquista il primato di classifica con quei tre punti che ballano avanti e indietro ormai da tempo. Ma non è finita.

La Beneamata vuole andare avanti in Europa, fra poco ripenserà allo scudetto. È un felice ritratto del coraggio. Anche se ho pensato - mi perdoni Marotta - che la crisi sia scoppiata buttando via la Coppa Italia con il quarto derby perduto. Li ho visti in campo, i nerazzurri, mi son parsi teleguidati da una consegna: non pensate al triplete, è pericoloso. Così si comincia a perdere tutto. Il Napoli del coraggio resiste alle pericolose riflessioni intime di Conte e vince. Lui vi dirà il contrario, che tiene tutti sulla corda pronti a scattare con inesauribile energia. Può essere.

Ma non bastano i gol dell’Highlander McTominay per portare a casa quei tre punti in più, l’Antonio Furioso li deve alla Roma. E allora Ranieri sia Santo subito. L’atmosfera mistica che si è creata per più di un regolamentare minuto anche negli stadi - nel sincero e affettuoso ricordo di Franciscus - si è allegramente prestata ai giochi del web, ai meme irriverenti. Un trionfo per il Sor Claudio che dopo diciotto partite senza sconfitte ha inquadrato tecnicamente e tatticamente la sua Roma: “siamo venuti a Milano per vincere”.

Niente lavagna, niente elaborati piani di battaglia, Ranieri è questo, un ultrasettantenne che se lo cogli nella passeggiata a fine partita - mentre bacia i suoi e saluta sorridendo gli avversari sconfitti, dritto, passo dinamico, con quel capello bianco alla Giuliocesare - di anni gliene dai cinquanta; e se lo ascolti nella chiacchierata finale gliene aggiungi un pugno solo perché la saggezza pretende età. Almeno per chi non la conosciuto giovane, calciatore poco più che ventenne nella sua prima vita, a Catanzaro.

Era già leader sul campo - 225 partite - da allenatore ha sbalordito l’Europa, diventando memorabile condottiero vittorioso anche nella più modesta versione del salvatore. È malizioso, non cattivo. Gli concedo di aver pensato a Mou, dopo la vittoria di San Siro, mescolando l’affronto di averlo chiamato vecchio ai tempi del Triplete, all’omaggio di sciogliere un interrogativo storico - meglio Ferguson o Guardiola? - con una risposta tranchant: “Ranieri”.

Se questo campionato un po’ sfigato si sta concludendo con emozioni antiche lo dobbiamo anche a lui, leader di un gruppetto di tecnici/maestri che lavorano e insegnano. Un dettaglio curioso: questo Napoli non sta facendo ricorso alle tradizionali giaculatorie. Nel rush finale le imprese del gagliardo Scott di Lancaster lo fanno un Napoli scozzese. È davvero la squadra di Aurelius Mc Laurentiis.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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