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Gianfranco Gallo, artista a tutto tondo

«Voglio essere libero anche al costo di essere scomodo»

Gianfranco Gallo, artista a tutto tondo

Gianfranco Gallo nasce in una famiglia di artisti. Suo padre Nunzio Gallo è stato uno dei migliori interpreti della canzone napoletana e italiana degli anni Cinquanta e anche attore. Dopo aver vinto il Festival di Sanremo nel 1957 insieme a Claudio Villa, fu scelto per rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest  con il brano vincitore “Corde della mia chitarra”, arrivando sesto. Con i suoi 5minuti e 09, il brano è noto per essere il più lungo mai eseguito all’Eurovision, prima che entrassero in vigore le nuove regole che imponevano il limite di 3 minuti. Come attore, Gallo è apparso in oltre 20 film. Sua madre Bianca Maria Varriale è stata una talentuosa e promettente attrice alla scuola di Eduardo De Filippo. Per crescere i suoi quattro figli, decise di rinunciare alla carriera. Creò però, una compagnia per piccoli attori, destinata in breve tempo a diventare tra le più note e apprezzate della città. Gianfranco ha due fratelli e una sorella. Il maggiore è Jerri. Loredana è la penultima e l’ultimo è Massimiliano, anche lui artista poliedrico.

Dove è nato e quali scuole ha frequentato?
«Sono nato a Fuorigrotta e lì sono rimasto finché ho abitato con i miei. All’epoca era un quartiere nuovo che riuniva le classi sociali più diverse. C’erano strade con appartamenti moderni della nuova borghesia e i rioni popolari dell’Atan, della Marina, e quello degli operai dell’Italsider e poi i palazzi abitati dai professionisti. Noi ragazini eravamo gruppi meravigliosamente misti e integrati. Ho frequentato l’asilo a via Terracina dove c’era il mitico direttore Pirù. Le elementari le ho fatte alla Cariteo, poi le medie e il liceo alle Scuole Pie».

Oltre allo studio praticava qualche attività sportiva?
«Ero un campioncino nella scherma e ho partecipato a vari campionati nazionali nel Fioretto. Poi ho giocato a handball, la pallamano, e ho fatto molto calcio».

Con quale dei suoi genitori ha iniziato il suo percorso artistico?
«Con mia madre, che aveva una scuola di teatro per bambini e io ero, diciamo, una “guest”. Mio padre l’ho avuto come collega e poi l’ho anche diretto».

Perché questa scelta?
«Studiavo giursprudenza e volevo diventare un giornalista e uno scrittore. Poi vidi la “Festa di Piedigrotta” di Viviani, per la regia di Roberto De Simone, e cambiai idea. Però a 17 anni avevo già fatto un film».

Quando ha debuttato in teatro?
«Ufficialmente con la compagnia del compianto Roberto De Simone in “Eden Teatro” di Viviani nel 1981. È stato il mio Maestro con il suo esempio di artista libero. Sono stato con lui tre anni, i migliori perché capitò dai 19 ai 22, nel pieno della mia formazione artistica e non solo».

Accanto al teatro ha fatto anche cabaret scrivendo i testi. Aveva qualche cabarettista di riferimento?
«No, più che altro ero “attento” a Woody Allen e al surreale dei fratelli Marx, anche se chiaramente ero influenzato in qualche modo dal tratto poetico di Troisi. Con i miei testi facemmo molte trasmissioni televisive sulle reti nazionali».

In parallelo scriveva drammaturgie. Qual è stata la prima?
«La prima opera teatrale vera e propria fu “Quartieri Spagnoli”, una mia rielaborazione della “Lisistrata” di Aristofane. Ma se nella commedia greca le donne praticavano lo sciopero del sesso, originalissimo ma fine a se stesso, nel mio lavoro le donne napoletane della camorra si negano ai loro uomini, violenti e sanguinari, per evitare di dare vita a una nuova generazione destinata alla violenza e alla morte».

Ne è stato non solo autore e attore ma anche regista. Quando il debutto in questa ultima veste?
«Dal 1988, tra cabaret e teatro, scrivo e dirigo le cose che faccio. Ho debuttato, se non ricordo male al Politeama, con prove al San Ferdinando».

Non solo teatro ma pure cinema.
«Ricordo “Lo scugnizzo” con la regia di Alfonso Brescia, “Delitti” con la regia di Giovanna Lenzi, “Fortapàsc”, con la regia di Marco Risi, “A sud di New York” con la regia di Elena Bonelli, “Take Five”, con regia di Guido Lombardi, “Milionari”, con la regia di Alessandro Piva, “Tre tocchi”, con la regia di Marco Risi”, “L’ombra di Caravaggio” di Michele Placido, “La Cena perfetta” di Davide Minnella, “Pinocchio” di Matteo Garrone, “Indivisibili” di Leonardo De Angelis. Nel 2021 ho girato il mio primo cortometraggio da sceneggiatore e regista oltre che da attore protagonista, dal titolo “Dodici repliche” e il corto “The Winner”, come sceneggiatore e regista». 

E il piccolo schermo?
«Ha avuto diverse partecipazioni in serie televisive e programmi Tv. Sono apparso, tra l’altro, in soap opera come “Un posto al sole”, in serie Tv come “La nuova squadra”, “Il clan dei camorristi”, “Don Matteo”, “Sotto copertura”, “Gomorra-La serie”, “Squadra mobile”, “Luna Park”, “Buonasera Presidente”, “La voce che hai dentro” e “Tutto quello che ho”, oltre a programmi come “Il piacere dell’estate” e “Complotto di Famiglia”».

È un artista poliedrico con un padre icona della canzone napoletana. Perché non ha intrapreso anche questa strada? Forse non è intonato?
«Al contrario, Roberto De Simone e mio padre amavano la mia voce. Ma non si possono fare tante cose».


Però è anche scrittore.
«Ho pubblicato un libro di racconti dal titolo “Napoli da sotto a sopra” nel 2011 (Edizioni Graf), da cui trassi pure un cortometraggio che vinse alcuni festival italiani; il saggio “Cuori in ordine alfabetico” del 2013 e un divertente romanzo pandemico, “Segreti e Quarantene” del 2020».

Qual è per lei l’attuale situazione in cui versa il teatro napoletano in particolare e quello nazionale in generale?
«No comment. Ho già tanti nemici. Voglio essere libero anche a costo di essere scomodo».

Non ha mai voluto lasciare Napoli. Perchè?
«Veramente l’ho lasciata per anni, poi sono sempre tornato. Non mi piace il napoletanesimo come religione ma Napoli è una placenta per quelli come me. Ogni tanto sono costretto ad andare altrove per forza, per lavoro, per esigenze, e a uscire dunque da dove sono, ma poi ci torno ogni volta . In questa città posso stare anche ad occhi chiusi, mi nutre, mi fa crescere come una placenta vera».

In quale progetto è occupato?
«Ho girato la serie “Portobello” sulla vita di Enzo Tortora, diretta da Marco Bellocchio; e una serie comedy per Amazon diretta da Eros Puglielli. Recentemente è andata in onda l’ultima puntata di “Tutto quello che ho” su Canale 5. Ora sto finendo il montaggio di una puntata di una fiction dal titolo “The Magic Society”, scritta da Luca Delgado per l’Istituto Superiore Polo delle Arti “Caselli-Palizzi”  su progetto del suo dirigente Valter Luca De Bartolomeis, finanziata dal ministero. Qui sono attore e regista».

Di che cosa parla la fiction?
«“The Magic Society” è un evento che coinvolge i ragazzi in un racconto che li trasporta nel XVIII secolo, in un laboratorio di alchimia in Sassonia dove si scopre la formula della porcellana. L’evento sembra essere ambientato in questo contesto storico e magico, con i ragazzi coinvolti in un’avventura che esplora i segreti nascosti in un taccuino. In particolare, il racconto coinvolge il professore Leone che racconta ai ragazzi la storia dell’alchimia e della porcellana, portandoli in un viaggio nel tempo. Questo evento sembra essere collegato anche alla Real Fabbrica di Capodimonte e all’Its Made Academy Capodimonte. In sintesi, “The Magic Society” al Polo delle Arti “Caselli-Palizzi” sembra essere una performance o un’esperienza interattiva che immerge i ragazzi in un mondo magico e storico, esplorando i segreti dell’alchimia e della porcellana».

Le piace fare più teatro o più cinema?
«In realtà oggi mi piace di più fare cinema. Il teatro è il primo amore ma quei due, tre minuti in cui devi dare tutto ogni volta, sono una botta inspiegabile. La concentrazione che devi bilanciare con l’abbandono diventa un’esperienza unica. Il rimpicciolire ed interiorizzare per rendere grande e potente è una sfida. Sul set il personaggio o lo uccidi e lo fai rinascere ad ogni ciak o te lo porti per tutte le riprese. È quella l’unica scelta reale, due strade entrambe possibili».

Nel tempo libero coltiva qualche passione o hobby?
«Cerco di vedere le mie figlie Bianca e Greta e i miei nipoti, Paolo e Giada, loro tutti non sanno quanto mi mancano, ma il mio è un lavoro che ti rende solo».

Qual è il suo attuale obiettivo?
«Ora come ora il mio obiettivo è mandare i ragazzi della mia squadra di calcio sociale al torneo di Castel di Sangro, inizio una raccolta fondi con un piccolo film su di loro che comincerò a breve. I ragazzi vanno tolti dalla strada e dagli schermi dei cellulari».

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